Tropical Disease
Savage
Autoprodotto, 2012
Voto: 7/10
Il panorama musicale italiano negli ultimi dieci anni grazie all’uso delle tecniche digitali nasce prima in rete per poi approdare sui palchi. Un mezzo, quello informatico, che sicuramente può aiutare a sconfiggere la timidezza, ma che non dev’essere concepito come un sostituto della dimensione live, che prevede un dialogo attivo con il pubblico. Se siete assidui frequentatori di soundcloud e bandcamp (per citarne alcune) troverete una miriade di Ep di nostri connazionali, tra i quali molti emergenti, che lanciano i propri pezzi aspettando fiduciosi like e commenti: un trampolino di lancio che nella maggiorparte dei casi serve a imporsi fiducia o a correggersi. Dal momento che è facile e accessibile a tutti il nuovo mercato della musica è opportuno imparare a scremare tra chi è avviato verso il successo e le meteore, pronte per riattaccare la chitarra al muro. In questa rubrica ci occuperemo di direzionare l’attenzione verso i primi, quelli che secondo noi hanno il potenziale per uscire dall’anonimato e per calcare le scene del nostro amato e bistrattato Belpaese.
Aprono la rassegna un quintetto di giovani provenienti da Schio, in provincia di Vicenza, i Tropical Disease, nati nel 2009 per volere di Brando Ghinzelli, voce del gruppo e Giovanni Salviato, addetto ai synth e chitarrista. Si affiancherà pochi mesi dopo il batterista Corrado Marzolini, una sferzata d’energia, mentre ci vorrà un anno per l’arrivo di Alessandro Mafrica, un virtuoso della distorsione della chitarra. Ultimo, ma non ultimo ad aggiungersi è Simone Colosimo che porta lo shoegaze, ma soprattutto un basso, che mancava ancora al gruppo. Dopo il primo Ep omonimo uscito nel febbraio 2012 e un tour che ha riscosso un buon successo, è uscito nel novembre scorso Savage, un Ep che contiene solo tre tracce.
La particolarità di questi tre brani è innanzitutto la lunghezza che varia dai sei ai nove minuti. Un micro album che fa al caso vostro se volete un accompagnamento per un pomeriggio rilassante, magari per svuotare la mente o per concentrarvi in assoluta tranquillità. Savage, già ad un primo veloce ascolto rimanda a diverse influenze, soprattutto quella proveniente dalla new-wave, ma anche al post-rock e all’ambient. La voce di Brando ricorda a grandi linee quella di Ian Curtis, e sicuramente anche le sonorità portano a pensare ai Joy Division, ma con quei riff in più che evocano immediamente Editors e White Lies. Ok, che sentiamo solo più gruppi così ultimamente ed emergere dall’Oceano Indieano in cui sguazziamo per respirare un po’ d’aria fresca non sarebbe male, ma i Tropical Disease hanno qualcosa di diverso rispetto a tutti gli altri gruppi emergenti che mi è capitato di sentire in questi mesi. Non starò a dirvi che hanno il fattore X perchè non sono nè Morgan, nè Simona Ventura, ma sono pur sempre accattivanti.
Parte Diplomacy, prima traccia dell’Ep e sembra di essere davanti ad un caminetto ardente di montagna, fiamme che zampillano qua e là e che riscaldano il cuore. Gelido vento fuori e tepore dentro. Ci portano immediatamente in una dimensione onirica sospesa tra tastiere, arpeggi, una voce solenne che cerca di colmare tutti gli spazi sonori (anche se non sempre ci riesce) e una batteria martellante e continua.
Risente dei sintetizzatori e necessita di maggiore post-produzione il brano centrale Feel Collins, che va in un crescendo di note e di stati d’animo; stupisce come ogni tanto capiti che in questi nove minuti ci si senta quasi in un video dei Sigur Ròs, tra bambini biondi svedesi che giocano a fare i grandi e coppie di anziani che si tengono per mano.
Shelter, invece, piace perchè ha suoni marcati e decisi, chitarre e batteria che trovano insieme l’unione (quasi) perfetta e un’inclinazione alla progressive. Un esordio giovane che ha bisogno di maturare e di farsi le ossa sui palchi per trovare la stabilità, quindi invitateli a suonare perchè riscaldano e risparmiate sulla bolletta del gas. Le buone premesse ci sono, quello che serve è uscire dai soliti schemi una volta per tutte ed allontanarsi dall’anonimato basato sull’uguaglianza della diversità: un appunto che andrebbe fatto non solo ai Tropical Disease.
Qui sotto il link per ascoltare e scaricare gratuitamente l’Ep!
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