Se affermi che il tuo obbiettivo come artista è avere la stessa carriera di Yeats (“migliori, vinci il premio Nobel e continui a scrivere roba buona anche dopo averlo vinto” – Pitchfork) devi sicuramente avere a cuore la poesia. Will Butler è un artista a tutto tondo e prima di imprimere pagine importanti della musica mondiale con gli Arcade Fire ha avuto modo di farsi le ossa sulla letteratura durante l’Università. Il suo riferimento non è casuale, la sua band è famosa per tutto l’apparato intellettuale che sta dietro i loro dischi (basta vedere la copertina di Reflektor per farsi un’idea immediata della questione). Come ogni artista, l’altro Butler, quello che ci ha abituati a performance memorabili durante i live mentre passa di strumento in strumento ed è completamente perso nell’onda emotiva del suono, aveva bisogno di staccarsi da quanto fatto finora. Ecco allora Policy, il primo disco solista di Will. Prima dell’esordio vero e proprio in uscita a Marzo, due singoli come anticipazione e una settimana intera passata a leggere il Guardian da cima a fondo per pubblicare una canzone al giorno su uno dei titoli della testata inglese. Si passa così dall’Isis alla crisi in Grecia, dai buchi neri al Comunismo e via dicendo. Arriva poi lo streaming del debutto e a ridosso il tour.
Policy è un disco di otto brani, breve ma intriso di valore artistico in tutto il suo scorrere. Un album ‘poligonale’ come sound, vintage e fresco allo stesso tempo ma soprattutto forte di liriche sempre ineccepibili che passano dall’ironia alla dolcezza più romantica in pochi versi.
Take My Side è il proemio di questo pastiche post-moderno, una canzone sbarazzina, rock n’ roll, sfrontata quanto basta per attirare l’attenzione. Dagli anni ’60 agli ’80 il passo è molto più breve di quanto si possa pensare, ecco Anna con i suoi synth e arpeggiatori e un ritornello breve che si spegne in ‘money’ a profusione.
Il folk-soul (con tanto di cori a dar manforte alla ritmica avvolgente) di Son Of God è un tiro di fioretto fatto di buoni propositi e di ricadute nel peccato. Dalla spiritualità si passa a quanto di più vicino c’è al sound di Reflektor: Something’s Coming fa leva su un’interpretazione magnifica che sfiora la recitazione e conserva un fascino disco-musique fuori dal comune. Il rock ritorna in What I Want e con lui tutta l’irriverenza che Will mostra sul palco.
A fare da contraltare ai momenti più spinti c’è un brano come Sing To Me, una ballata, una preghiera che trova rifugio nell’atto del canto come risposta alla solitudine e allo stesso parlare.
Policy è un piccolo capolavoro che non guasterebbe in nessuna Galleria d’Arte, non è certo una Gioconda ma potrebbe essere uno di quei quadri che si guardano distrattamente e che forse proprio per questo rimangono in testa per mesi e mesi.