Weezer – Weezer (White Album)

Sono passati ventidue anni da quel primo esplosivo omonimo album che presentò gli Weezer sulla scena emo-core californiana e mondiale: quattro giovani che non apparivano esattamente come degli adoni (molto prima che andasse così largamente di moda l’orgoglio nerd) e che, nell’inanellare brani vincenti come My Name is Jonas, The World Has Turned and Left Me Here e Holiday, davano vita a un disco maturo e accattivante, il cui successo non venne messo minimamente in ombra dal successivo “Pinkerton” (dopo il naufragio del progetto “Songs From The Black Hole”). Dopo aver virato dal blu al verde e al rosso, la band di Cuomo torna, nel 2016, a farci compagnia con le sua buffa ed elementare poesia col molto atteso “White Album“.

L’incipit, a dire la verità, non è dei migliori: California Kids e Wind in Our Sail contengono troppe concessioni (a cominciare dai suoni) all’ambito mainstream e forse non entreranno nella rosa dei brani indimenticabili che hanno fatto la storia della band. Del resto qualche scivolata era presente anche nel precedente “Everything Will Be Alright In The End” (una per tutte: quell’apparentemente interminabile Go Away). Si tratta comunque dell’introduzione non riuscitissima a un disco che nel complesso non ci fa rimpiangere l’anima Weezer dei vecchi tempi. La terza traccia Thanks God For Girls appare possedere tutti i requisiti per diventare un nuovo tormentone radiofonico e se può far storcere qualche naso, la si veda alla luce del fatto che essa in realtà rientra perfettamente nei canoni di quello humor adolescenziale e di quella contaminazione (quell’accogliere influenze – o meglio interferenze –  e rielaborarle assegnando loro una veste che resta miracolosamente in bilico tra l’omaggio e la parodia) che costituiscono caratteristiche irrinunciabili per chi è affezionato al sound del gruppo californiano.

E’ vero che ascoltando l’ “album bianco” in qualche momento esso appare come frenato, quasi non possedesse un’anima univoca e pacificata, e ci si trova a rimpiangere la scarica d’adrenalina di Troublemaker e le ore liete in cui si gridava il ritornello della stortissima Tired of Sex però non “lasciate ogni speranza, voi ch’intrate” perché già dal cuore dell’album ci sentiamo nuovamente “a casa”, possiamo metterci comodi e nutrire con cibo di buona qualità le nostre aspettative. Sfilano infatti gli altri due singoli: sono Do You Want Get High? e la solare King of the World e sono lì per traghettarci nel vivo del disco.

Bisogna però avere pazienza ed attendere ancora un po’ per gustare i brani che, secondo chi scrive, sono le punte di diamante di questo lavoro: si tratta della morbida L.A. Girlz, animata da un crescendo molto, molto interessante al suo interno e, soprattutto, della splendida Endless Bunner, brano conclusivo dal sapore vintage.

Dieci tracce dall’umore incerto che, dopo una falsa partenza, ci rassicurano sulla salute musicale dei nostri e ci danno ottime ragioni per attendere il prossimo capitolo dell’epopea Weezer.

 

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