A distanza di due anni dal precedente album omonimo, mentre le Warpaint intraprendevano strade diverse dove coltivare i propri progetti personali, lo scorso 23 settembre è uscito Heads Up, un disco importante per il quartetto di Los Angeles, in grado di sancire il loro definitivo ingresso nell’età adulta. Sono passati, infatti, quasi dieci anni dal loro battesimo celebrato da John Frusciante, padrino di Exquisite Corpse, l’EP che le ha lanciate sul mercato discografico e molto di quell’hype che all’epoca sembrava doverle travolgere come meteore continua, invece, ancora oggi a precederle.
L’esplosione di The Fool si è esaurita nelle atmosfere mantriche di Warpaint, forse un disco così ambizioso da risultare troppo autoreferenziale e ridondante fino alla nausea, ma la via che le ragazze californiane intendono percorrere oggi appare nettamente più chiara e meno arrogante. Equilibrio e leggerezza si intrecciano tra i suoni di Heads Up come coordinate su un reticolato geografico e gli ascolti si sommano tanto da moltiplicarsi.
Tra le undici tracce che danno vita alla raccolta non ci sono pause, soltanto un nuovo modo di intendere quiete e fretta, una forma diversa di fare pop. Non mancano le tinte scure, ma echeggiano vibranti soprattutto le rischiarite a partire dall’apripista White Out, densa dei ritmi tiepidi di una giornata di fine estate quando l’aria è limpida e il sole tramonta prima di cena. Non stupisce che il primo singolo estratto dall’album sia New Song, una canzone così squisitamente orecchiabile che secondo le statistiche degli utenti di YouTube è già pronta per diventare il sottofondo perfetto di una pubblicità.
La personalità della formazione emerge più o meno nitidamente attraverso il gusto per la psichedelia che si esprime tra le trame vorticose di By Your Side e che riecheggia crescente anche nei sintetici lamenti di So Good. Una cupa freddezza meccanica vira, invece, verso la new wave sulle note di The Stall, ma non è l’unico pezzo a prendere questa direzione. Le voci si sovrappongono dando origine a esperimenti di natura diversa, passando dai cori post-romantici di Don’t Let Go, arrivando alle scremature r’n’b di Don’t Wanna e all’intro lounge di Dre che risente di influenze provenienti dal mondo hip-hop.
Uno dei brani migliori della raccolta (nonché il pezzo preferito dell’autrice di questa recensione, ma non dei suoi vicini che non hanno avuto la possibilità di scegliere cosa ascoltare per tre giorni) è Above Control. L’etichetta dream pop calza molto bene sulle sfumature strumentali di questa canzone e perciò non è neanche troppo difficile scovare tra una nota e un solfeggio i nostrani Be Forest e qualche ruvidezza shoegaze.
I ritmi veloci di Heads Up e gli abissi sommersi di Today Dear mettono un punto al terzo capitolo delle Warpaint, tra le radici dei propri ascolti giovanili e le scoperte dell’ultimo periodo. Le donne alternano fasi non sempre comprensibili a tutti e a volte ci vuole tempo per capire quale direzione stia prendendo un’adolescente che gioca con il punk o una ragazza che si atteggia da hippie, ma c’è sempre una spiegazione dietro a queste scelte. Così anche le Warpaint, prima di essere musiciste sono donne e hanno le idee chiare. Scavando a fondo troveranno i pezzi galleggianti del loro passato, noi le seguiamo.