Tycho – Awake

Quante volte quando eravate poco più che mocciosi, vostra madre o chi per lei vi ha rammentato che non bisogna mai giudicare un libro dalla copertina? Ecco, senza nulla togliere alla saggezza della genitrice, per questa volta potete tranquillamente mettere da parte questo precetto.

Già perchè questo Awake, quarto lavoro del musicista e produttore Tycho, trova una delle migliori descrizioni proprio nella copertina confezionata dal fotografo e designer ISO-50. Dopotutto i due altro non sono che lo stesso poliedrico personaggio, Scott Hansen da San Francisco, CA.  Il cerchio colorato da otto strisce (come otto sono le traccie del disco) che man mano degradano dall’arancione al blu su sfondo bianco, a rappresentare un sole che sorge, si può considerare il vero e proprio manifesto grafico del lavoro del Californiano.
Opera minimale per un disco che fa del minimalismo uno dei suoi cardini.

Awake, già a partire dalla titletrack (che personalmente associo alla striscia di colore arancione del sole in copertina), è un disco che sorge lento ed inesorabile così come il sole rappresentato in copertina.
Già nei primi minuti di ascolto ci si accorge che ad affiancare le tastierine ed il beat chillwave cui Tycho ci ha abituati, ci sono chitarre, basso e batteria, suonati da Zac Brown e Rory O’Connor, musicisti che hanno già accompagnato Hansen nei suoi live, la qual cosa lascia un’impronta forte nel suono del disco.
Awake e Montana hanno infatti una struttura portante di arpeggi di chitarra, basso e batteria preponderanti a cui si integrano i synth che, quasi in punta di piedi, si limitano a costruire il sottofondo dei brani. L, così come la successiva Dye, sono i brani più marcatamente glo-fi anche se sul finire della seconda ricompare la linea di chitarra perfettamente integrata. Mano mano che si procede nell’ascolto del disco ci si rende conto che sempre più spesso compaiono quei saliscendi che hanno più a che fare con il post-rocksolo che anzichè alternare a momenti più solenni virate verso il rock duro come in certi pezzi classici dei Mogwai, in questo caso si va verso sonorità decisamente più danzerecce, complice anche una sezione ritmica molto coinvolgente. See ne è un esempio perfetto con il suo arpeggio di chitarra che a metà pezzo interrompe un basso fino a quel momento incalzante e sul quale lo stesso basso pian piano si reinnesta. Discorso analogo anche per le successive Apogee e Spectre (da segnalare la batteria nel primo dei due che potrebbe tranquillamente suonare da sola).
Il disco si chiude con Plains che è ben rappresentata dalla striscia di colore blu scuro; un arpeggio accompagnato da una chitarra acustica, che dipingono un’atmosfera sognante e tranquilla che trascina l’ascoltatore verso la fine di questi 36  minuti circa.

Tycho, in questa nuova dimensione di band, sembra aver raggiunto la quadratura del cerchio tra quella scena chillwave Californiana da cui proviene e certo rock strumentale genericamente definibile come post-rock (in certi punti  le chitarre possono richiamare alla mente anche gli Explosion in the sky, oltre alle già citate virate a la Mogwai) il tutto nel segno di un minimalismo elegante e non scontato,senza però perdere nè in coerenza, nè tantomeno in qualità della resa sonora.
Insomma un disco semplice e variopinto allo stesso tempo, proprio come la copertina di Iso 50.

Adesso potete tornare a dar retta a vostra madre.
[divider]
Ghostly International, 2014

Exit mobile version