Mi piace la sincerità. Mi manca la sincerità. Queste non sono opinioni. Queste non sono parole di saggezza, questa è solo una denuncia, una denuncia per la mia mancanza di istruzione formale, per la mia mancanza d’ispirazione, per la mia logorante ricerca di affetto e per la mia convenzionale vergogna nei confronti dei molti che hanno più o meno la mia età. Non è neppure una poesia. È solo un gran mucchio di merda. Come me.
Tra pochi giorni saranno passati esattamente venti anni dal suicidio di Kurt Cobain, e la cosa mi ha mosso inusuali riflessioni. Kurt si ammazza il 5 Aprile del 1994, ma viene ritrovato solo l’8 (dopo tre giorni) da un elettricista che era lì per dei lavori nella serra accanto al garage dell’abitazione dove Cobain si sparò. Oggi sparire per tre giorni non sarebbe possibile: hai il cellulare, whatsapp, facebook, e tutti quei micro e macro mezzi dove la fuga è così rara che se scompari per una giornata si pensa spesso al peggio (sei sparito per tre giorni? hai fatto la fine di Cobain?). C’è questa differenza tra il 1994 e il 2014: la comunicazione continua e selvaggia. Anche se non so se immaginare Courtney Love che controlla su whatsapp da quanto tempo non è online il marito. Lei avrebbe comunque chiamato un investigatore o qualcosa del genere, prima di capire che era semplicemente a casa a decidere quando farla finita.
Ci sono diverse ipotesi sulla scomparsa del leader dei Nirvana, tanto che già sappiamo come finirà il 5 di Aprile: si scontreranno le fazioni di quelli che pensano al grande complotto dell’omicidio home-family-made, e quelli che credono ancora semplicemente al suicidio. Ultimamente sono anche uscite nuove foto sulle riviste sensazionalistiche della scena del delitto, nel tentativo di riaprire il caso a 20 anni dal suicidio di Kurt. Io personalmente ho sempre creduto al suicidio, ma si tratta di una di quelle sensazioni a pelle, e comunque qualunque fosse l’ipotesi esatta non toglierebbe di mezzo l’unico fatto certo di tutta la faccenda: Kurt Cobain è morto il 5 Aprile con un colpo di fucile alla testa. Tutto il resto non ha molta importanza.
Aberdeen è una cittadina molto piccola, da 16.000 abitanti, nello stato di Washington sulla costa orientale degli States: c’è così poco qualcosa che per creare un po’ di movimento in zona hanno eretto una statua a un Kurt che versa lacrime, un Memorial Park in suo onore e il Kurt Cobain Day. La casa d’infanzia di Cobain è attualmente in vendita ad Aberdeen per 500.000 dollari, disegni di Kurt compresi sui muri. E’ stata messa in vendita dalla madre, Wendy O’Connor, che è aperta anche alla possibilità di farne un museo, e lascerà ai futuri proprietari le foto del figlio all’interno.
”Nacqui il 20 febbraio 1967 ad Aberdeen, una cittadina nello stato di Washington, pervasa da un senso di depressione dove impera l’alcoolismo, e dove tutto è permeato dall’idea che dobbiamo vergognarci delle nostre radici”. C’è una sincerità spiazzante in Cobain, che ritroviamo poi anche nella sua musica.
Al di là della relazione con Courtney Love la più duratura di Cobain fu quella con Tracy Marander, la ragazza a cui ha dedicato About a girl, con cui ha trascorso 41 mesi (30 quelli con la Love, anche se non è una questione di numeri nei rapporti). Ogni casa che ha toccato Kurt in vita è diventata oggi una specie di museo vivente, prova ne sia anche quella con cui ha convissuto con Tracy a Olympia.
Chad Channing, che era il batterista dei Nirvana all’epoca di Bleach, ha raccontato la nascita di About a girl, canzone senza titolo sula difficile relazione con Tracy di Cobain. ”Come si chiama questo pezzo?”, chiese Chad a Kurt, sentendoglielo suonare. ”Non lo so, è a proposito di una ragazza”. Tracy a quei tempi lavorava alla caffetteria dell’aeroporto di Seattle per mantenere la casa dove viveva con Cobain: non si accorse mai che la canzone fosse stata scritta proprio per lei, lo lesse solo dopo in qualche agiografia dei Nirvana dopo la scomparsa dell’ex fidanzato. About a girl non è il solo pezzo di Cobain ispirato ad una donna, anche in Aneurysm troviamo tracce dell’altra fugace compagna di Cobain, la riot girl Tobi Vail. Si dice fosse così stressato dall’averla incontrata da vomitare d’istinto, ”love you so much it makes me sick”, dice in un verso. Tobi è anche quella che indossava il deodorante Teen Spirit, e che scriverà sul letto di Cobain le parole ”Kurt smells like teen spirit” che poi diventeranno un po’ famose poco dopo.
“Mia madre ha preso droghe fin da quando ho memoria. In sostanza vive di Xanax, Adderall, Sonata e Abilify, zucchero e sigarette. Mangia di rado. Spesso si addormenta nel suo letto mentre fuma, e io ho sempre paura che provochi un incendio nel quale resteremo uccise”, ha dichiarato recentemente la figlia di Kurt e Courtney, Frances Bean Cobain (che tra parentesi accusava anche la madre di far fuori i suoi animali domestici). Proprio in preda ai fumi in questi giorni Courtney Love ha anche provato a ritrovare l’aereo scomparso nel mezzo dell’Oceano. Tutto questo non mi sembra ancora abbastanza per accusarla dell’omicidio di Kurt Cobain. Al massimo avrebbe potuto ammazzare Madonna in quest’occasione. Sarà sempre presente il fantasma di Billy Corgan (qui trovate una sua analisi mentale completa) ad aleggiare sulla coppia grunge.
”Probabilmente non ho mai conosciuto nessuno che secondo me fosse compatibile con la mia volontà intellettuale, spirituale e umoristica.”, questa è tratta dai diari di Kurt Cobain. Tutta questa traversata per arrivare a nulla, o quasi. Se ne diranno tante, se ne sentiranno tantissime. In sostanza non sapremo mai niente di certo. Resteranno i dischi dei Nirvana però: quelli sì. E il grido generazionale di a chi non frega niente.
Ci si ammazza anche per questo.