La Giornata Mondiale del Libro istituita dall’UNESCO rischia di fare poca notizia, a Torino, innanzitutto perché all’ombra della mole da quattro anni si estende all’intera settimana che la precede: si tratta della rassegna Torino che legge, organizzata dalla Città di Torino e dal Forum del libro, che ha raccolto decine di eventi sparsi tra librerie e biblioteche dell’intera rete cittadina tra il 16 al 23 aprile, portando opere e autori anche all’esterno dei luoghi in cui solitamente sono confinati i libri: nelle piazze, per le strade, in cui si tengono apposite passeggiate letterarie o di riscoperta delle librerie nascoste tra i quartieri, come quella che si è tenuta tra il Lungodora, Vanchiglia e Vanchiglietta organizzata al consorzio delle librerie indipendenti COLTI, perfino nei tram (storici). L’idea è quella di restituire ai cittadini il significato di bene comune del libro, e a Torino il ruolo di avanguardia dell’editoria.
Mai come quest’anno, Torino che legge si presta inoltre a essere la perfetta piattaforma di lancio per il grande evento di maggio, il Salone internazionale del libro, giunto alla trentunesima edizione più in forma che mai, dopo aver respinto, in realtà con non troppa fatica, il tentativo di Milano dell’anno scorso di strappargli il ruolo di principale evento librario del paese con Tempo di libri. Nella “conferenza definitiva”, tenutasi giovedì scorso all’Arsenale della Pace, circa due mesi dopo l’incontro iniziale ospitato dalla Mole Antonelliana, Nicola Lagioia e Massimo Bray, rispettivamente direttore editoriale e presidente del Salone, hanno ribadito le scelte che hanno animato un percorso intrapreso già alla chiusura delle porte della precedente edizione, e presentato a stampa e addetti ai lavori il programma definitivo dell’edizione che si terrà a Lingotto Fiere dal 10 al 14 maggio, preceduti dagli auspici del presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino e dalla sindaca Chiara Appendino, le massime istituzioni locali anche loro coinvolte nell’organizzazione dell’evento e nell’entusiasmo che l’ha accompagnata.
Al di là della “conferenza definitiva” di SalTo18, il Salone ha intersecato Torino che legge con gli appuntamenti del Grand Tour SalTo 18, undici appuntamenti in undici diversi posti scelti tra biblioteche, librerie indipendenti nonché istituzioni di quartiere come i Bagni Pubblici di via Agliè, in cui Lagioia e Marco Pautasso, direttore eventi e attività culturali, sfidando ogni fatica hanno presentato il programma alle comunità locali, quartiere per quartiere, partendo dalla Biblioteca Italo Calvino il 4 aprile per concludere il 4 maggio all’Ibrida Bottega, spingendosi domani pomeriggio, alle 18.30, fino alla Biblioteca Civica Arduino di Moncalier. Inoltre, il Salone attraversa l’intera penisola attraverso gli eventi di Festa Mobile, un progetto coordinato da Giuseppe Culicchia, lo scrittore più legato al capoluogo piemontese, che prevede una serie di eventi organizzati in librerie e biblioteche di varie città italiane da una rete di scrittori “amici” del Salone, tra cui, per fare qualche nome, Valeria Parrella a Napoli e Giorgio Vasta a Palermo.
Lo spirito che ha animato la gestione Lagioia del Salone è visibilmente quello di rendere Torino la capitale italiana del libro e la piazza libraria internazionale della penisola – e visti i nomi coinvolti, su cui arriveremo più sotto, sembra che l’obiettivo sia già stato centrato – coinvolgendo ogni singola componente della città: le istituzioni culturali maggiori, ossia il Circolo dei Lettori, la Scuola Holden, l’Università di Torino, ma anche quelle più microscopiche, quali appunto le bilioteche e le case del popolo, senza dimenticare il fondamentale contributo delle librerie indipendenti della città, che si sono consorziate nel progetto COLTI, mettendo in primo piano anche le scuole, in modo da costruire una rete su cui poter contare nel tempo – ripensiamo alla frase che ispira la rassegna: “Un giorno, tutto questo” – che coinvolga i cittadini dal punto più locale a quello sovraterritoriale, sollecitando costantemente la comunità dei lettori in crescita di un paese in cui si continua a leggere terribilmente poco. Il concetto su cui Lagioia è tornato più spesso, tra un incontro e un altro, è quello dell’inclusività: racchiudere tutte le realtà del libro sotto lo stesso ombrello in modo che questo possa essere “il salone di tutti”: la casa sdi tutti gli editori, in particolare, maggiori e minori, ma anche quella di tutti i librai e, su tutti, i lettori, riuniti sotto lo stesso stesso tendone.
La seconda direttrice che ha guidato Lagioia e l’equipe SalTo 18 è quella della prospettiva: rendere il Salone un evento che non si riduca agli orgistici cinque giorni di sovraesposizione al Lingotto, che ma dia vita a un percorso che duri tutto l’anno, distribuito in una serie di appuntamenti che ricordi della presenza di questa istituzione costantemente, in vista del grande raduno finale che vuole essere una di grande festa di chiusura piuttosto che l’unica occasione in cui si possa celebrare il proprio amore per la lettura e per l’oggetto libro. “Un giorno, tutto questo”, la frase che accompagna la locandina del Salone, rinvia a un percorso appena intrapreso e alla sua proiezione nel futuro, altra parola chiave pronunciata negli incontri, in modo da costruire un senso di prospettiva in chi vi partecipa, a qualsiasi livello. La stessa locandina di questa edizione, realizzata meravigliosamente da Emanuele Fior, ci mostra una ragazza che osserva Torino dall’alto, dall’interno delle pareti di vetro di un grattacielo, plausibilmente il grattacielo di Intesa San Paolo. Vediamo le sagome della mole e dei palazzi emergere dalla foschia tipica delle giornate torinesi, che si tratti della più consueta bruma o della cappa di smog che ha oppresso i locali negli ultimi mesi . Una donna, come la sindaca, che guarda la città che cambia intorno al Salone da uno dei simboli più riconoscibili della nuova Torino.
Un’altra parola pronunciata spesso dagli organizzatori è fiducia: viene usata da tutti e quattro gli speakers presenti alla presentazione definitiva. D’altra parte, chi utilizza la parola futuro in un paese come il nostro, in cui il futuro è diventato un tabù, di fiducia deve averne molte. Fiducia dopo la tempesta delle passate edizioni, quella necessaria a ricostruire un vascello raccolto alla deriva e portarlo verso destinazioni inesplorate, lasciandosi lo stato di emergenza della scorsa edizione alle spalle: i numeri parlano chiaro, con il 28% degli stand assegnati in più, il Lingotto non ha spazi rimasti per nessun altro espositore. Nonostante ciò, la Fondazione del Libro continua ad essere un’istituzione tutt’altro che stabile, e si invoca la fiducia che il Salone possa appunto trovare una sua dimensione stabile, sebbene la filosofia “indipendente” di Nicola Lagioia e il suo incontenibile entusiasmo siano riusciti a tirare fuori il massimo dalle poche risorse attraverso il lavoro di gruppo e la passione per il l’oggetto che chiamiamo libro. La fiducia in un oggetto in cui si crede così poco, visti i numeri attuali, nel suo spessore cartaceo piuttosto che digitale, nel ritorno alla possibilità di costruire mondi possibili sulla superficie di carta. Non ultima, fiducia in una città che intende ricostruirsi investendo nel libro, piuttosto che nell’automobile, scalzando dalla città la principale risorsa che ne ha fatto uno dei vertici del triangolo industriale negli scorsi decenni.
Infine, il programma, online dal 19 aprile e ricchissimo, impossibile da contenere in poche righe, tanto che per nominare tutti i nomi di rilievo e le sezioni in cui gli eventi si articolano sono stati necessari 45 minuti serratissimi anche per la parlantina inarrestabile di Lagioia: un festival internazionale come pochi se ne sono visti, con ospiti provenienti da tutti i continenti. Se il paese ospite è la Francia, e non potrebbe essere altrimenti nella ricorrenza dei cinquant’anni Maggio francese, presente con ospiti del calibro di Yves Bonnefoy, Pierric Bailly, Vèronique Olmi, Eric-Emmanuel Schmitt, nonché il filosofo Edgar Morin, è in realtà lo spagnolo Javier Cercas a dare il via alle danze, con una lectio magistralis dedicata al concetto di Europa. Ma il nome più altisonante, se è possibile farne una questione di scala, è quello del premio Nobel tedesco Herta Müller, ospite del Premio Mondello. A proposito di premi, ci sarannmo i cinque finalisti del Premio Strega Internazionale. Per riprendere giusto qualcuno degli altri nomi per cui c’è maggiore attesa, a rappresentare gli Stati Uniti, paese ospite della scorsa edizione, ci sarà Alice Sebold, e per la Russia il celebre Eduard Limonov, Guillermo Arriaga per il Messico, tra gli italiani, oltre a Roberto Saviano e Walter Siti, c’è grande attesa per Paolo Giordano, che presenterà praticamente nei giorni il suo nuovo romanzo, Divorare il cielo. Nel reparto cinema, Bernardo Bertolucci duetterà con Luca Guadagnino, il regista più rappresentativo del cinema italiano quest’anno, con il successo internazionale di Call me by your name. Ci sarà anche un momento di commemorazione per i quarant’anni dalla tragica morte di Aldo Moro, anno horribilis della nostra repubblica, e per la questione irrisolta di Giulio Regeni, di cui saranno presenti i genitori.
Come ancitipato, le porte del salone si apriranno il 10 maggio a Lingotto Fiere, per chiudersi il 14 maggio 2018 a Lingotto Fiere, con una serie di eventi pre-salone organizzati per la sera del 9 – su tutti, la lettura di Paolo Cognetti, Premio Strega 2017, messa in scena da Lorenzo Gifuni prevista a – e numerosi eventi fuori-Salone che si terrano tutto intorno agli spazi ufficiali, invadendo di libri per quattro giorni la città. Noi dell’Indiependente ci saremo, siateci anche voi.