Tutti i siti dei quotidiani, che non siamo noi e quindi sono meno informati e interessanti, vi stanno dicendo che negli Stati Uniti hanno approvato le nozze gay? Be’, non è proprio così. Ma quasi.
La Corte Suprema si è espressa su una legge, il Defense of Marriage Act, approvata nel 1996 (con presidente Clinton, non Giovanardi), che definiva il matrimonio come l’unione solo tra uomo e donna. La legge è stata giudicata incostituzionale e con 5 voti a favore e 4 contro finisce nel cestino della carta.
In effetti la il DOMA (o DO(G)MA, se volete) non vietava l’unione tra persone dello stesso sesso, ma riconosceva il diritto dei singoli Stati a non ritenere validi i matrimoni celebrati in altre parti degli USA, dove le unioni omosessuali erano invece garantite. Il che, in una nazione in cui una consistente fetta della popolazione ritiene Darwin credibile quanto il Divino Otelma, equivale a vietare il matrimonio gay.
Ciò non toglie ci siano Stati, dove imperversano i Democratici (lo immaginavate?), in cui il matrimonio e tutti i diritti che comporta sono riconosciuti. E altri in cui un semi-analfabeta ubriaco vestito da cow-boy potrebbe spararvi all’addome se vi trovasse abbracciati ad una persona del vostro stesso sesso. E non provate a difendervi dicendo che era solo una ragazza con i capelli corti. Le ragazze non hanno i capelli corti.
La sentenza di oggi mette un punto sulla questione, abolendo la parte più controversa del Defense of Marriage Act.
Certo, se hai la sfortuna di chiamarti Helena, essere texana e stare insieme a Jennifer, dovrai comunque prenderti la briga di andare fino a Des Moines, Iowa, per poterla sposare (e un album di matrimonio con foto scattate in Iowa dev’essere qualcosa di molto simile ai servizi fotografici della rivista Mietitrebbie&Trattori). Ma almeno, al tuo ritorno, anche a Dallas sarete marito e moglie.
La Corte Suprema oggi ha anche sentenziato sul Proposition 8, un referendum approvato in California nel 2008, che metteva al bando le nozze gay proprio nello Stato in cui era Governatore quello sulla destra in questa foto.
“Approvato? Pazzesco.” “Già. Ma cosa ci vuoi fare? Sarà uno di quei posti in mezzo al nulla abitati solo da cow-boy ubriachi che sparano alle ragazze con i capelli corti…”.
No, per nulla. In California ci sono San Francisco, Los Angeles e Google. Uno vuole immaginarsi città con strade intasate da cloni di Cameron Diaz che fumano erba e, se non sono già sposate con un altro clone di Cameron Diaz, hanno tutta l’intenzione di passare una serata con te.
Invece nella California della Silicon Valley, Facebook e Scientology a passare è stato il Proposition 8 (7milioni di voti a favore su quasi 13milioni totali). Nello Stato in cui la bellezza di internet, e anche la sua retorica, non solo sono elevate alla massima potenza, ma diventano anche modello economico vincente, non passano invece i referendum per la legalizzazione delle droghe leggere (nel 2010) e per l’abolizione della pena di morte (lo scorso novembre).
Le sentenze di oggi arrivano così a mettere un po’ di ordine in una nazione unita solo dal Super Bowl e dall’unto delle patatine di McDonald’s. Da qui, a meno che una delle figlie di G. W. Bush non diventi un giorno presidente, indietro non si torna.
Fate comunque attenzione ai cow-boy ubriachi (anche in Iowa).