Trimestrale indiependente | Nuove letture da recuperare

Un nuovo spazio di raccolta e selezione di libri che sono usciti in questo primo trimestre dell’anno – tra l’inverno e l’inizio della primavera – letture possibili, tracce da percorrere. Qui sotto trovate che cosa abbiamo messo da parte nella nostra libreria indiependente.


VOCI INDIPENDENTI


La Russia di Putin – Anna Politkovskaja

Adelphi, traduzione di Claudia Zonghetti

Leggere e rileggere gli scritti di Anna Politkovskaja vuol dire pure ricordare la triste sorte del giornalismo che non china la testa al potere. Sempre dalla parte delle vittime e degli innocenti, nei suoi articoli sulla Novaja Gazeta, nei suoi reportage dalla guerra in Cecenia, Anna Politkovskaja racconta l’arroganza monolitica del putinismo, e a distanza di anni la sua voce libera pare un grido inascoltato. È amaro leggerla quando ci racconta come, dopo l’11 Settembre, lo zar di Russia fosse incensato dai vertici politici internazionali per la guerra cecena come un alleato nel nome della lotta al terrorismo; è amaro leggere la sua voce inascoltata, messa a tacere da codardi colpi di pistola, da quel potere arrogante che ha colpito anche altre voci della Novaja Gazeta, che recentemente ha dovuto sospendere le sue pubblicazioni per effetto di una legge che sta provando a tappare la bocca al giornalismo indipendente russo. Leggere e rileggere Anna Politkovskaja vuol dire portare memoria delle vittime, vittima lei e vittime gli innocenti di cui raccontava, piccole storie umane come quella di Jaroslav, il ragazzo ammazzato durante la tragica irruzione nel teatro Dubrovka di Mosca, crisi che la giornalista russa seguì in prima persona provando a dare vita a una trattativa. E dunque leggiamola questa donna libera e mai doma, teniamoci strette le sue parole e lasciamo che decantino per il futuro, che la sua voce ci sia di ispirazione; potremmo cominciare da questa ristampa fresca d’uscita.

Giovanna Taverni


FAMIGLIE INFELICI


Serge – Yasmina Reza

Adelphi, traduzione di Daniela Salomoni

«Prima ci davo dentro, mi divertivo, adesso cerco solo di evitare le catastrofi. Ad Auschwitz sarei stato un Muselmann nel giro di ventiquattr’ore. Non avrei trovato nessuna ragione per aggrapparmi alla vita.»

Yasmina Reza è una drammaturga, e di teatro – commedia umana, ma soprattutto tragedia – i suoi romanzi felicemente traboccano. Così anche in Serge, come in Felici i felici e Babilonia, tra gli altri, aleggia l’assoluta inadeguatezza di personaggi sempre infinitamente piccoli e goffi rispetto all’impetuoso dilagare della vita. Jean, Serge e Nana Popper, al di là di sentimenti sfilacciati attorno a consuetudini, riscoprono il senso tragico del legame fraterno dopo la morte della madre. Le distanze guadagnate dalla vita adulta si annullano, spinte dall’affiorare continuo dei ricordi di infanzia, schiacciate dal peso del tempo e dall’inesorabilità della sua destinazione ultima. Nella memoria o nel rapporto con la natura i personaggi sembrano sollevarsi dalle miserie quotidiane, salvo invertire completamente tale traccia, spostando l’azione in una Auschwitz infestata da piante rigogliose e turisti dagli abiti sgargianti. Reza riesce a farci provare uguale orrore per lo sfoggio forzato di compunzione, la fame di documentazione nutrita a scatti fotografici, e l’aria scellerata da gita. Non può esistere decenza al cospetto dell’orrore, non c’è un modo di stare dignitoso, nella tragedia. Tra le forze tecniche: l’utilizzo superbo dell’indiretto libero che poi è un modo meno presuntuoso rispetto al flusso di coscienza per dire che il mondo ce lo portiamo dentro, che non c’è poi molta differenza tra il pensiero e la realtà, e che ogni segno in più sulla pagina è distanza dal cuore delle cose.

Simona Ciniglio


MADRI E FIGLIE


La luce che pioveva – Giuliana Zeppegno

L’orma editore

Sullo sfondo de La luce che pioveva, opera prima di Giuliana Zeppegno per L’orma editore, c’è il Piemonte rurale della seconda metà del Novecento, caratterizzato dall’odore dell’inverno, un misto tra il respiro caldo degli animali che abitano nelle stalle e quello della nebbia che da ottobre ad aprile ricopre ogni centimetro di pianura padana. L’ambientazione è perfettamente connessa al fulcro di quest’esordio letterario: la storia è quella di Maria che, attraverso la voce narrante della figlia, trova il suo posto non solo nella tradizione orale di una famiglia come tante, ma anche in un mondo fatto di carta e d’inchiostro. Tra queste pagine, suddivise in brevi capitoli che scorrono fin troppo velocemente, si legge il diario di una donna che osserva e vive gli straordinari cambiamenti del XX secolo. Se durante l’infanzia Maria fatica nei campi, da adulta, dopo il trasferimento in città e un lavoro come tecnica di laboratorio, si scontra con problemi quotidiani non meno impegnativi e stressanti. L’autrice racconta in modo trasparente il passato della madre perché sa che l’eredità più importante che ci sia è la memoria.

Ilaria Del Boca


La buona educazione – Alice Bignardi

E/O Edizioni

Il rapporto madre-figlia è il tema di un altro romanzo d’esordio, quello di Alice Bignardi che, nelle 128 pagine de La buona educazione, smantella con efficacia pezzo dopo pezzo molti dei luoghi comuni sulla maternità. Al centro del romanzo ci sono Lisa e Antonella, rispettivamente figlia e madre, due persone molto diverse, abituate da sempre allo scontro. Nulla di strano fin qui, capita spesso di litigare in quasi tutti i contesti famigliari, anche in quelli migliori. Probabilmente, però, è proprio l’idea di primeggiare a tutti i costi a trasformare il loro legame in una costante tempesta emotiva. Antonella cerca di plasmare Lisa a sua immagine e somiglianza non rendendosi conto di quanto il suo atteggiamento non faccia altro che aumentare le distanze con la figlia. A un certo punto punto la madre si ammala e le due protagoniste capiscono di non conoscersi affatto. Le discussioni continuano e la mancanza di dialogo acuisce una situazione già di per sé complessa.

La buona educazione impartita da Antonella a Lisa ha due grandi difetti: il rigore eccessivo e la carenza di strumenti necessari per comprendere felicità, dolore e paura della perdita. Alice Bignardi sintetizza in poche pagine diversi temi ampi e complicati, ma lo fa utilizzando un linguaggio semplice e accessibile a chiunque, ribaltando le convinzioni e scardinando il pensiero unico.

Ilaria Del Boca


LO SPAZIO DELLE DONNE


Il cavo dell’onda – Alice Rivaz

Edizioni Pagina Uno, traduzione di Alberto Panaro

Mezza vita passata a lavorare per l’Organizzazione Internazionale del lavoro a Ginevra, tre romanzi pubblicati negli anni ’40 tra mille difficoltà, ma la produzione letteraria di Alice Rivaz decollerà solo negli anni ’60, quando andrà in pensione. Lei, una delle più grandi scrittrici svizzere del XX secolo, troverà la sua dimensione a sessant’anni, inarrestabile nella volontà di ritrarre le donne nella società patriarcale che ha visto da vicino. La sua è una vita lunga un secolo e nonostante il talento e la modernità è stata dimenticata a lungo. È tornata alla ribalta, fortunatamente, con le pubblicazioni di Paginauno. “Il cavo dell’onda”, in particolare, è il seguito di “Come la sabbia”, sempre edito da Paginauno, e segue le vicende degli stessi personaggi, ma soprattutto di Hélène, una quarantenne a Ginevra negli anni immediatamente precedenti alla Seconda Guerra Mondiale. Ci sono tutti i temi femministi di Rivaz: la scrittura delle donne, quella a cui rimarrà fedele per tutta la sua opera, e il ruolo che ricoprono in una società maschilista con una guerra nell’aria e i totalitarismi che avanzano. Ma, nonostante questo, Rivaz è capace di ritagliare lo spazio utile per indagare donne che navigano l’invecchiamento e il lavoro con coraggio e spirito indipendente. Non sarà un caso se Annie Ernaux definirà Rivaz, anni dopo, «una vera sorella di femminismo».

Alessia Ragno


Lo spazio delle donne – Daniela Brogi

Einaudi

 

Fate l’esercizio di contare quanti libri leggete all’anno e quanti di questi sono scritti da donne e salvo rari casi virtuosi l’esito è quasi lo stesso per tutti: una disproporzione quasi irragionevole tra firme maschili e femminili. Questo non avviene soltanto nella scelta di letture per diletto, ma è lo standard dei manuali di testo, in un’opera di rimozione della letteratura delle donne in favore di idee di talento e genio plasmate sul maschile. Il libriccino, piccolo ma denso, di Daniela Brogi uscito per Einaudi proprio l’8 marzo si muove a partire da questo punto di riflessione: lo spazio che le donne hanno avuto in letteratura, come scrittrici e come personagge, criticando i presupposti patriarcali che lo hanno permesso. Tra riferimenti alla storia passata e contemporanea, e citazioni altre autrici – importantissime non soltanto per rigore bibliografico, ma anche per sottolineare che ogni femminista ha pensiero che è proprio ma anche frutto di una genealogia di riflessioni di altre che sono venute prima di noi – diventa così una lettura breve ma in grado di spingere a mettere in discussione il proprio sguardo sulla letteratura.

Martina Neglia


ELSA & PIER PAOLO


Elsa – Angela Bubba (Ponte alle Grazie)

Caro Pier Paolo – Dacia Maraini (Neri Pozza)

Tra le nuove uscite di febbraio e marzo, spiccano due libri il cui fine è sicuramente lo stesso: ricordare due personalità importantissime della nostra letteratura del Novecento e della cultura tutta, in modo diverso. In qualche modo farli vivere di nuovo attraverso i fatti della loro vita e delle loro opere. Due personaggi legati a doppio filo, anzi si potrebbe dire anche che siano tre, data l’autrice di uno dei libri, ma andiamo con ordine.

La prima è la biografia romanzata di Elsa Morante scritta da Angela Bubba per Ponte alle Grazie e proposta al Premio Strega 2022 da Laura Pugno. Si intitola Elsa e in ogni sua pagina vuole ricordarci chi è Elsa Morante, dalla sua infanzia da bambina triste che, crescendo, cerca ben presto di rendersi indipendente, passando per il primo incontro con Moravia in una birreria frequentata da tanti intellettuali a Roma, e via via la loro relazione, il matrimonio in chiesa, la fuga nelle campagne intorno a Fondi prima e, successivamente, sopra Sant’Agata (vi ricorderete della Ciociara, vi ricorderete della Storia, per l’uno e per l’altro) e poi e poi e poi, tutta la sua vita fino a quell’ultimo anno, il 1985. Un’impresa grandissima, quella di Bubba, che dimostra di conoscerla bene Morante e che, sicuramente, dà modo a chi ancora non l’avesse conosciuta di entrare un bel po’ a contatto con Elsa. Anche se Elsa probabilmente avrebbe disdegnato un romanzo simile. Non dimentichiamo che voler scrivere un romanzo su una vita così sia sì una fatica eccezionale, ma che si porta costantemente dietro il rischio di inciampare in un terreno accidentato e questo è un fatto di cui si deve tener conto.

Se nel romanzo Elsa sbuca un certo Pier Paolo, nell’epistolario di ricordi Caro Pier Paolo spunta una certa “mamma-nonna” Elsa, era inevitabile, la loro era un’amicizia profondissima e, per certi versi, difficile. A scriverlo è Dacia Maraini, a sua volta legata per la vita sia all’una che all’altro. Un susseguirsi fitto fitto di lettere agrodolci, in cui Maraini parla con Pasolini, lo ricorda, lo interpella su fatti di attualità, lo sogna più di qualche volta. Molto bello leggere le parole di chi, scrittore, ha conosciuto, anzi di più, ha condiviso parte della propria vita con un altro scrittore che, senza dubbio, ci è stato strappato troppo presto. Allora ecco anche qui i primi incontri, Pier Paolo con il suo giubbotto di pelle e gli indimenticabili stivaletti, le dune di Sabaudia e quella casa poi comprata insieme da lui e Moravia, lavorare insieme per il cinema, i viaggi, le persone della vita di Pier Paolo, Pier Paolo… caro Pier Paolo, ecco un bel regalo che ti ha fatto Dacia per i tuoi 100 anni.

Federica Guglietta


RACCONTI


Leggere possedere vendere bruciare – Antonio Franchini

Marsilio

«Siamo i discreti depositari dei più farneticanti narcisismi, di querule recriminazioni, imprevedibili debolezze, perdite del senso di realtà, delle più macchinose manie di persecuzione e dei più patetici entusiasmi.»

Una vita – letteralmente – spesa a leggere libri è quella di Antonio Franchini, storico editor e direttore editoriale di Mondadori, attualmente direttore editoriale di Giunti Editore, e scrittore dotato di cuore e ironia. Un “cinico sentimentale” che in questa raccolta di racconti esplora il libro -questo oggetto spesso idealizzato – nel suo quotidiano esistere tra passione e lavoro, commercio e distruzione. Tra ricordi e ritratti di personalità del mondo dell’editoria, un mondo per niente asettico e ideale, ma pulsante di rivalità e arguzie, vizi e manie, Franchini ci consegna i retroscena dell’Italia dei premi letterari, sanguigna e vitale, ma anche quella che occupa l’ombra di scrivanie, dove pile di datiloscritti non vedranno mai la pubblicazione. Un piacere, quello della scoperta e del farsi tramite tra autori e pubblico, insidiato dal tempo e governato dalla casualità, e che porta con sé carichi tracimanti di scene letterarie: famose, sconosciute, pubblicate o no, rivendicanti il proprio spazio nella memoria, una fugace e inestirpabile, spesso segreta gloria. Dal feticismo del bibliofilo al nichilismo di chi realizza che tutto e niente – conoscenza e sommo spreco – non sono che punti diversi di un viaggio di scoperta, vano e ineluttabile come ogni viaggio poiché destinato alla fine, Leggere possedere vendere bruciare è una guida preziosa alla realtà dietro l’ideale, che ha un suo modo, amaro, di essere romantica.

Simona Ciniglio


GUERRA


Trilogia della guerra – Agustín Fernández Mallo

Utopia, traduzione di Silvia Lavina

Trilogia della guerra dello spagnolo Agustín Fernández Mallo è l’ultima pubblicazione di una casa editrice giovane e utopica, e pure uno dei libri più godibili di inizio anno. Con il suo Nocilla Dream, Mallo ha dato nome a una generazione di scrittori spagnoli, la generazione Nocilla, giovane e ardita, frammentaria e pop-punk. Questa vocazione alla frammentarietà la ritroviamo in Trilogia della guerra: Mallo esplora la dimensione frattale di Sebald, un Sebald pop, più vicino a Frida Khalo che a Rembrandt, con una scrittura impetuosa che mette insieme lo sguardo del fisico e del poeta, Newton e il post-poeta, a cui Mallo ha dedicato il manifesto della Postpoesía – e che bello sapere che da qualche parte ancora si scrivono nuovi manifesti poetici. Trilogia della guerra affonda con energia nella guerra civile spagnola, nel Vietnam e nello sbarco sulla costa di Normandia durante la Seconda Guerra Mondiale, tre sguardi in cui riaffiorano rimembranze e si incrociano storie e fantasmi del passato d’Europa. Nel libro troveremo le foto, proprio alla maniera di Sebald, in un crescendo di allusioni che sfinisce in un dialogo sullo scrittore tedesco nell’ultima parte della trilogia. La scrittura di Agustín Fernández Mallo è fatta di materia affascinante, incatalogabile gorgoglio immateriale di ricordi e apparizioni.

Giovanna Taverni

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