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Le stazioni sono solitamente luoghi affollati in cui la gente corre da una parte all’altra sulle scale mobili come schegge impazzite di un bicchiere che si infrange al suolo. Tutti i pezzi sono sparsi, frammenti dello stesso puzzle, ma nessuno li raccoglie e rimangono lì a farsi calpestare dai passanti. I pendolari lottano contro le lancette dell’orologio, c’è chi le sposta in avanti e chi indietro, pochi rimangono fedeli al tempo che scorre, ci sono strategie di battaglia che non immaginate minimamente. Qualche turista si guarda intorno cercando l’uscita e intralciando il traffico ai passeggeri più frenetici e nervosi.
Se è estate correre per raggiungere l’ultima coincidenza e trovare un posto a sedere può diventare l’impresa che tutti vi invidieranno, se è inverno non morire assiderati nei convogli che viaggiano in una pianura oscura che assomiglia più ad una steppa russa potrebbe essere un buon passo avanti nella lotta alla sopravvivenza. Nelle giornate particolarmente fortunate potrete incontrare una serie di individui che nemmeno nei peggiori bar di Caracas o nelle migliori cliniche di recupero vi ricapiterà l’occasione di conoscere, persone che vogliono a tutti i costi attirare la vostra attenzione, manifestando apertamente simpatia o astio immediato, come un colpo di fulmine o un colpo della strega, instaurerete con loro rapporti che neppure con i vicini di casa di una vita avrete mai.
Gentlemen soli in giacca e cravatta, con ventiquattrore firmate e la testa dentro laptop luminosi, viaggiano su vagoni deserti, mentre le coppie corrono lungo la banchina, si riabbracciano dopo mesi di lontananza o si salutano non sapendo quando potranno vedersi ancora. Qualcuno di loro tiene in mano un mazzo di fiori, altri stringono in pugno una lettera strappata. Non è raro vedere uomini fatti e finiti con il volto coperto di lacrime, ragazzine con il trucco sciolto che camminano veloci sbattendo qua e là contro i cartelloni e le colonnine di cemento e poi ci sono le madri, i padri, i nonni e gli zii che per non piangere svuotano le proprie dispense e caricano i figli come muli da soma di leccornie che solo nei ristoranti più quotati della guida Michelin si gusterebbero. Un lato romantico che la modernità non ha distrutto per adesso.
Giovani e illusi lo siete stati tutti, molti di voi lo sono tutt’ora – sarebbe inutile storpiare Prévert con i suoi ragazzi che si amano si baciano in piedi – chi non ha aspettato che arrivasse un treno con tanta impazienza e il battito cardiaco accelerato da non sentirsi più le gambe non può ritenersi un vero cinico, perché non ha provato sulla propria pelle tutta la frustrazione postuma. Mancherebbe un passaggio fondamentale, quello dell’odio per le compagnie ferroviarie e di una conseguente lucidità improvvisa, un salto nel vuoto a picco nell’oceano della realtà. Altro che Bienvenido a Tijuana.
Trenitalia non deluderà mai, sempre fedele ai suoi principi di disagio, mentre quegli amori attesi invano in stazione forse sì. Meglio un unico ritardo di centoquarantacinque minuti da Pizzo Calabro che un carnet di nove viaggi in Frecciarossa da dividere con il vostro lui o con la vostra lei. Anche ad anni di distanza affioreranno quei pochi biglietti superstiti che non sono stati usati come “cartafiltro” e a quel punto carogna e nostalgia si fonderanno, creando qualcosa di molto pericoloso. Vi sembrerà di riconoscere il suo passo ovunque, in ogni stazione che vi ha lasciato il cuore in frantumi e il suo sguardo cupo, un po’ torvo e allo stesso tempo languido, ma i suoi grandi occhioni da Bambi in cui rispecchiarsi non li vedete più da quell’agosto in inverno quando vi siete detti addio davanti ad una granita alla menta e ad un’anguria lasciata a metà: almeno fosse stato un negroni avreste potuto continuare a soffocare i pensieri.
Il mare intanto placava i singhiozzi mentre velocemente trascinati dalla tramontana, zuppi di salsedine, correvate lontani a cavallo di una bici e non paghi vi siete incastrati il vestito nei raggi, ritrovandovi mezzi nudi. Nel male e nel male continuerete a scendere e salire da un treno all’altro pensando che altri bei momenti come quelli non li rivivrete più e guardando fuori dal finestrino i pini marittimi bagnati dalla forte pioggia e la spiaggia leggermente imbiancata penserete che sia un segno del destino. Le stagioni cambiano, forse è questo il reale motivo, non alzate la cornetta per nessun motivo al mondo, non fatelo. Convivere con l’indifferenza si può, non però, se attraversate tutti i giorni una stazione.