Tra i grandi esclusi al Premio Nobel per la Letteratura compaiono nomi d’eccezione, tant’è che spesso ci si è domandati come mai l’Accademia svedese abbia escluso certi scrittori e premiatone altri. Tra le varie teorie c’è anche la storia dell’inesistenza di Jorge Louis Borges, Omero del Novecento. Qui raccogliamo 10 storie, 10 scrittori, 10 ipotesi di premio Nobel mai arrivato.
1. Lev Tolstoj
”Svignarsela, bisogna svignarsela!”
Dieci giorni prima di morire, Lev Tolstoj tenta la fuga di casa e dalla moglie impicciona Jasnaja Poljana, ma l’ottantaduenne fuggitivo finisce per ammalarsi di polmonite mentre scappa in treno col medico fidato accanto, cosa che lo condurrà in pochissimo tempo alla morte. Era il 1910, nove anni dopo l’istituzione del Premio Nobel. Già all’esordio nel 1901 il vecchio barbalunga Lev era candidato, ma alla fine vinse Prudhomme: nonostante questo i libri di Tolstoj il fuggitivo si vendono ancora oggi di più delle poesie di Prudhomme. ”Nemico dello Stato e della Chiesa”, pare sia la vera ragione dell’esclusione del grande scrittore russo dai sempiterni vincitori del Nobel per la Letteratura. Pagine e pagine di Anna Karenina e Guerra e Pace buttate al vento perché sconvenienti? In fondo Lev fuggiva anche per cercare Cristo, oltre che evitare la famiglia: ma forse la Chiesa e Cristo non vanno d’accordo come dicono. Vegetariano, e scomodo, tanto che uno dei critici svedesi di lui disse: ”miope ostilità a ogni forma di civilizzazione”. Lo hanno trattato come un vecchietto, ma era uno spirito libero.
2. Marcel Proust
‘‘Sarò forse uno sciocco ma davvero non riesco a capacitarmi del fatto che un tizio possa impiegare ben trenta pagine per descrivere come si giri e rigiri nel letto prima di addormentarsi.” Alfred Humblot nel rifiutare Alla Ricerca del Tempo Perduto
Il 14 Novembre 1913 esce Dalla parte di Swann, primo dei sette volumi della Ricerca proustiana: dopo tanti rifiuti (come quello storico di Gide per Gallimard) Marcel Proust si stufa, e decide di provare la strada dell’auto-pubblicazione con l’editore Grasset. Nel frattempo, Gide ha il tempo di pentirsi della scelta fatta e chiede a Proust di pubblicare il secondo volume con Gallimard: ma All’ombra delle fanciulle in fiore esce solo nel 1919. Tre anni prima della morte del controverso autore che dissimula la sua vita dentro 7 volumi: ci si chiede sempre, per esempio, se la figura di Albertine sia in realtà ispirata a quella di un uomo e amante di Marcel. Gli ultimi tre volumi della Recherche escono addirittura postumi. Perciò il tempo per premiare lo scrittore francese con un Nobel è davvero stretto: se per Proust quel tempo c’è stato per Franz Kafka non è mai davvero esistito (tutta la sua opera è postuma).
3. James Joyce
”Oh what a bore about Joyce!” Virginia Woolf
Annoiata dalla lettura dell’Ulysses di James Joyce, Virginia Woolf rifiuta di pubblicarlo con la casa editrice Hogarth che aveva messo su col marito: ”Prima c’è un cane che piscia, poi c’è un uomo che caca: si può essere monotoni anche su questi argomenti”, dirà. Il libro verrà pubblicato nel 1922, ma per arrivare in America, in Inghilterra e in Irlanda ci vuole del tempo (1966): troppo volgare, lo definiscono in certi circoli, troppo osceno. Intanto che arriva a diventare il capolavoro mondiale che conosciamo James ci lascia nel ’41. Neanche Virginia Woolf vincerà l’ambito premio: nel 1938 si sussurrava che avrebbe vinto una donna, ma a trionfare fu l’americana Pearl Buck. Chi? Perbacc’, non la conoscete?
4. Louis-Ferdinand Céline
”Tu mica sei sempre stato così rincoglionito come oggi, abbruttito dalle circostanze, il mestiere, il bere, le sottomissioni più funeste… Te la senti, per un momentino, di tornare alla poesia ?”
In molti lamentano l’assenza di Céline tra i vate premiati della letteratura mondiale, ma forse quello che lo ha fottuto è stata qualche pagina un po’ sopra le righe come ne le Bagattelle per un massacro dal tono antisemita, e La scuola dei cadaveri. In realtà molti suppongono che le invettive di Céline siano rivolte a un certo tipo di uomo che si incarnava nell’ebreo e nel comunista e in certe caratteristiche, piuttosto che invettive razziste vere e proprie.
5. Vladimir Nabokov
”A quindici anni immaginavo che a 70 sarei stato uno scrittore di fama mondiale, con una criniera di capelli bianchi ondulati. Oggi sono più o meno calvo.”
Difficile anche la storia della pubblicazione di Lolita di Vladimir Nabokov. Sappiamo tutti di cosa parla il romanzo, e non c’è molto da stupirsi se nei Cinquanta americani provocò grande scalpore un tema che dopo è stato ampiamente sdoganato. Ma in Svezia sono un po’ pruriginosi, e per loro Nabokov era troppo ‘‘immorale”. Del resto il romanzo ci mette vent’anni a uscire, e solo nel 1955 arriva nelle librerie di Parigi. Candidato nel 1974 gli furono preferiti due svedesi.
6. Alberto Moravia
”A settantotto anni penso che la vecchiaia sia una sconfitta fisica.”
Guardatelo in faccia questo striminzito vecchietto italiano che faceva lo scrittore, troppo ”da voyeur” i suoi romanzi a parere dell’Accademia sacra svedese. E ancora troppo erotico: a conferma che in Svezia qualche turba col sesso esista davvero. Censurato in epoca fascista, e censurato poi per i troppi richiami sessuali, la vita letteraria di Alberto Moravia fu turbolenta, ma nello stesso tempo lui restò incurante: era comunque al centro della scena. Si narra che nel 1958 Moravia fosse vicinissimo al Nobel, ma grazie a pressioni Usa poi il premio andò a Boris Pasternak (costretto a rifiutare).
7. Jorge Luis Borges
”Siamo governati dai militari e sono incompetenti. Se il governo fosse in mano ai dentisti non è detto che sarebbe meglio. O si immagini se fosse in mano ai postini.”
Esista o non esista, Borges non ha mai vinto il premio Nobel, e pare c’entri anche il dittatore Pinochet (”sconvenienti’‘ certe sue esternazioni a favore), e la simpatia per Peron. Scrittura o non scrittura, a Stoccolma requisito importante pare essere quindi anche la vita di chi scrive.
8. Julio Cortázar
‘‘Parlare di Cortázar per me è come parlare di Babbo Natale’‘ (Roberto Bolaño)
Una volta il narratore per eccellenza Julio disse, a proposito di premi Nobel (o il premio Cervantes): l’unica cosa che mi rallegrerebbe (di vincerli) sarebbe poter trasformare i premi in armi politiche, come simbolo contro il fascismo latinoamericano, contro gli scrittori venduti al fascimo latinoamericano. In altri termini Julio Cortázar ha sempre preferito il premio dei lettori, e in questo ha vinto. Perché non ha vinto anche il Nobel? Non ha neanche senso chiederselo, a questo punto.
9. Philip Roth
”Forse se avessi intitolato “Il lamento di Portnoy” “L’orgasmo sotto il capitalismo rapace” mi sarei ingraziato l’Accademia svedese.”
Eletto a simbolo della generazione contemporanea di scrittori senza Nobel Philip Roth è diventato un meme, tanto da meritarsi un tumblr tutto per sè: Philip Roth rosica al grido di I want a Nobel. Secondo gran parte della stampa americana l’unica ragione per cui non vince mai è che sia americano, e perdere di vista l’ultima uscita bielorussa contemporanea farebbe male alla verve del premio. Troppo scontato insomma dare un Nobel a Roth in un secolo di ricerca di chicche. ”Ho corso con cavalli molto veloci” ha detto una volta Roth, citando William Styron, E.L. Doctorow, John Updike e Joyce Carol Oates, ”ma il comitato del Nobel non è d’accordo con me. Ci giudicano provinciali. Provinciali saranno loro.”
10. Inserire nome a caso del vostro loser preferito
cesare pavese per l’incredibile romanzo la luna e i falò in cui racconta le sue vicende di ritorno nei suoi luohi d’infanzia, e per la sua determinazione e bravura nel raccontare le vicende spontaneamente e facilità senza indugi.