Trasmissione simultanea per Tycho, moniker dello statunitenste Scott Hansen, significa ritorno alle origini. Un punto in cui il tramonto e l’alba si fondono, amalgamando i loro colori e le loro sfumature fino a perderne i confini. Passato e presente si incontrano, anche perché il secondo è frutto del primo e ne diventa sua naturale evoluzione, proprio come accade in Simulcast.
Quinto album in studio di Tycho, a breve distanza dal suo ultimo esperimento sonoro Weather, pubblicato lo scorso luglio. Simulcast è ripercorrere i propri passi per tornare a fare ciò che ci fa stare Alright, nella nostra zona di comfort. Hansen riparte proprio dalla titletrack di Weather e le sue escursioni quasi post rock, come a riprendere un discorso lasciato pendente. A suo tempo, abbiamo detto che Weather è un disco che, per le sue fattezze, grazie a un inedito uso della voce, ha segnato un punto di svolta per Tycho. Non si era mai visto, nel percorso artistico dell’artista californiano, un così cospicuo utilizzo della voce. Prima di allora, Tycho guardava alla voce come un mero strumento, un mezzo per creare dei suoni al pari di synth, tastiere e chitarre elettriche. Il suono si era evoluto fino ad avere bordi netti, tanto quanto le copertine dei dischi.
La carriera di Tycho sembra percorrere un’evoluzione geometrica: dal sole che si tuffa nel mare (Dive, 2011) all’alba di Awake (2014), fino a sfociare in una piramide con la punta troncata su sfondo rosso in Epoch (2016). Poi l’umanizzazione del disco e della sua copertina, in Weather (2019). Così come in ogni andamento c’è una crescita, fino a raggiungere un picco, e poi un ritorno alla normalità, al conosciuto, a ciò che si sa fare meglio e ci fa stare meglio.
Possiamo dire lo stesso di Simulcast: l’ennesima svolta nel percorso del californiano, che rispolvera il suo passato per dare nuova verve al suo presente. Tutto ciò risulta come un circuito chiuso, come se Scott Hansen percorresse un quadrato, in cui a forza di svoltare ci si ritrova sulla propria strada. Infatti, se Weather è stato il disco in cui Hansen ha svoltato, scegliendo una strada in cui ha azzardato un’estensione dell’uso della voce grazie alla collaborazione con l’artista Saint Sinner (Hannah Cottrell), Simulcast è insieme una ripresa di quel disco e un ritorno alle origini, dove la voce era un mero strumento (su tutte: Easy).
Il suono torna ad essere protagonista nei panorami che Tycho crea. Chitarre, loop, synth, sfociano in distese sonore scaldate dal sole estivo alle quattro del pomeriggio. Dall’EDM al post rock più dolce: anche se Scott Hansen gioca a nascondersi nei boschi (Into The Woods) per cercare un po’ d’ombra, il sole corre a raggiungerlo, e come nella copertina ritrova la sua figura passata, giocosa e introspettiva, che guarda al susseguirsi delle ombre sulla sabbia.
Tycho si immerge quindi in un percorso di crescita e di riscoperta di sé stesso. Simulcast, nomen omen, è la trasmissione simultanea, la rappresentazione di queste due anime, una giovanile e una attuale, che giocano a rincorrersi in situazioni luminose e ombreggianti alla ricerca di un nuovo equilibrio, mentre noi ci facciamo cullare dalle rilassanti sonorità sospese in un limbo atemporale, e assistiamo alla sua personale ricerca.