Fotografie di Alessia Naccarato
Parole di Umberto Scaramozzino
Che rumore fanno i sogni? È questa la domanda che ci pone ancora una volta il TOdays Festival, l’ambizioso evento di fine estate che da sette anni anima Torino. Domanda retorica, perché il TOdays nasce proprio con l’intenzione di fornirne la risposta. “Se hai un sogno, non mollare. Perché quando lo realizzi fa più o meno questo rumore qui”, afferma la tagline della rassegna per la sua edizione 2022.
DAY 1 – Più sorprese che conferme
La prima giornata inizia all’insegna delle sorprese, una delle grandi specialità del TOdays. La defezione dell’ultimo minuto dei Gees, giovanissimo quintetto di Brooklyn, porta sul palco di Via Cigna lo spumeggiante Eli Smart. Originario di Kauai, Hawaii, trapiantato a Liverpool e con origini venete. Lui chiama la sua musica “Aloha Soul”, perché di fatto è un pop melodico frutto del mix esplosivo tra la freschezza hawaiana e la tradizione soul britannica. In parole povere: un ottimo songwriting al servizio di puro intrattenimento estivo, nel quale gioca un ruolo fondamentale il suo prezioso comprimario, Jordan Paul. Si definisce il ballerino di backup di Eli, ma canta anche – molto bene – e tiene il palco con una personalità irresistibile. Sostituzione di lusso, no?
Come di lusso è il set di Hurray For The Riff Raff, progetto musicale di Alynda Segarra, talentuosissima ragazza portoricana cresciuta nel fortificante Bronx e stabilitasi a New Orleans. Ribelle, empatica ed energica, con la maturità creativa che le permette di iniettare punk ed electro-pop nel suo country folk identitario, senza mai perdere riconoscibilità. Delle quattro band in programma, gli Hurray sono forse la proposta più solida. Una conferma per chi ne era fan, ma soprattutto una splendida sorpresa per chi ne era incuriosito o non aveva ancora avuto la fortuna di entrare nel magico mondo battagliero creato dalla forza espressiva di Alynda.
Tutte queste belle sorprese, però, lasciano il posto ai due nomi più attesi della giornata, i quali si scontrano con l’hype e con alcuni limiti dettati da repertorio e da infelici scelte in setlist. Partiamo dai Black Country, New Road, che arrivano finalmente a Torino dopo un numero spropositato di tentativi falliti tra chiusure, reschedule, contagi e cancellazioni improvvise. Ironia della sorte: la presenza nel cartellone del festival è dovuta a sua volta a una cancellazione, ovvero quella di Dijon, che hanno sostituito per completare la lineup dal day 1 e chiudere finalmente un cerchio che stava diventando una spirale.
“Secondo me non suonano neanche oggi, in realtà non esistono”, dice scherzando un fan nell’attesa. Eppure è tutto vero: i giovanissimi musicisti di Cambridgeshire salgono sul palco del TOdays. Lo fanno, ahimè, senza il frontman e principale autore del progetto, ovvero Isaac Wood, che a inizio anno ha abbandonato la band. Nonostante suonino meravigliosamente e abbiano un indiscusso talento collettivo, il concerto dei Black Country mette in mostra un vuoto, dal momento che la scaletta stessa è rimasta orfana dei primi due album e quindi di tutto il repertorio che aveva reso questo progetto uno dei più interessanti del panorama rock, nonché una delle poche alternative inglesi all’ondata post-punk. Non c’è dubbio che troveranno la loro nuova strada, ma forse serve tempo. Magari la prossima volta che li vedremo a Torino andrà tutto liscio, eh?
A chiudere la giornata c’è Tash Sultana, forse il nome di maggior risonanza della rassegna (insieme al pezzo di storia della musica che la chiuderà, si intende). Ecco, Tash di talento ne ha fin troppo. Viene difficile distribuirlo in uno show dove fa quasi tutto lei. E infatti, invece di un concentrato che potrebbe convincere chiunque, lo show è più che altro un distillato, in cui le peculiarità di Tash sembrano separarsi le une dalle altre, senza riuscire a dare un vero quadro completo della sua arte. Il vizio, forse, è di forma e risiede nella scelta di escludere dalla scaletta alcuni dei brani più importanti (vedi “Coma” o “Blackbird”), tanto per scrittura quanto per interpretazione canora. I momenti filler – tra saltelli, assoli e loop station – prendono così il sopravvento sulla sostanza, lasciando l’illusione di una grande artista che non è riuscita a mostrarsi al 100%.
DAY 2 – La grande scommessa (vinta)
Il giorno due, per molti, era la grande incognita. La scommessa che il TOdays, dopo un avvio leggermente claudicante, è chiamato a vincere. Per farlo schiera fin dalla prime battute uno dei nomi più caldi del post-punk inglese: gli Squid. Spavaldi, potenti, con un piglio che è la perfetta parte complementare della qualità che abbiamo ascoltato in “Bright Green Field”, ottimo debutto dello scorso anno. La prova dal vivo conferma che il combo di Brighton ha tutto il diritto di essere annoverato tra i migliori risultati del movimento revival di maggior successo degli ultimi decenni. Incarnano infatti meglio di chiunque altro la volontà implicita di questa rinascita del post-punk inglese: suonare senza regole, aprendo a ogni contaminazione che possa rendere più interessante il sound.
Le Los Bitchos, anime danzanti provenienti da tutto il mondo (Uruguay, Australia, Svezia) e riunitesi a Londra, ci permettono invece di dare l’ultimo vero morso all’estate. Altra scommessa, altra vittoria, che fa ballare l’area estiva dello sPAZIO211 di Torino baciata da quel sole morente di fine agosto. Lo fanno con armonia, anche se alcune sezioni strumentali in un paio di frangenti sembrano patire la mancanza di un ritornello cantato. Ci pensano le loro melodie sognanti a riempire il vuoto, portando momenti di pura gioia e congedandosi avvolte dalla sensazione malinconica di fine giornata e fine estate.
A decretare la fine della luce, però, non c’è il tramonto, perché viene anticipato da alcune nubi scure, cariche di tuoni e lampi, che danno una spallata al sole e si prendono il palco che sta lassù. Se a suonare ci fosse – per dire – una band indie, quella vista del cielo sarebbe una minaccia, cupo presagio di una serata pronta ad essere rovinata. Ma a prendere il posto delle Los Bitchos ci sono i Molchat Doma, forse questa la più grande scommessa della giornata. L’impressione è quelle nuvole oscure se le siano portate in tour. Vengono dalla Minsk, capitale della Bielorussia, e con i loro synth conquistano ogni singola persona del TOdays. Piove, ma nessuno sente il bisogno di cercare riparo, perché quella pioggia è parte integrante dello show. C’è un preciso momento, tra il primo e il secondo brano, in cui l’intera platea sembra prendere consapevolezza dell’irripetibilità di quell’atmosfera. Una sensazione condivisa, per cui la Coldwave del trio bielorusso viene introiettata facendo di colpo svanire l’estate.
Avete presente l’isteria di massa? Quel fenomeno sociopsicologico per cui un gruppo di persone, a stretto contatto, manifesta gli stessi sintomi isterici. Il concerto dei Molchat Doma scatena qualcosa di simile al TOdays festival. Una sorta di euforia di massa, per cui ogni persona è convinta di dover ballare sotto la pioggia, come se ogni piccolo passo mosso in quei due giorni fosse stato un passo verso quel momento di culto.
Quarto e ultimo azzardo del giorno: FKJ. È l’acronimo di French Kiwi Juice, il progetto musicale del polistrumentista francese Vincent Fenton. Allestisce il suo splendido salottino sul palco del TOdays, cercando di resettare il pubblico alle impostazioni di fabbrica, mentre gli ultimi residui della recente avventura dark serpeggiano tra i superstiti. Ci riesce comunque molto bene, perché l’atmosfera portata da FKJ è antitetica ma altrettanto affascinante. Le tante voci che popolano il repertorio sono in base, ma il suo grande lavoro sui mille strumenti che suona, accompagnato dalla sezione d’archi e dal resto della sua compatta band, danno profondità ad un’esibizione dal vivo perfetta, ricca e dall’indubbio valore artistico.
Però piove ancora, e ancora, sempre di più, finché diventa quasi insostenibile. C’è chi cerca riparo sotto gli stand del festival e chi, fiero di naufragare in quell’acquazzone musicato da FKJ, resiste stoicamente, godendosi l’ultimo guizzo della grande scommessa vinta dal TOdays.
DAY 3 – Il gran finale
Che quella del TOdays 2022 fosse una corsa verso il successo poteva essere previsto, dato che, anche sulla carta, la terza giornata era la più appetibile del weekend. Basti pensare che ad aprire le danze c’è una band monumentale come gli Arab Strap, vero gioiello scozzese che in meno di un’ora di concerto mette in fila quasi tutti i gruppi esibitisi nei due giorni precedenti, stabilendo una nuova gerarchia. I suoni sono perfetti, i migliori del festival. Aidan Moffat, il frontman, tiene il palco con una presenza perentoria. Si muove poco, perlopiù passeggia, ma lascia che sia la sua voce incredibilmente espressiva a intrattenere e ammaliare. Viene da pensare: “se lo mettono su Audible, giuro che cedo agli audiolibri”. Quando smettono di suonare, invece, il pensiero va a chi avrà il compito di salire sul palco dopo di loro. Arduo compito.
E chi, meglio dei DIIV, potrebbe prendersene carico? Band eccezionale che ha tutto ciò che serve per continuare ad essere un punto di riferimento del rock alternativo. Hanno i pezzi buoni, hanno la tecnica, hanno gusto e soprattutto sanno come divorarsi il palco e investire i fan con un muro di suono dirompente.
A tal proposito troviamo l’unica nota lievemente dolente dell’esibizione, che sfiora la perfezione ma non la raggiunge solo a causa dei volumi e dei suoni. Ad un concerto shoegaze ci si aspetta di fare fatica a sentire anche i propri pensieri, figuriamoci riuscire a chiacchierare. Qualche decibel in più, un po’ di pulizia nel mixing delle chitarre, e avremmo avuto il miglior concerto del weekend.
A questo punto, gli unici che possono rompere l’idillio sono gli Yard Act, penultima band in programma. E questi cosa fanno? Confezionano una performance clamorosa. Con un solo (bellissimo) album in saccoccia, ma con una personalità schiacciante, la band britannica si impone come il nome da andare a rivedere, con priorità assoluta, ad ogni prossimo tour. James Smith parla, tanto, scherzando anche sulla sua visita al MAO di Torino, ma soprattutto si mostra come un frontman atipico ed imprevedibile. Ha il carisma di chi potrebbe fare e dire qualsiasi cosa, ma anche la professionalità di chi canta ogni verso delle proprie canzoni come se stesse incidendo. Un vero show.
E veniamo al motivo per cui molte persone hanno attraversato l’Italia (e non solo) per raggiungere Barriera di Milano, a Torino. Sono i Primal Scream, è il loro tour celebrativo per i trent’anni di Screamadelica. Poche cose hanno un richiamo maggiore della celebrazione di una pietra miliare, per questo i Primal sono molto più che gli headliner della giornata: sono gli headliner del festival intero. Il classico “dulcis in fundo”, che però questa volta riserva anche una nota aspra. Sì, perché a differenza della maggior parte delle altre date, questa di Torino non porta in dote l’esecuzione integrale dell’album. Anzi, solo un paio di brani vengono estratti da Screamadelica, mentre il resto della setlist va a scandagliare la lunga e variegata carriera. Ne esce comunque un concerto eccezionale, che vince la sfida di raccontare i Primal Scream in tutte le loro sfaccettature, per chiudere il TOdays 2022 con una impareggiabile lezione sul Rock’n’roll.
Non c’è dubbio: la direzione artistica del TOdays ha ben chiaro il sogno. Ha intenzione di farci ascoltare il suo suono d’avanguardia, anno dopo anno, per spingerci a fare un passo in più fuori dall’ordinario e unirci a quella ricerca che promette meraviglia. E anche quest’anno, la promessa è stata mantenuta.