Per gli affezionati Ypsigrock è tutto l’anno.
Prende avvio quando si conclude l’edizione precedente, quando si comincia a desiderare di veder suonare in Piazza Castello una propria band del cuore l’anno successivo, prosegue con l’attesa della prima ondata di abbonamenti al buio e con la rivelazione dei primi nomi in cartellone, e con l’arrivo in paese raggiunge il suo climax.
Lo sguardo è sempre rivolto al futuro insomma, ed è quel che fanno gli organizzatori che da anni continuano a vederci lungo e a fare azzeccate scelte di lineup che, con un orecchio sempre teso verso novità rilevanti, si rivelano essere sempre in equilibrio tra nomi consolidati e suoni interessanti, nuove promesse e fondamentali tasselli di storia della musica.
Proprio ad inizio 2015, Ypsigrock è stato annunciato come miglior festival italiano agli On Stage Awards 2015, un riconoscimento che sopraggiunge quando si appresta ad arrivare alla diciannovesima edizione.
Non c’è festival per il quale gli aggettivi non si sprechino, ma esiste chi trova – ormai da anni – in Ypsigrock la propria dimensione, e non c’è imitazione che regga il confronto o possa oscurarlo.
Ypsigrock è la Manna dal cielo dei festival italiani.
È per questo che è praticamente impossibile limitarsi a parlare con sterilità delle performance dei musicisti ignorando questo contesto e senza inquadrarlo a dovere.
L’apertura della prima giornata di concerti viene affidata a Kush, giovane vincitore, insieme a Younger and better e Rhò, del contest Avanti il prossimo indetto dal festival, che nell’assolato pomeriggio di venerdì inaugura il palco del Chiostro di San Francesco nonché la XIX edizione del festival.
Alla sua elettronica seguono le chitarre dei Be Forest, ormai una certezza nel panorama delle band italiane degli ultimi anni ed un piacere da rivedere dal vivo, ancora una volta, ancora meglio.
Si fa sera e ci si incammina alla volta di Piazza Castello e dei Temples, che, seppure diano prova di grande bravura, dal vivo non riescono a restituire tutte le loro strutture del sole.
E poi ci sono loro, i Sonics, con le loro camicie nere decorate con teschi e rose rosse e con la vitalità e capacità di divertirsi ancora come bambini alla recita di Natale. C’è tutto da imparare, come testimonia la presenza del frontman dei Temples appoggiato ad un lato del palco a osservarli rapito.
I Battles, che avremo di nuovo il piacere di avere questo novembre in Italia per il Club To Club, sono talento puro, un tripudio di suoni e ritmiche.
Impossibile ignorare il batterista: una forza della natura.
A fine serata l’appuntamento è all’Ypsicamping, nel quale da quest’anno è allestito un palco sul quale si ergono due enormi baffi.
Attestazione concreta di immensa stima ed affetto nei confronti di Stefano Cuzzocrea, la cui indelebile presenza è stata costantemente omaggiata ed evocata dai live di DYD e Clap Clap e dai dj set di Fabio Nirta e Robert Eno.
Fotografie di Alessia Naccarato
Il sabato è avviato da Younger and better e Bipolar Sunshine, penalizzato dall’assenza della band ma sulle cui note anche l’afa sembra essere più clemente.
La serata è all’insegna del déjà vu.
Per non annoiarci mai dando tutto per scontato, memori di quel piovoso 2013, ci siamo anche regalati un’ora di ansia e palpitazioni che ha fatto slittare il solitamente puntualissimo inizio dei concerti e depennare svariati pezzi in scaletta.
Contro le previsioni più nere sale sul palco il duo The KVB, ovvero la apprezzatissima aggiunta in cartellone di non molti giorni fa che, nonostante il diffuso gradimento e la grande curiosità, si presenta in un live che sembra a tratti tirato e portato avanti controvoglia.
Straordinario East India Youth. Il ragazzo inglese ben vestito, a dispetto della serietà dell’outfit, dà sul palco tutto se stesso e regala una esibizione entusiasmante che apre le danze per i conterranei e successivi Metronomy, headliner della seconda serata. Mount e soci hanno fatto il loro, cioè far cantare e ballare di felicità la piazza gremita.
La domenica rimane giusto il tempo di una granita e un ultimo sguardo alle strade del paese per cercare di imprimere ancora una volta nella memoria quelle viuzze, quei balconi e quelle porte sui cui usci è facile trovare qualche donna anziana che dalla sua sedia di legno osserva l’andirivieni di quelle strane persone che per quattro giorni all’anno popolano Castelbuono chiamati a raccolta dalla musica.
È un pomeriggio all’insegna della lentezza, e Rhò riesce a tradurre in musica il sentimento comune di felicità e malinconia, attesa e nostalgia che anima l’atmosfera nel Chiostro.
Dopo di lui le Hinds, che non riescono a far dimenticare che al loro posto avrebbero dovuto esserci Kate Tempest o Micah P. Hinson.
Un’ultima fetta di pandoro da Fiasconaro e si prosegue ai piedi del Castello.
Da questo punto in poi è tutto noto. Limitiamoci quindi a dire che la performance dei Fat White Family è stata a dir poco strepitosa e che un nudo integrale non ha mai traumatizzato nessuno (fino a domenica scorsa, pare), oltre a non esser stata per nulla tutta ‘sta gran trasgressione.
Quel che rimane inoppugnabile è la musica.
I Notwist sono una delle band più attese quest’anno sul palco di Ypsigrock ed il loro concerto è un vortice di emozioni, ipnotico e sensuale, che prosegue con il mix di dinamismo ed energia dei Future Islands, che salutano con Spirit quella Piazza Castello tanto lodata da Herring che, a questa data, è stato soltanto l’ultimo di una lunga serie di musicisti ad essersi innamorato di quella bomboniera che è Castelbuono, e chissà quanti ancora ne verranno.
Quando Ypsi15 giunge al termine è già 10 agosto.
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#ypsi16