Un Padre, pt.4

IV. Elliott Smith

Tomy si stupì quando vide che, dentro allo scatolone, c’erano anche i dischi che si era lasciato alle spalle quando se n’era andato. Era figlio di una generazione da sempre nel mezzo, troppo piccola per aver apprezzato i vinili, troppo grande per potersi abituare ai cd senza nostalgia. Ed era una metafora che poteva descrivere ogni cosa nella sua vita, non avendo mai trovato posto per collocarsi in un movimento o, semplicemente, in un posto fisso. Per questo quando aveva trovato al mercatino di Via Alimonda il vinile di Elliott Smith era impazzito e ci aveva speso una parte del fondo vacanze. La copertina era già rovinata, anche se all’epoca aveva una decina di anni, ma il senso di rarità che l’aveva spinto a comprarlo non si prestava ai particolari, non era un collezionista e per lui l’importante era la musica che conteneva piuttosto che il prezzo che avrebbe potuto avere anni dopo. Quando vivi il presente hai poco tempo per pensare al futuro. Per una strana coincidenza quel disco stava andando mentre litigava con suo padre che l’aveva trovato l’ennesimo pomeriggio sul divano con lo sguardo vuoto, a cercare un motivo per alzarsi dopo aver esaurito il suo percorso di laurea. Erano passati cinque anni da quel momento e suo padre, come il divano, non c’era più e anche Tomy non era più lo stesso di quel tempo.

You can do it if you want to be like me / I wouldn’t need a hero if I wasn’t such a zero / If I wasn’t such a zero / Good to go.

Quel giorno Tomy era steso sul divano completamente nudo e guardava il soffitto, senza potersi muovere o pensare, circondato dal vuoto che l’aveva assorbito e l’aveva privato di ogni spinta verso il futuro. Insensibile a ogni stimolo proveniente dall’esterno era come bloccato, non scriveva più, non usciva più, parlava tanto ancora, ma raramente diceva qualcosa che avesse a che fare con la sua profondità, limitandosi a guardare come gli altri reagivano. Era il personaggio necessario perché gli eventi si sviluppassero all’interno di un romanzo senza che gli venisse richiesto, per questo, una particolare attitudine a partecipare o perché l’autore gli dedicasse una approfondita ricerca interiore. Una scomoda presenza gli si accostava, e non era tanto quel peso delle responsabilità che nasce dal non essere più ragazzini una volta laureati, era più l’insopprimibile voce interiore che causa improvvise eccitazioni davanti all’affiorare di un’idea e repentine cadute davanti alla sola possibilità del fallimento, bloccando lo slancio che, precedentemente, aveva causato. Tomy seguiva quel movimento perpetuo di alti e bassi, restando nella stasi della scelta, in cui il tempo passa velocità raddoppiata e tutto sembra muoversi più rapidamente. Tomy sapeva di non poter scegliere, parafrasando uno scrittore a lui molto caro, e scrivere era l’unica cosa che si potesse immaginare di poter fare, l’unica via di fuga e ancora di salvezza da una vita che, per quanto fosse stata cattiva con lui, non aveva smesso di seguire. Ma si trattava di accettare, abbandonare quell’immagine di famiglia felice che ogni uomo si aspetta da sé, anche nel più intimo dei segreti. Accettarsi voleva dire abbandonare un terreno che, per quanto svuotato di certezze, era stato base dei suoi primi anni di esistenza. Come davanti a ogni baratro è il modo con cui si affronta la caduta a determinare il coraggio nel buttarsi, così Tomy vacillava ogni passo che inevitabilmente lo faceva avvicinare a quell’ipotesi. La disperazione era una buona compagna, madre di grandi imprese, ma l’apatia in cui era finito era espressione di un male generale che faceva fatica a superare. L’accettazione di un ruolo, di un compito più che di una missione, e la sola possibilità di provarci senza vergogna. Erano i primi anni della crisi, i suoi compagni studiavano ancora o erano scomparsi nel mondo, restava solo lui, virgola impazzita di una frase quanto mai banale. Ed era lì, perennemente su quel divano, senza potersi vestire o sentire freddo.

Everything is exactly right / When I walk around here drunk every night / With an open container from 7-11 / In St. Ides heaven / I’ve been out haunting the neighborhood / And everybody can see I’m no good.

Suo padre era rincasato alla solita ora, con la massa di dolore e fatica che gli riempivano il volto ogni giorno di più. Già di età avanzata, e rimasto vedovo prematuramente, aveva rinunciato, forse per amore più che per pigrizia, a ricostruirsi una vita, e da quel punto non ne era più avanzato. Il mondo era inevitabilmente cambiato con quello che si era portato via, non essendo mai stato troppo espansivo la morte della giovane moglie l’aveva lasciato solo nella caverna da cui proveniva, spezzando ogni legame con l’esterno. Tomy era ancora sul divano quando vide suo padre entrare dalla porta che dava sul salotto, sempre buio, si era già rivestito con quello che aveva trovato sparso nella sua camera. Alla vista del padre non si era alzato per salutarlo né aveva prestato troppa attenzione alla sua presenza. Fu forse per qualcosa andato storto sul lavoro, poche settimane prima della pensione, o forse per una mala risposta di Tomy, che iniziarono a litigare, come facevano sempre più spesso. Non urlavano, non rompevano piatti, non si minacciavano ma non facevano nemmeno mai pace, lasciando tutto sospeso in una nuvola di risentimento che si formava sopra le loro teste minacciando tempesta. Tomy non riusciva a ricordare un momento felice insieme al padre dalla morte di Angela, non che non ce ne fossero stati, le sue lacrime quando venne proclamato all’università, la prima donna che aveva portato a casa e l’incredibile gentilezza e calore con cui l’aveva accolta gli avevano scaldato il cuore, ma era come se non avesse permesso ai ricordi di lasciare qualche traccia. Quella volta il litigio fu l’ultimo di una lunga serie ma furono anche le ultime parole che Tomy aveva sentito da suo padre di persona. Forse preoccupato suo padre gli aveva chiesto cos’aveva fatto per tutto il giorno e Tomy, probabilmente, l’aveva presa male, come tentacoli che volevano prendere possesso della sua fragile indipendenza. Ma non fu quello. Aveva pubblicato da poco alcuni racconti, scritti tanto tempo prima, su una importante rivista e suo padre era rimasto apparentemente indifferente al successo del figlio e, forse, aveva lasciato una ferita difficilmente ricucibile in un giovane che era uscito dalle sbandate della vita grazie all’unica cosa che lo rendeva fiero di sé e su cui si stava lentamente accorgendo di voler contare. Tomy si sentiva ancora addosso gli sguardi di disprezzo che suo padre gli rivolgeva quando cercava di parlargli dei suoi progetti, l’idea di essere un fallito si era silenziosamente insinuata in lui, senza più lasciarlo, quando l’unico errore poteva essere stato tradurre male qualcosa che forse non c’era stato. Come due pianeti che collidono e si respingono quasi per natura. A spaventare suo padre fu probabilmente l’idea che sembrò balenargli guardando Tomy, l’ipotesi che non conoscesse più suo figlio, quel bambino che aveva portato ai musei, con cui aveva giocato nei parchi la domenica pomeriggio o con cui condivideva la passione per Neil Young, o che aveva visto farsi una sega aprendo inavvertitamente la porta della camera e con cui aveva stretto un patto silenzioso. Tomy aveva avvertito quella sensazione e per la prima volta, dopo tanto tempo, aveva sentito qualcosa di nuovo e doloroso, simile al sentimento di impotenza che aveva vissuto quando i dottori gli avevano annunciato che sarebbe rimasto solo. Quella casa non era più sua.

I know what you are / I just don’t mind / I won’t say you’re wrong / I know what you want / And it’s what I want / So let’s go out / I’m ready to go out.

La decisione fu rapida e quanto mai irrimediabile. Trascinato dalla rabbia non aveva tempo per fermarsi. Mentre preparava le sue cose in fretta e le metteva dentro lo zaino non aveva avuto il tempo di riflettere sul futuro. Aveva abbastanza soldi per mantenersi per un po’, la sua scelta fu più drastica, se ne sarebbe andato, avrebbe cercato di riempire il vuoto che si sentiva dentro e, magari, sarebbe riuscito a tornare in quella casa con un romanzo. Erano passati cinque anni da quella notte e il vuoto c’era ancora, ma nessuno era venuto ad aprirgli.

Nearly touching this dirty retreat / Falling out 6th and powell a dead sweat in my teeth / Gonna walk walk walk / Four more blocks plus one in my break / Down downstairs to the man / He’s gonna make it all ok / I can’t beat myself.

TUTTE LE ILLUSTRAZIONI SONO REALIZZATE DA AN.


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