È da poco uscita, per Interno4, la terza edizione di Tondelli e la musica: colonne sonore per gli anni ’80. Con il curatore del volume e amico di Pier Vittorio, Bruno Casini, ci siamo fatti una lunga chiacchierata sulla Firenze degli anni ’80, gli Smiths, la tv sempre accesa a casa di Pier, Pasolini e molte altre cose.
Partiamo presentandoti: Bruno Casini, giornalista, animatore culturale, scrittore, “sperimentatore”, da una tua citazione da Un weekend postmoderno. Che definizione daresti alla tua esperienza di vita finora’?
Io faccio parte di quella generazione che si è formata negli anni ’70, come Tondelli, e grazie agli anni ‘70 poi ho fatto gli anni ‘80, questo ci tengo a sottolinearlo. In ambito universitario, mi sono laureato con Pio Baldelli, uno dei più grandi studiosi di cinema in Italia, in Storia del Cinema nel ‘78; poi le esperienze politiche: occupazioni, concerti, festival, la gestione di uno spazio chiamato Banana Moon a Firenze, dove si faceva cultura alternativa, teatro, performance. Poi sono arrivati gli anni ‘80: ho curato la programmazione di spazi come il Tenax, il Manila, il Casablanca, il Pitti Trend. Musica e moda sono i riferimenti del mio lavoro e della mia vita. In questo contesto ho conosciuto e frequentato Pier Vittorio, che ha vissuto quasi 5 anni a Firenze, fino al 1986 circa, per poi trasferirsi a Milano. Noi l’abbiamo vissuto come un amico, come frequentatore di notti, di concerti, eventi. Uscivamo spessissimo la sera; inoltre io facevo parte della redazione di Westuff, un trimestrale di arte, moda e spettacolo, e Pier Vittorio ha collaborato con noi nel primi numeri. Pier Vittorio era uno della nostra family, in questa rivista che dirigeva il Pitti Trend, manifestazione nata nel 1987 e dedicata agli stilisti alternativi dell’epoca, che si teneva due volte all’anno. Pier Vittorio partecipò a un talk a Pitti Trend (nell’87 o ’88) sulla moda, insieme a Elio Fiorucci, Pio Baldelli, Roberto d’Agostino, e fu uno dei primi a lanciare il concetto della tribù giovanile metropolitana: concetto interessante all’epoca, quando si stavano formando discorsi riguardo il look, il feticcio, l’estetica, l’eccesso; Pier Vittorio parlò molto di tribù giovanili e di Londra, città che amava, e che paragonava alle foreste amazzoniche nel modo di riprodursi velocemente nel sottobosco, nella flora e nella fauna. Una similitudine che mi colpì molto. Gli atti di questo convegno vennero pubblicati poi postumi da Fulvio Panzeri, a metà anni ‘90. Lui poi era molto amico con i membri dei Magazzini Criminali (compagnia teatrale fiorentina) di Sandro Lombardi: ha anche vissuto a casa sua. La formazione comune era questa. Altri libertini è la risultante degli anni ’70, i discorsi sulla marginalità, la droga, la solitudine, le radio libere (come Controradio, nata nel 1976 a Firenze e ancora attiva). Altri Libertini, insieme con Pao Pao, è il suo saluto agli anni’70.
A proposito del rapporto tra anni ‘70 e anni ‘80, tu vieni citato in Un weekend postmoderno come appartenente a quella “fauna d’arte”, definizione che sottolinea un’organicità ai luoghi, alle manifestazioni culturali e ai modi di stare insieme. Parlando di Firenze Tondelli segnalava una differenza sostanziale con altre città europee: il mantenimento del centro storico, dell’impianto urbanistico medievale, l’osservazione delle piazze del centro fiorentino che a ore diverse del giorno si popolano di faune diverse.
Firenze ha dato il via al movimento alla dark community italiana, che si rifaceva all’uso del colore nero nel vestirsi, a un’estetica decadente e romantica, in riferimento a personaggi come Ian Curtis dei Joy Division. Qui è nato uno dei primi locali dark, la Rokkoteca Brighton a Settignano, dove sono nati i Litfiba, la cui prima fase era molto dark, ombrosa, nichilista. Pier Vittorio abbinava questa cultura dark alle ombre notturne dei palazzi rinascimentali, austeri, incombenti; c’era questa dimensione del decadentismo unita alla comunità dark fiorentina, che dal Brighton si estese poi a tutta la città: anche i primi due anni del Tenax ad esempio vedevano un pubblico rigorosamente vestito di nero.
Passerei a parlare del libro da te curato, Tondelli e la musica: Colonne sonore per gli anni ’80. Un libro uscito in prima edizione nel ‘94. Leggendo il libro si percepisce un grande affetto nei confronti di Tondelli, una sorta di “biglietti a un amico”, per riprendere il titolo di un suo libro.
Pier Vittorio ci lascia nel dicembre ‘91, e fu un fulmine a ciel sereno: sapevamo che non stesse bene ma non ci aspettavamo che le cose andassero così velocemente. Io l’ho visto l’ultima volta a un concerto di Wim Mertens nell’estate ‘89 al museo Pecci a Prato. Il libro nasce nel ‘93 durante un’edizione dell’Indipendent Music Meeting, una mostra mercato annuale dove convenivano tutte le etichette indipendenti italiane e internazionali: per tre giorni i discografici si confrontavano sul mercato, la promozione, la comunicazione, la qualità, le tendenze etc. Nell’edizione ‘93 decisi, come direttore artistico del meeting, di fare un forum su Pier Vittorio e i suoi legami con musica. Vennero molti di quelli che sono nel libro: Giovanni Lindo Ferretti, Sandro Lombardi, Giancarlo Cauteruccio, Fulvio Paloscia e altri. Registrammo il forum e la Tosca edizioni nel ‘94 lo ha editato. Era una casa editrice di Firenze, la collana, che dirigevo, si chiamava I Marzziani, ed era al suo secondo titolo dopo un libro sul rap in Italia. Nel ’98 Baldini & Castoldi mi chiese di rieditarlo e entrò in campo Fulvio Panzeri, il testimone e responsabile del lascito dell’opera di Tondelli. Panzeri ha seguito tutto Tondelli dal Weekend Postmoderno, che fecero praticamente insieme. Fulvio fece questa bellissima introduzione che c’è ancora (il libro è dedicato a lui che se ne è andato un anno fa) e mi aiutò a trovare contributi nuovi (Gabriele Romagnoli e Filippo Petto). La terza è questa, con Interno 4, e i nomi nuovi sono Massimo Zamboni, Stefano Pistolini (che ha girato il documentario Ciao Libertini, uscito l’anno scorso su Sky), Pierfrancesco Pacoda, (giornalista che si occupa di club culture). Il libro è un viaggio nel rapporto di Tondelli con la musica: io come tanti altri aspettavo ogni mese Rockstar (rivista con cui Tondelli ha collaborato dall’85 all’89) con la sua rubrichetta Culture Club che ci dava consigli. Tante cose le ho conosciute grazie a quella rubrica, che era un riferimento culturale importante. Scriveva dei suoi amati Smiths fino a Wim Mertens, che adorava, di Philip Glass, David Bowie, Iggy Pop, i Bronski Beat. Il suo ritmo letterario era quasi sonoro: tanti anni fa partecipai alle Giornate Tondelli a Correggio, appuntamento annuale organizzato dal Centro di Documentazione Tondelli, e compilai una playlist su Tondelli, musica degli anni ‘70 e ‘80 scelta attraverso le citazioni nei suoi lavori.
Tra l’altro alla fine di Rimini (suo secondo romanzo) c’è una vera e propria playlist di brani in qualche modo legati al libro, una cosa molto attuale…
Ogni suo romanzo ha una colonna sonora precisa e rigorosa: Altri Libertini ad esempio ha Guccini, il punk, Iggy pop, Gianfranco Manfredi, De Gregori. Tra l’altro lui è stato uno dei primi a intervistare Giovanni Lindo Ferretti a un concerto dei CCCP al Tarantula, locale tra Reggio Emilia e Parma. L’intervista si intitola Punk falce e martello (presente in Un weekend postmoderno); ha intervistato Pelù, Federico Fiumani che amava molto; per l’Espresso fece questo reportage che si chiamava Tour in Italia, da Torino a Lecce: in ogni città trovava dei riferimenti musicali e teatrali da intervistare, da Johnson Righeira con i Monuments a Torino, a Mario Martone e i Panoramics a Napoli, i Band Aid a lecce, i Gaz Nevada, gli Skiantos a Bologna. Tra l’altro Freak Antoni mi disse che Pier Vittorio scrisse due testi per gli Skiantos, mai musicati: quei testi sono nel libro.
Tornando a Correggio, tu hai partecipato nel 2004, e in quell’edizione c’era anche il prof. Fabrizio Frasnedi, che mi ha fatto conoscere Tondelli nelle sue lezioni a Bologna. Leggendo l’incipit di Autobahn ci disse di fare attenzione al ritmo della scrittura prima ancora che al contenuto. A questo proposito Panzeri scrive che il richiamo ai riferimenti musicali è impianto strutturale dei libri. Si diceva poi che Tondelli scrivesse con Videomusic (una proto-MTV) sempre acceso, com’era nel quotidiano questo suo legame tra musica e scrittura?
Fabrizio era una persona molto colta ma anche alla mano, molto carina. Quando andavo a trovare Pier a Milano aveva questa tv sul pavimento che mandava Videomusic di continuo: quando era solo teneva l’audio acceso, quando c’era qualcuno invece solo video. Era un oggetto postmoderno ornamentale. La musica è sempre stato il background per la sua scrittura: molto spesso, parlando con lui, la musica gli dava un input per scrivere storie, partiva da lì. Se analizzi i suoi libri, Altri Libertini è rock, Pao Pao è jazz, sperimentale e improvvisato; Rimini è pop, leggero, mentre Camere Separate è il libro dark, in cui si annida la morte (non stava già più bene in quel periodo). C’era sempre un tappeto sonoro su cui far andare la sua scrittura, il suo fluire di parole. Le nuove generazioni lo scoprono ancora dopo quasi 31 anni, la cosa pazzesca è che molti ragazzi giovani leggono Tondelli: io insegno comunicazione in una scuola privata a Firenze e spesso lo consiglio ai miei studenti e loro dopo Altri libertini rimangono folgorati. Io non ho ancora capito oggi chi abbia preso il posto di Tondelli.
Bella domanda…
Molti hanno fatto paragoni con i minimalisti anni ‘90, Leavitt, McInerney, Easton Ellis, però io non ci ritrovo le sensazioni, le vibrazioni, l’autenticità, l’attaccamento, la sintonia delle pagine di Tondelli, che ti toccavano davvero in prima persona. In Italia nel 2022 non ho ancora capito chi ha preso il suo posto e se qualcuno ci riuscirà.
Ellis può avvicinarsi per il rapporto con la musica, per certe scene crude e dirette. Non c’è però quello spunto personale. In Tondelli la vita si fa libro nel momento stesso in cui accade: Panzeri scrive nel libro che Tondelli è uno scrittore epico perché fissa sulla pagina le cose nello stesso momento in cui avvengono, c’è sempre questa componente di oralità diretta. Non ci sono mediazioni: Tondelli è sì letterario, perché ogni sua riga echeggia altre pagine letterarie, ma non c’è stilizzazione o imitazione.
È anche bello il passaggio dagli anni ’70 agli ’80, da Bologna a Firenze. Lui ha vissuto Radio Alice quel fermento giovanile, il marzo ”77, l’atmosfera della parte creativa della politica italiana, fino al passaggio a una Firenze glamour, leggera, spettacolare, con la cultura dell’eccesso, della performance teatrale. È interessante il passaggio tra ’70 e ’80 e Bologna e Firenze, vorrei raccontarla in un forum che vorrei fare a Firenze.
A questo proposito, ricordo un suo scritto su Kerouac contenuto nel Weekend Postmoderno, dove dice che la sua lettura cambia la percezione dello spazio della provincia: allora abbiamo la via Emilia che diventa il corso principale di una città della notte che va da Reggio Emilia a Rimini, ad esempio; o l’Autobrennero che ti porta da Carpi ad Amsterdam senza nemmeno una curva, in Altri Libertini. La provincia con i suoi spazi che da desolati diventano oasi di possibilità.
In Altri Libertini c’è molta provincia, con le sua marginalità; d’altronde la maggior parte del libro è stata scritta a Correggio.
Tornando alla musica, Tondelli amava gli Smiths ,e tu ricordi che la sua canzone preferita era The Queen is Dead. C’è un suo pezzo su Morrissey e i suoi riferimenti letterari (Oscar Wilde su tutti), dove si legge un passaggio dedicato ai testi degli Smiths, e in particolare alla componente del masochismo. A proposito di contatti tra musica, letteratura e vita, in Camere separate il protagonista si trova ad avere un’esperienza BDSM in un club, e quelle pagine sembrano riecheggiare le sue riflessioni su Morrissey, sul masochismo, l’amore omosessuale vissuto anche alla luce del dolore, volendo anche rispetto ad abusi subiti, e più in geneale alle difficoltà di vivere un amore omosessuale ai tempi.
Gli Smiths sono stati un progetto musicale diverso rispetto alla scena del tempo. Morrissey ha sempre parlato di amore e amicizia nei suoi testi in modo rigoroso, lontano dalle, come scrive Pier “scheccate” di Freddie Mercury e Bronsky Beat, o le “baracconate” di Iggy Pop e David Bowie o dal Pride di Tom Robinson. Morrissey analizza certi momenti, certi approcci in maniera molto colta, questa è la cosa che è sempre piaciuta a Pier Vittorio; il romanticismo che pervade Morrissey anche dal vivo (i gladioli attaccati ai jeans e poi lanciati sul pubblico), riferimenti cinematografici e letterari: Oscar Wilde ma non solo; recentemente l’ho visto dal vivo e ha tuttora grandi riferimenti al cinema italiano, che adora e conosce bene.
Rileggevo il report di un concerto dei Bronski Beat a Berlino nell’84, dove Tondelli mette quasi in contrapposizione il pubblico adolescenziale, impegnato in una “ricerca della propria identità sessuale”, e l’impegno nella “lotta contro le istituzioni che rendono questa ricerca assai difficile”.
Una cosa attuale. I Bronski Beat erano più militanti, più chiari. Jimmy Somerville (cantante dei Bronski Beat) infatti è sempre stato legato ai movimenti giovanili LGBT inglesi, ai Pride, anche sostenendoli economicamente e facendo concerti gratis in quelle occasioni.
Nel libro Sandro Lombardi scrive che Pier Vittorio coltivava “un culto sia della giovinezza che della musica”, e più avanti che la giovinezza fosse “un tempo doloroso e mitico”. Nei libri di Tondelli mi pare che ci sia sempre una nostalgia di qualcosa di perso, ma non in termini malinconici: è più una memoria o una tensione costante verso il fatto che si è (stati) giovani e che si possa e si debba sempre vivere intensamente. A tal proposito una delle sue canzoni preferite, Sunday Morning dei Velvet Underground recita “it’s just the wasted years so close behind”: non un abbandono malinconico al ricordo ma la consapevolezza che certe cose sono ancora vicine e non vanno mai perse.
La nostalgia di Tondelli è una nostalgia più da racconto che da ricordo. Pier Vittorio non ricorda, racconta, e questa è la sua forza, scrive delle cose che possono dare un supporto importante a chi legge i suoi libri. La sua è una nostalgia produttiva e curiosa, che mette anche gioia se vuoi: una nostalgia formativa, che ti lascia delle cose e te le fa approfondire. Quando si leggevano i suoi articoli, su Linus, sul Corriere, su Rockstar, si andava subito a cercare chi fossero gli artisti citati, rappresentava un input importante per la nostra formazione. Come dice Fulvio Paloscia nel libro, Tondelli è stato il primo rock reporter italiano, mentre Ernesto De Pascale lo chiama “uomo generazionale”.
Tornando alla musica, Tondelli racconta anche di un concerto dei Cocteau Twins a Firenze…
Quello è un concerto che mi è rimasto nel cuore e nella mente. Io li adoravo: incidevano per la 4AD, etichetta per me fondamentale. Quella sera andammo con Giuseppe Guidetti e Pier al Tenax, che era strapieno fino all’inverosimile. In quel caso io e Tondelli eravamo più dei fan che osservatori. In generale, la bellezza di Firenze in quegli anni era trovare personaggi incredibili accanto che venivano in città e poi sono rimasti a viverci, come David Leavitt, David Byrne dei Talking Heads, Fernanda Pivano, Steven Brown dei Tuxedomoon: tutta gente che rimaneva, attratta da quella creatività che c’era a Firenze.
Ma di cosa si parlava, poi, dopo quei concerti, in quelle serate?
Con Pier si parlava a 360 gradi, un po’ di tutto, anche di gossip culturali, le storie anche private dei vari artisti. Nel libro c’è questo intervento di Derno Ricci, fotografo amico di Pier Vittorio, ci frequentavamo spesso anche a casa sua: lui paragona la lettura di Altri libertini all’ascolto del primo album dei King Crimson: il primo gli ha cambiato il modo di leggere, mentre il secondo il modo di ascoltare la musica. Altri libertini è stato un pugno nello stomaco, in senso positivo, per la letteratura italiana. All’epoca ricevette molte critiche, non solo per un discorso di tipo morale: ad esempio, nel mondo della sinistra Altri Libertini non fu amato subito. Il rapporto che salta all’occhio è quello con Pasolini, la cui storia è quasi parallela.
Pasolini cacciato dal PCI…
Certo, gli venne tolta la tessera del partito in Friuli; poi è stato recuperato dalla sinistra dopo la sua morte, come accade spesso… diciamo che hanno degli aspetti in comune.
Per me un tratto che li definisce entrambi è la dolcezza: nei confronti degli altri soprattutto, della propria infanzia, del ricordo.
La dolcezza è una cosa che li accomuna senza dubbio. Pier era una persona dolcissima, super disponibile e attenta. Mentre stava scrivendo il Viaggio in Italia per l’Espresso mi chiese di aiutarlo a trovare alcuni artisti fiorentini su cui scrivere: parliamo ad esempio dei Giovanotti Mondano Meccanici, Litfiba, dei Diaframma, ma anche di stilisti etc. Convocammo un po’ di persone alla Dolce Vita, locale in Piazza del Carmine. Arrivarono più di 100 persone e lui volle parlare con tutti, lì col suo taccuino, impeccabile, a capire, capire, capire, fino a dopo mezzanotte dal pomeriggio. Ecco la sua grande attenzione e disponibilità a capire e approfondire.