Un Thompson liscio, per favore

Immaginate di andare dal vostro libraio di fiducia e di chiedergli qualcosa di ruvido, che al primo sorso graffi la vostra gola lasciando quel retrogusto amaro che tanto amate. Certo, fa strano sentire una richiesta del genere, ma fidatevi, ci sono libri che hanno una fermentazione tale da lasciare svariati colpi al vostro cervello – altro che Distillati! -. Detto questo, fossi nei panni del libraio vi consiglierei di prendere un Thompson qualsiasi. Per conoscerlo non serve mica soffermarsi sulla sua biografia – che nonostante tutto resta davvero affascinante -. Hunter S. Thompson, quello vero, è all’interno delle pagine che ha scritto senza mai fermarsi. Giornalista che ha inciso in maniera furibonda nello stile stesso di scrittura, i suoi articoli apparvero in diverse riviste statunitensi, a partire dal prestigioso Rolling Stone. Sono gli anni della Beat Generation, gli stessi che conducono il modo di fare letteratura dritto verso una mutazione che non ha precedenti. Negli Stati Uniti gira gente come Burroughs e Ginsberg, e le masse ascoltano musica nuova. Thompson è lì, pronto a far parte di questo cambiamento, e la sua testimonianza si riversa tutta intera nei suoi libri.

La sua produzione si alterna tra reportage e romanzi, tutto all’insegna della durezza che solo la non fiction è in grado di trasmettere. Quelle ritratte sono scene di tutti i giorni, di un quotidiano che trova nella follia più spietata il suo giusto alimento. Dr. Gonzo – uno dei suoi nomignoli – è preciso come la lama affilata di un coltello. La sua narrazione non fa sconti a nessuno, e i suoi reportage cavalcano l’onda del nudo e crudo. La sua esperienza con gli Hell’s Angels raccolta in oltre 400 pagine fitte di particolari di ogni genere, dimostra quanto sia stato in grado di affiancare una banda di motociclisti fuorilegge con tutto il coraggio che gli competeva. La funzione di reporter diviene minacciosa per la sua vita, concedendo alla parola stessa che identifica il suo lavoro il fascino del pericolo. Scorrazzare per le strade della California tra scopate, orge, stupri e sparatorie ha creato l’immagine di un autore fuori dall’ordinario. Lui, fautore del Gonzo Journalism, voce di un gruppo di persone dimenticate dai fari della notorietà, fatta esclusivamente di notizie di cronaca sui giornali locali. Alcol a fiumi e stupefacenti di ogni genere accompagnano le feste improvvisate nei campi che costeggiavano le strade roventi del sud degli Stati Uniti. Durante la lettura di Hell’s Angels (Dalai, traduzione di Stefano Travagli) quasi si riesce a sentire il rombo dei motori lanciati in corsa dritti sull’asfalto bollente.

Nella crescente confusione che regna sovrana nell’avanzata di Dr. Duke – altro nomignolo -, quello che sembra emergere è una scarsa dedizione alla riflessione. Tutto pare avvolto da una continua distorsione emotiva tanto da trasmettere qualcosa che nulla ha a che fare con le intenzioni di Thompson. Nel suo Cronache del rum (Dalai, traduzione di Marco Rossari), nonostante il clima irrespirabile che fa da cornice all’intero romanzo, il protagonista Paul Kemp – alter ego dello stesso Thompson – riesce a raggiungere profondi stati di riflessione sulla propria condizione esistenziale proprio nei momenti meno opportuni. Nello svolgimento del romanzo l’autore volge il suo sguardo verso l’intero contesto che ormai abita, passando dalle vicende di una instabile redazione giornalistica a quelle politiche che vivevano gran parte degli stati dell’America Latina, e lo fa con quel suo stile che da sempre lo contraddistingue nel panorama letterario. Uno metodo narrativo che si sporca del Gonzo più sudicio che possa mai esistere. Ancora oggi il suo lavoro non cessa di ispirare chiunque si avvicini al mondo del giornalismo. Anche nella narrativa non mancano le influenze. Di lui si è scritto parecchio senza mai rendersene conto. Volenti o nolenti, in molti si sono ritrovati a scrivere seguendo le sue orme di scrittore terribilmente dannato.

Indirettamente, anche nel cinema troviamo il suo coinvolgimento. Il suo libro più famoso, Paura e Disgusto a Las Vegas (Bompiani, a cura di Sandro Veronesi), ispirò il film Paura e Delirio a Las Vegas del 1998 in cui recitarono Johnny Depp, suo grande amico, e Benicio Del Toro. Altra pellicola estrapolata da un suo libro è The Rum Diary (2011) che vede sempre l’astuto Johnny Depp nei panni del protagonista. Non c’è dubbio che il ruolo di uno scrittore del suo calibro, tra le figure che più hanno contaminato l’intera letteratura americana, si sia trasformata in un’icona con tanti fedeli al seguito. Le sue parole, i suoi scritti, le sue fotografie, sono ovunque. La sua vita, segnata dagli stessi alti e bassi che si riscontrano nei suoi lavori, ha cavalcato l’onda californiana più alta, lasciando poco margine di veduta ai più sarcastici. A poco più di dieci anni dalla sua morte, i suoi chupitos di rum riverberano ancora sui banconi dei più squallidi bar americani, e a noi non resta altro che mandare giù ancora un altro sorso ruvido che secca la gola e che lascia un retrogusto amaro, proprio come fanno i suoi libri.

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