TOY – Live Report @ Roma Vintage 2014

TOY

Si erano formate delle nuvole orribili intorno alle 18:00 di giovedì scorso. Sembrava dovesse arrivare la tempesta dell’anno e in effetti è arrivata. Un’ora di pioggia incessante ha colpito Roma Est travolgendola, creando pozzanghere e fango, allagando strade, fermando autobus e automobili. Alle 19:00 però è apparso un tramonto arancione che ha prosciugato i danni e ha lasciato il fresco.

In questa cornice hanno suonato i TOY, nell’ambito del Roma Vintage nel quale io e un amico bassista (senza il quale una parte di questo scritto non ci sarebbe) ci siamo legalmente intrufolati: un concerto per pochi intimi, al massimo un’ottantina di persone, tutti però abbastanza coinvolti dalla coesione di un gruppo energico, forte, convinto e soprattutto “metodico”. Qualche parola di commiato in un italiano stentato, qualche accordatura qua e là e sono partiti: una linea di basso decisa e padrona, che dettava i tempi di tutta la ritmica ed è andata avanti così fino alla fine.

Il live si è aperto con Conductor, primo pezzo del nuovo disco, Join The Dots: un brano che si è aperto con lentezza per divenire gradualmente sempre più forte, con sonorità sempre più energiche e cavalcanti, fino ad arrivare alle distorsioni più “noise” nella parte finale, lasciando il pubblico senza fiato, quasi tramortito ma in senso buono. In qualche modo abbiamo tutti compreso in quel momento come sarebbe andato il resto del concerto. Bene, ovviamente.

Sciolto il ghiaccio, il gruppo capitanato da Tom Dougall (il quale ha deciso di presentarsi con un chilo di eyeliner) ha eseguito Colours Running Out  del vecchio disco: quest’alternanza tra vecchio e nuovo album è proseguita con un certo equilibrio e anche con scelte ragionate: As We Turn seguita da Motoring era armonicamente perfetta e tutta la setlist sembrava costruita con coerenza e studio.

Unica nota dolente: un problema di timing. Verso la fine (forzata a quanto pare) un addetto dell’organizzazione si è avvicinato per comunicare ai TOY che avrebbero dovuto suonare gli ultimi due pezzi; da bravi ragazzi quali sono però hanno deciso di fregarsene e ne hanno fatti tre, compreso il singolo del momento (e title-track dell’ultimo disco) “Join The Dots”, la quale si è piacevolmente stampata in testa per tutta la strada del mio ritorno in auto.

Le tre cose che bisogna assolutamente sapere sulla serata:

1] Alejandra Diaz al synth era di un carisma inarrivabile, seria, a tratti danzante, concentratissima e musicalmente impeccabile; contibuisce al sound del gruppo in maniera determinante e probabilmente senza di lei il concerto avrebbe perso un buon 50% di gradevolezza e di coerenza strutturale.

2] Il bassista, Maxim “Panda” Barron, è una roccia, la base solida del gruppo, preciso al millesimo del millesimo di secondo e probabilmente gli affiderei le chiavi di casa senza nemmeno parlarci: senza di lui non ci sarebbe la scioltezza e la sicurezza degli altri.

3] L’adorabile coppietta di cinquantenni ubriachi al centro del pubblico che, tra una canzone e l’altra, suonava fiera una trombetta per attirare l’attenzione. Normalmente mi avrebbero infastidito, ma non è successo e in qualche modo lì in mezzo ci stavano benissimo.

I TOY sono persone che sanno cosa stanno facendo sul palco quando si esibiscono, suonano in modo stentorio, fiero, pulito e preciso e senza troppi fronzoli. Detro l’eyeliner di Dougall si cela anche una buona dose di umiltà e sicuramente parecchio studio, ma anche la consapevolezza che non c’è bisogno di strafare per fare buona musica e coinvolgere.

Setlist:

1. Conductor
2. Colours Running Out
3. Too Far Gone To Know
4. Kopter
5. It’s Been So Long
6. Left Myself Behind
7. As We Turn
8. Motoring
9. Fall Out Of Love
10. Heart Skips
11. Join The Dots

Alejandra Diaz, luce sul volto e lente sporca: ma il carisma è lì. Giuro.
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