Tristano Monaca e l’arte di sondare le emozioni

La diversità come espressione di un’originalità artistica, come veicolo per comunicare con l’esterno, con una realtà che a volte si mostra sorda e ignora. Un mondo a noi vicino, ma spesso poco conosciuto. La mostra è stata inaugurata così presso la galleria Ultrablu di Roma sabato 7 maggio con una presentazione di Arianna Desideri e un’intervista a cura di Erika Cammerata con l’artista Tristano Monaca, protagonista di questo percorso artistico che invita a sensibilizzare verso la realtà della neurodiversità.

Il tentativo dell’artista romano, classe 1995, nella sua seconda personale Alla fine degli strati, ho molti inizi, è quello di sondare la caotica sovrapposizione degli stati emozionali dell’intuizione nel tumulto della creazione artistica, intesa come atto generativo ancestrale, capace di aprire ogni esperienza individuale alla comprensione dell’atto empatico, che permette di svelare i gradienti di una natura umana universale. L’immaginario di Tristano Monaca appare qui più che mai legato alla dimensione onirica e dell’inconscio, che nella visione dell’artista contamina la realtà. Le sue tematiche, da sempre vicine al mondo naturale, con particolare riferimento a quello ornitologico, trovano una complessa rielaborazione e sintesi attraverso l’uso di tecniche miste tra le quali l’acquerello, l’acrilico e l’olio. In questa mostra emergono con forza figure umane, ambigue e alterate, che pervengono alla forma a partire dal sogno.

Il titolo evocativo dell’esibizione Alla fine degli strati, ho molti inizi si riferisce propriamente a questa necessità di studiare l’intimità del proprio Io, facendo ricorso anche a realtà extrasensoriali e alla dimensione onirica, scoprendo ogni volta oltre la superficie identitaria la potenzialità di nuovi punti di origine. Rivivendo con la primordiale azione artistica l’atto generativo dell’intuizione poetica, l’artista, ponendosi nei panni di un demiurgo incostante e deluso dalla realtà che vive, realizza una cartografia degli stati emozionali, procedendo per visioni e percezioni di presagi, che diventano una via d’accesso a un’interazione più diretta con la verità che tanto desidera e si dimostra ogni volta, inevitabilmente, deludente.

Nei dipinti, infatti, si susseguono simboli e figure ricorrenti che danno vita a un gioco di richiami e di associazioni intuitive che richiamano l’urgenza artistica di trovare ordine nel caos, di sciogliere la prospettiva alienante e crepuscolare a cui l’uomo sembra universalmente legato. Ecco allora la necessità di evocare l’esistenza di un Altrove, sospeso oltre il confine di una quotidianità soffocante, che sfugga all’atemporalità spaziale e che dia una risposta a tutte le domande che l’artista pone. Le stesse che ogni uomo pone a sé stesso, ogni giorno, da sempre.

Ultrablu è un atelier che promuove attività artistiche e culturali generate dalla (neuro)diversità, intesa come risorsa naturale, relazionale e specifica dell’essere umano. Luogo di incontro tra diverse culture e modelli ideologici, con spazi dedicati alle arti visive e performative, esposizioni ed eventi, una casa editrice, una libreria e un bar collaborano tra loro nella sede di Piazza Americo Capponi, a due passi dal Vaticano, Ultrablu si afferma come realtà vivace e dinamica della capitale, una fabbrica di nuovi linguaggi, di nuove possibilità di comprensione e condivisione del contemporaneo. La mostra, inaugurata sabato a Roma, resterà visibile tutti i giorni fino al 25 maggio.

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