Tre città per il Record Store Day: Bristol, Berlino e Napoli

Dalla prospettiva di chi non compra molti dischi, magari per motivi economici, magari per motivi di spazio, per esempio perché, sempre in movimento, non sa dove metterli, o ancora, magari, perché non crede nella superiorità del vinile – il grande ritorno del culto del disco ha infatti creato anche una fazione di vinile-scettici – il Record Store Day può essere un evento che scivola facilmente a fianco, senza che uno se ne accorga. In fondo, per i più, si tratta solo di un giorno in cui esce una sfilza di edizioni speciali per mitomani, che si fiondano a frotte a comprarli. Sempre tenendo presenti le diverse situazioni locali e nazionali, siamo comunque molto lontani dal 2007 in cui questo evento è nato, negli Stati Uniti, come occasione per supportare i negozi di dischi indipendenti e il disco, in un periodo in cui la musica digitale stava facendo piazza pulita anche di chi si limitava a mettere sui banchi i CD: con il vinile restituito alla sua antica gloria e i negozi di dischi tornati a cavalcare l’onda, può sembrare che questa festività abbia perso la sua patina di eccezionalità, un po’ come capita con il Natale e Capodanno.

È stato così anche per il sottoscritto: ho oscillato tra le prime due categorie – certamente non la terza – prestando poca attenzione a questo evento finché un sabato di aprile, due anni fa, a Bristol, non mi è capitato di esserne travolto e di capire davvero di che cosa si tratta: un’esperienza che mi ha attraversato così intensamente, da diventare il motivo d’ispirazione della mia prima rubrica per l’Indiependente, Bristol Sound – che virtualmente, passando per la sua mutazione in Berlin Sound, domani festeggerebbe i suoi due anni di vita. A Bristol, infatti, il Record Store Day è un evento totale, che si aspetta con ansia e che si annuncia con mesi di anticipo, nonostante i negozi di dischi della città siano due o tre. Difficile dimenticare lo spettacolo della folla ammucchiata fuori al Rise di Queens Road, prima in religiosa fila, la mattina dalle 7, in attesa che alle 10 si aprano le porte del negozio, poi ammucchiata dentro, fuori, intorno al negozio fino a sera inoltrata per ascoltare i gruppi che si alternano ai DJ, commentando gli acquisti di chi sta a fianco e discutendo delle uscite recenti in un’unica, felice comunità finalmente riunita. Anche l’anno scorso, mi sono trovato a tornare a Bristol, neanche a farlo apposta, durante un sabato di Aprile, senza accorgermi che si trattava del terzo sabato del mese, e di nuovo, il Record Store Day mi ha investito all’improvviso, quando mi sono trovato per caso fuori al mio negozio di dischi preferito. Il ritorno in città è stato ancora più potente, perché accolto dalla sfilata dei mei gruppi locali preferiti, in cima a tutti gli Scarlet Rascal, che proprio in occasione del Record Store Day presentavano il loro primo disco, giustamente, in vinile. Quest’anno, invece, che ho deciso affrontare il Record Store Day con l’adeguata preparazione, non mi capita di essere a Bristol – dove il Rise ha preparato un programma di tutto rispetto.

Per il terzo anno della mia personale relazione col Record Store Day, infatti, mi trovo invece a Berlino, una città che nel mio rapporto col vinile conserva un rapporto speciale e in cui, quindi, ripongo grandi aspettative: infatti, il primo record shop di cui mi sono innamorato, correva l’anno 2010, è stato lo Space Hall di Kreuzberg. In quel periodo ero molto più di casa nella zona tra Meringdamm e Südstern che con Prenzlauer Berg e Neukölln, Kreuzberg era indiscutibilmente IL quartiere di Berlino in cui essere, e l’enorme sala dello Space hall ai miei occhi costituiva un anacronismo che non capivo, ma che mi sembrava bellissimo: un spazio in cui erano stipati solo vinili, a centinaia, a migliaia – nel periodo in cui a Napoli avevano praticamente chiuso praticamente tutti i negozi di musica, che peraltro vendevano ormai solo CD – e che in vetrina, invece delle hit del momento, mostrava le nuove uscite di Blonde Redhead, National, Nick Cave, insomma, dei miei dischi del periodo. Tornato a casa, credo che chiunque mi abbia sentito raccontare questa esperienza mi abbia preso per visionario. A Berlino, il Record Store Day raggiunge numeri più alti che a Bristol, i negozi di dischi coinvolti nell’iniziativa sono almeno una ventina, tanto che in Germania c’è un sito appositamente dedicato a chi vuole seguire gli eventi. Nella lista delle venues berlinesi che hanno programmato concerti in negozio, troviamo, curiosamente, grosse catene come il Dussman di Mitte, a Friedrichstrasse, e hhv.de, ma anche veri indipendenti, come Vopo Records di Prenzlauer Berg, Dodo Beach, e Rock Steady Records. Non manca, ovviamente, chi se ne tiene in disparte e critica, invece, come fa il proprietario di un altro negozio di dischi storico di Kreuzberg, il Record Loft, che sul mensile degli expats di Berlino, ExBerliner, lamenta come questo sia diventato un semplice modo per le etichette minori di vendere più dischi, e in particolare dischi che non comprerebbe nessuno, imponendo ai negozianti di comprare uno stock da 2000 euro di dischi in uscita speciale per aderire all’iniziativa che poi vanno venduti praticamente in 24 ore. Mi sembra di capire che anche a Berlino ci sia chi sottovaluti quello che io, da romantico appassionato, ho concepito come lo spirito originale di questo evento: ossia quello di trasformare i negozi di dischi in posti abitabili e godibili per un’intera giornata, in cui accogliere gli appassionati, e non semplicemente come i posti in cui si vendono dischi. Forse in una megalopoli come Berlino, che non ha la compattezza e la densità di musicomani per metro quadrato di Bristol, è più facile che dell’evento si percepisca principalmente la superficie: vedremo dunque se l’underworld dei record stores berlinese saprà rivelarsi all’altezza dell’attesa, e raccogliere la sfida lanciata dal South-West britannico.

In ogni caso, certo suscita una certa insofferenza in chi scrive, questo personaggio locale della comunità di Kotbusser Tor, che almeno sa bene cosa significa avere intorno un vero e proprio Record Store Day… La mia mente, leggendo quelle righe, è rapidamente tornata in Italia, dove dieci anni dopo, questo evento continua ad avere una risonanza piuttosto limitata – d’altra parte, io per primo lo vivrei con l’ansia di trovarmi nel negozio Calcutta o, addirittura, Savastano – e quest’ultimo, in particolare, mi riporta a Napoli, che negli anni passati, certo non mi ha dato alcuna ragione per fare di questo giorno una ricorrenza. Nella mia città di origine, tuttavia, il Record Store Day negli ultimi anni ha trovato una sua minuscola dimensione, diventato un fenomeno di resistenza, animato da una piccola comunità agguerrita che si concentra intorno al negozio Oblomova, a San Sebastiano, praticamente l’unico vero e proprio negozio di vinili del centro, che ci tenuto ad organizzare un evento per festeggiare la salute del vinile con il suo giro di acquirenti locali.

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