Quando si è cominciato a parlare di FILL, Festival of Italian Literature in London, vari amici italiani che risiedono lì e lavorano in ambienti culturali, con cui mi sono trovato a parlarne, non mi hanno nascosto una certa perplessità. Molto probabilmente, quando vivevo in Inghilterra avrei mostrato una certa perplessità anch’io, all’idea che italiani che avessero lasciato il proprio paese avessero voglia di frequentare una versione d’esportazione dei tradizionali festival letterari italiani. E mi sarei sbagliato per almeno tre motivi, che vanno oltre la statistica dei 700.000 italiani residenti a Londra e ne farebbero la quinta città italiana per numero di abitanti.
Il primo, è che invece negli anni ho scoperto, da nomade ormai assuefatto agli spostamenti, un grande desiderio di rimanere in contatto con i libri che si scrivono in Italia: mai come adesso che risiedo negli Stati Uniti, devo ammettere, cerco di tenermi informato sulle nuove uscite. Il secondo motivo è legato al fatto che in Italia in questo periodo si pubblicano una serie di autori che meritano un indiscutibile rilievo, e non è un caso che il più grande best-seller internazionale degli ultimi cinque anni non solo sia italiano, ma sia molto più venduto all’estero che in Italia stessa, vista la proporzione di persone che legge, nel nostro paese, a confronto con quella di altri paesi: mi riferisco al celebre caso Elena Ferrante.
Il terzo è quello che andrebbe citato per primo: che FILL non è esattamente un tradizionale festival letterario italiano, in cui la gente va a comprare libri e farseli firmare dall’autore. E non è un caso che tra gli ospiti di quest’anno ci sia Nicola Lagioia, direttore artistico del Salone del Libro di Torino che ha lavorato profondamente alla sua ristrutturazione (cosa di cui abbiamo parlato copiosamente qualche mese fa). Nella prima edizione di FILL i numeri hanno dato ragione agli organizzatori: ogni appuntamento è andato sold-out, oltre ogni aspettativa, e intorno al ricco calendario di eventi si sono raccolte 1500 persone. Partendo dunque da questo numero, vediamo cos’è diventato FILL quest’anno, ospitato anche stavolta nel Coronet Theatre di Notthing Hill nel prossimo fine settimana, 27 e 28 Ottobre. Se siete a Londra, siete ancora in tempo per prendere gli ultimi biglietti per gli eventi ancora disponibili.
Nato da un cospicuo e appassionato gruppo di autori, giornalisti, traduttori e accademici italiani stabilmente stanziati a Londra, tra cui il coordinatore e direttore artistico Marco Mancassola, l’autrice e traduttrice Claudia Durastanti e l’italianista Stefano Jossa della Royal Holloway University of London, con l’appoggio dell’Istituto di Cultura Italiana di Londra, FILL è nato come provocatoria risposta al risultato del referendum pro-Brexit, a dimostrazione della vitalità della cultura italiana come parte integrante della variegata realtà multiculturale dell’isola.
A un anno di distanza, galvanizzati dalla risposta di pubblico della prima edizione, gli autori non si sono adagiati sui risultati, ma piuttosto hanno investito ancora di più sulle possibilità di porre in contatto le realtà della cultura italiana con quella delle altre culture presenti a Londra, aumentando il numero di eventi e le possibilità di incontro tra autori di lingua italiana e lingua inglese in una dimensione che promuove il dialogo transnazionale, facilitando l’accesso a tutte le persone interessate alle possibilità di ibridazione della cultura italiana attraverso un impianto bilingue. Mantenendo la suddivisione in due giornate, il numero degli speakers è salito a oltre quaranta, tutte voci consolidate nella discussione su letteratura, politica, migrazioni, traduzione, e più in generale cultura contemporanea.
Nel programma si distinguono innanzitutto una serie di “accoppiamenti giudiziosi”. La prima giornata è introdotta da Black Worlds, Black Words, in cui Igiaba Scego dialoga con Marianne Tatepo e Sharmaine Lovegrove di inclusione delle voci nere in Italia e UK. A seguire, tra gli incontri tra scrittori, Walter Siti e Fabio Deotto discutono con Ali Smith e Olivia Laing del rapporto tra contemporaneità e scrittura, mentre Veronica Raimo (che abbiamo intervistato qui) e Sophie Mackintosh si confrontano su Margaret Atwood e le distopie femministe, e Michela Murgia e Ben Okri sul rapporto tra la complessità della rappresentazione della propria realtà e la facilità di stereotipi e cartoline. Nel secondo giorno, in London as a Second Language Xiaolu Guo, Saleh Addonia e Vanni Bianconi discutono di cosa significa diventare londinesi provenendo da diversi tipi di background, mentre Nicola Lagioia, Mathias Énard e Catherine Taylor ragionano insieme sulla nuova dimensione del romanzo europeo.
Oltre all’immancabile appuntamento dedicato a Ferrante, in cui Eva Ferri, Lisa Appignanesi e Haydn Gwynne discutono dell’adattamento televisivo HBO della popolare quadrilogia, il programma prevede importanti momenti dedicati alla saggistica, in particolare quella politica: se Paolo Berizzi e Joe Mulhall commentano l’ascesa di nuove forme di neofascismo, gli storici Donald Sassoon, Lorenzo Marsili e Annalisa Piras investigano la natura del nuovo nazionalismo che caratterizza l’epoca che viviamo, e Lorenzo Pezzani e Matteo de Bellis si interrogano sull’inesausto discorso sulla violenza, purtroppo sempre attuale. Infine, non mancano laboratori di traduzione, a cura di Vincenzo Latronico, i DJ set di Giovanni Coppola e Francesco Nerini, e un reading di poesia dall’antologia Wretched Strangers, che comprende voci caratterizzate dalla comune esperienza di vita a Londra da stranieri.
A un anno di distanza, dunque, FILL si conferma come vetrina della più vivace dimensione della cultura italiana, ahinoi quella che fiorisce fuori dai confini nazionali: per un italo-londinese sarebbe davvero un peccato perdersela.