Chi è Ty Segall? Un genio, un cane, un ironico bontempone, un punk, un folle riguardo al quale si è detto di tutto, spesso scomodando anche mostri sacri, o semplicemente uno spirito libero?
Io credo sia tutto questo, anzi lasciando stare il parere di coloro che lo hanno paragonato ad un novello Morrison o definito il moderno Marc Bolan (padre del glam rock, prima di Bowie), credo sia anche una delle personalità più eccentriche e carismatiche sulla piazza insieme a pochi altri (Mac Demarco e King Krule, sono i primi a cui penso, sia chiaro con le diversità stilistiche di ogni caso). Si è creato un bel personaggio ironico, divertente , molto curato nell’essere un ribelle e scatenato sul palco come un adolescente.
A trent’anni festeggia il suo decimo anno di carriera, dieci anni in cui mescolando un’innumerevole quantità di stili e generi si è raccontato, ci ha raccontato e soprattutto ci ha confuso. Ottenuta la consacrazione grazie al suo terzo lavoro Melted del 2010, in seguito altri quattro album tutti di ottima caratura (speciale tra questi Ty Rex del 2015) e l’ultimo eponimo Ty Segall (2017), questo ragazzo non si ferma, produce di continuo e se non ha nulla di nuovo da dire, scherza su ciò che ha già detto.
Ty Garret Segall, ci offre il suo ultimo delirio intitolato Freedom’s Goblin, album che non ha un senso vero e proprio, ma è proprio questo il suo punto forte. È un artista libero ed è proprio questa libertà di esprimersi che vuole celebrare, attraverso la sua ironia e la sua sporcizia, da punk attenuato. Si tratta di un album che non sembra un disco ma una compilation, diciannove brani tutti diversi e particolari, dove sperimenta, crea, urla, si sfoga. Alterna quasi alla perfezione un brano “spezza denti” tra il protopunk e il garage e a tratti rockabilly (come possono essere Fanny Dog, 5 Ft. Tall o la bella When Mommy Kills You) ad un brano più lento, onirico, psichedelico e magari leggermente malinconico (Rain, Last Waltz).
Questo Goblin ogni tanto morde come in She, energica quanto glam, piena di chitarre, altre volte impazzisce in virtuosismi ultradistorti a metà tra il jazz e il punk vedi il binomio Prison/Talking 3 ma spesso si rattrista, si calma per finire nella magniloquente And, Goodnight brano posto a chiudere quest’opera. Canzone molto intima, dove Ty che si è divertito parecchio in quest’album, si esalta tra voce e chitarra, accompagnato dai The Freedom che non sbagliano un colpo tra un assolo ed un altro, ottimo dessert in questo menù colmo di piatti ricchi; quasi ai livelli dell’oscura Black Magick uscita nell’EP Sentimental Goblin (2017) in cui sostiene che la magia nera ci salverà.
La varietà che Segall ci sputa in faccia in questo album è ciò che lo rende particolare e interessante, ma la sua abbondanza lo penalizza parecchio e purtroppo fa sì che alcune perle presenti non risaltino a dovere, come Despoiler Of Cadaver , funky e ironica nel sembrare una parodia distorta di Daddy Cool. Un po’ troppo alla King Gizzard & Lizard Wizard, senza ottenere lo stesso risultato.
Penso inoltre che, per la sua imponenza che lo rende poco accessibile, questo disco non diventerà un cult come alcuni tra i precedenti, nonostante sia un buon lavoro e credo rappresenti una tappa importante nel percorso di Ty, personaggio di cui sentiremo ancora molto parlare e che a quanto pare ha ancora molto da dire.