Poche band riescono a prendersi una pausa pur continuando a suonare e a produrre album in studio. Anzi, forse solo gli Yo La Tengo ci sono riusciti con la loro nuova uscita A Stuff Like That There. Questo ultimo lavoro della band americana va considerato proprio come una pausa di riflessione che il trio si prende per ripensare alla propria carriera e l’occasione migliore per farlo è il venticinquesimo anniversario di uno dei loro dischi più importanti: Fakebook.
Alla base di A Stuff Like That There si trova lo stesso concetto che guida Fakebook. Come per il disco del 1990, infatti, anche questo unisce cover a brani inediti, per tuffare l’ascoltatore nel panorama musicale a cui la band si ispira. Ad un primo ascolto, oltre che una celebrazione, A Stuff Like That There potrebbe sembrare l’album dei ripensamenti. La chitarra distorta di Ira Kaplan, viene sostituita da suoni più acustici e riverberati, il basso elettrico dal contrabbasso, per un risultato lontano dal noise-rock caratteristico del trio e molto più vicino al cantautorato classico americano e al folk. Anche la voce candida di Georgia Hubley trova sempre più spazio e poi, il ripensamento più grande: il ritorno di Dave Schramm, il primo chitarrista della band che, dopo Fakebook, aveva avviato una carriera solista.
I ripensamenti così radicali stupiscono, specialmente se fatti da una band longeva e solida come gli Yo La Tengo. Non sono solo le cover di Hank Williams e dei Cure, o la nuova lineup, a stupire, ma anche le nuove versioni delle stesse canzoni degli Yo La Tengo, come “Deeper Into Movies”. Rispetto alle versioni precedenti, i nuovi arrangiamenti hanno meno sicurezza. Sembrano ancora dei tentativi, delle ipotesi di direzioni future. Il muro di suono che da oltre trent’anni costruisce gli album del trio, sembra crollare. Tutto ciò che c’era di compatto ora sembra disgregato, come se i mattoni costruiti dalle chitarre di Ira Kaplan si sgretolassero all’improvviso, tornando argilla.
Ma forse tutto questo è voluto, fa parte del ritorno alle origini, e serve per riflettere su tutto il percorso della band da Fakebook in poi. In questo senso, si capisce come A Stuff Like That There sia molto lontano dall’essere un ripensamento, e vada considerato piuttosto come una sintesi di venticinque anni di carriera, raccolta in un viaggio all’interno di tutto il complesso mondo degli Yo La Tengo. Infatti, se presi singolarmente, i brani non trovano la forza interpretativa che ci si potrebbe aspettare dalla band, ma preso nel complesso, l’album è di altissima qualità. Forse i dubbi iniziali nascono dal fatto che ormai abbiamo perso l’abitudine di ascoltare album per intero. L’album, invece, è e deve essere uno studio, un percorso attraverso un filo conduttore, un’idea di base, un concetto, che alla fine si svela nella sua interezza. E, una volta lasciate da parte le logiche di mercato e i danni che le nuove modalità di ascolto – quali iPod e Spotify – hanno creato all’arte della musica, il disco si rivela, in tutta la sua ambizione.
Si scopre così che il disco, apparentemente traballante, è invece perfettamente bilanciato. La pulizia dei suoni del nuovo-vecchio chitarrista Dave Schramm crea un tappeto per gli assoli irrequieti di Ira Kaplan. La sezione ritmica, mai vista in una veste così educata, guida le due chitarre, creando un percorso che lega i brani di tutto l’album, dall’inizio alla fine, senza sbavature. In A Stuff Like That There vengono portati alla luce i contrasti della band, che confezionati alla perfezione si integrano gli uni con gli altri. Lo scontro quindi diventa un’incontro, come tra la chitarra acustica e quella elettrica, come tra una cover di Hank Williams e una dei Cure, come tra un brano inedito e uno rivisitato, come le voci di Ira Kaplan e Georgia Hubley, che non si sono mai intrecciate così dolcemente.
Il risultato è un suono calmo e rilassante, che trasmette energie positive e lascia da parte la vena più rock della band. A Stuff Like That There ti accompagna in un viaggio in macchina per le sterminate campagne americane. Quarantacinque minuti di strada dritta, senza mai incontrare nessuno. Il vento entra dai finestrini, sussurrato dalla voce della cantante, mentre la batteria spazzolata e il contrabbasso, scivolano senza attrito come le ruote sull’asfalto riscaldato dal sole. Le incursioni di Ira Kaplan disegnano delle curve appena accennate, ma tutto procede dritto verso l’orizzonte. Alla fine non rimane che un sottile senso di malinconia, tipico della consapevolezza che il viaggio è finito, ma anche carico di speranza, perché un nuovo viaggio sta per iniziare.
Con A Stuff Like That There si è certamente chiuso un ciclo di venticinque anni, e l’album ne rappresenta perfettamente la sintesi e la storia. Il suo ascolto lascia comunque leggermente insoddisfatti perché non riesce a mettere il punto su una carriera complessa e inafferrabile come quella degli Yo La Tengo, anzi, apre numerose direzioni future, che sicuramente Kaplan e compagni sapranno cavalcare nel modo più rumoroso possibile.