La lunga estate calda dei festival italiani giunge al termine portandosi dietro una serie di ormai note, sacrosante, polemiche.
Per capire dove siamo arrivati, tocca fare un passo indietro, ancora una volta, a ciò che tra il 2020 e il 2021, ha sconvolto il mondo, e di conseguenza ogni comparto produttivo e commerciale, non ultimo quello della musica dal vivo.
Il tanto sospirato ritorno alla normalità post covid, come prevedibile, non è stato un ritorno allo stato delle cose “come erano prima”.
Questa premessa mi tocca farla più come reminder a me stessa che se la situazione è degenerata al punto in cui ci troviamo ora, è la conseguenza di anni economicamente disastrosi (per usare un debole eufemismo) e non per semplice avidità. Fatto sta che andare ad un grosso evento, che sia un festival o una rassegna, non ha più il sapore piacevole di qualche anno fa, e che l’unico modo non dico per essere coccolati, ma per portarsi a casa un ricordo decente, è sborsare molti soldi, almeno il doppio di prima.
Ecco il motivo della premessa, perché da semplice fruitrice è difficile non pensare che il marasma del pit, dei token, delle bottiglie d’acqua e birre vendute a caro prezzo siano solo un modo di fare cassa sulle nostre spalle, senza pensare a quello che in un evento live dovrebbe essere centrale: chi paga il biglietto.
Ormai è normale sentire i commenti arresi delle persone che sanno che “ormai funziona così”, che senza biglietto pit non vedranno nulla, che le salvifiche bottiglie di acqua verranno loro sequestrate nonostante le temperature, che saranno costrette a portarsi a casa token inutilizzati.
E invece, non è vero che funziona così dappertutto. Sapevo esattamente, prima ancora che iniziasse, che TOdays festival sarebbe stato l’isola felice dell’estate italiana. Ecco quindi, in estrema sintesi, cosa ha caratterizzato l’offerta di questo festival che si tiene, ormai dal 2015, ogni ultimo weekend di agosto a Torino.
Cosa NON si trova a TOdays:
Pit: se vuoi andare davanti, non paghi: poghi (a dire la verità questa l’ho messa solo perché è un ottimo copy, ma non c’è nessun bisogno di spingere). Qui non c’è un pubblico di serie A e uno di serie B, il biglietto costa uguale per tutti e se vuoi la prima fila, te la conquisti.
Token: abbiamo visto concerti per una vita intera ritirando le nostre consumazioni con dei tagliandini riutilizzabili di cartone o mostrando lo scontrino al bancone. Non è che questa improvvisa esigenza di confezionare ad hoc dei pezzi di plastica usa e getta (ciao agenda 2030) che possono essere acquistati solo a blocchi, spesso non inferiori ai 15/20 euro, sotto sotto è solo un modo per farci spendere di più?
Mezzi litri d’acqua e birre venduti e peso d’oro: nessuna birra a nove euro, qui il prezzo rimane il vecchio, calmierato, onestissimo 6 euro. E che dire dell’acqua, che poteva essere consumata gratuitamente dalle fontanelle dell’area food. Se poi proprio ci si sentiva in vena di pagare, una bottiglietta da mezzo litro costava solo 1,50 euro.
Cosa si trova a TOdays:
Posto dove sedere e riposare (e ahimè, ripararsi dal pioggia dell’ultimo giorno): dall’area food and drink spaziosa, al tendone con tavoli e sedie, all’ampio prato su cui stendere un telo, non manca certo il posto dove prendere fiato tra un set e l’altro.
Varietà di cibo a prezzi onesti: hamburger, taglieri, piatti tipici, panini… A TOdays anche mangiare è un’esperienza (io ormai sono affezionatissima ai veterani di Rock Burger che fanno dei burger deliziosi).
Bagni numerosi: decisamente proporzionati, forse sovradimensionati, rispetto alla capienza del posto (ma per favore non li diminuite MAI).
Ma soprattutto, a TOdays c’è un’ottima qualità del suono. Sembra scontato, trattandosi di un festival musicale, ma dopo essere stata ad un evento dove fuori dal pit il suono arrivava basso e addirittura in ritardo (!!!) la differenza si sente, letteralmente. Un’opinione condivisa da diverse persone, come ho potuto constatare da commenti a caldo e reazioni sui social: la musica a TOdays si sente in modo impeccabile.
E qui arriviamo al nodo centrale, che ho volutamente lasciato alla fine. La musica.
Da sempre TOdays si pone come un festival che mette la cultura musicale e la scoperta al centro, e ogni anno al fianco di headliner più noti (la potenza magica di Christine and the Queens che ha chiuso l’edizione) o vecchie conoscenze del festival e delle rassegne musicali della città (Wilco, che tornano a Torino dopo 15 anni, e Verdena, già headliner nella prima edizione) non mancano delle vere chicche, spesso artisti di cui poi si sente parlare in futuro, intercettati nei loro tour europei nei maggiori festival (il Primavera Sound su tutti, che rimane ad oggi il punto di riferimento per la musica di domani). Quest’anno è toccato a gemme come King Hannah, penalizzati dal caldo e da un’odissea di voli che li ha portati a rischiare di bucare l’esibizione, la pazzia di Les Savy Fav, le danze afro di Ibibio Sound Machine, i Porridge Radio e il post punk rumorosissimo di Gilla Band. E poi le consacrazioni, con Warhaus, che lascia i compagni Balthazar per presentarsi in versione solista, la seconda volta a TOdays degli irresistibili Sleaford Mods, che qualche anno fa si erano esibiti in un evento off pomeridiano, l’eleganza di Anna Calvi che torna a calcare finalmente i palchi dopo la pausa della maternità, e il french touch de L’Imperatrice.
Tutto questo a fronte di un prezzo di ingresso che non ha subito grosse variazioni nel corso degli anni.
Purtroppo, un piccolo appunto va fatto: anche qui il post “apocalisse” ha lasciato il suo segno, facendo rinunciare alla doppia location per condensare l’offerta, comunque numerosa anche se un po’ sacrificata rispetto alle prime edizioni (fino al 2019 i concerti si tenevano per la prima parte nell’area verde di Spazio 211 per poi spostarsi nel complesso industriale dell’ex Incet). Noi bimbi di TOdays ci auguriamo si tratti di un accomodamento temporaneo, per tornare a godere in futuro di tutta la sua potenza di fuoco.
Arrivati a questo punto avrete capito che non si tratta di un report come gli altri. E qui faccio una piccola parentesi autoreferenziale, spero me la perdonerete. Da quando ho ripreso ad andare ai concerti ho smesso di scriverne, perché dopo questi anni di paura e desolazione, tutte le sovrastrutture con cui prima imbellettavamo la musica mi sono sembrate superflue. All’improvviso la musica, per me, andava solo sentita, vissuta, percepita con il corpo e la testa, non raccontata. Le parole mi sono sembrate non esaustive, anche quando erano tante. Per questo qui trovate poco spazio per il racconto di cosa è successo sopra e sotto il palco. Perché non c’è modo per raccontare la festa che si è creata l’ultimo giorno quando la pioggia si è abbattuta sulle nostre teste mentre tutti continuavano lo stesso a ballare, non si può descrivere la dolcezza con cui Anna Calvi ha ringraziato il pubblico che le ha dedicato un commosso “bentornata” con l’applauso più lungo del festival. Come possono le parole rendere le folli corse tra il pubblico del frontman dei Les Savy Fav, che ha baciato piedi e bevuto dalla ciotola di un cane? O lo schiaffo in faccia che ci ha colpiti forte con i Gilla Band?
C’è un solo modo per provare tutto questo: partecipare. Andare ai concerti, meglio se quelli con un’anima, che ci insegna TOdays, è cosa rara ma preziosa.