Vi ricordate quella scena finale in cui i personaggi di Notte prima degli esami sotto la canzone di Venditti si inginocchiano per pregare la tipa incinta di uscire? Probabilmente no. E nemmeno io, però si dà il caso che ogni tanto mi venga in mente di cercare queste cose su Google, giusto per darmi la conferma che i miei viaggi non siano poi così originali, ma frutto del tempo perso che caratterizza una sana adolescenza, che se ci pensi oggi ti viene male. Un film come quello quando esce nelle sale rimane nella testa e nelle tradizioni per, minimo, quattro o cinque anni. Tanto che la Rai, che per coinvolgimento del pubblico giovane non brilla, ogni giorno di giugno per un po’ ha iniziato a trasmetterlo a ripetizione. Se penso a Completamente sold out ci vedo una cosa del genere, dallo stesso punto di vista nostalgico che, per il ragionamento di prima, ti costringe ad ascoltarlo due-trecento volte senza ammetterlo. Non parlo tanto del film, quanto della capacità che hanno certe canzoni di entrare nella cultura popolare, mainstream se volete, tanto da girarci un film sopra vent’anni dopo e, visto che difficilmente Venditti, Vasco, Battisti resisteranno alle abitudini dei nostri nipoti, un ricambio si farà necessario. A un certo punto sembra che i Thegiornalisti sentano questa ‘missione’ sulle proprie spalle, che tutti guardandoli abbiano gli occhi di chi non sa che quella canzone gli rimarrà indelebilmente nella memoria, mescolandosi ai vari aneddoti cantati nei brani in cui si riescono a riconoscere, o che hanno accompagnato certi momenti. Questo non vuol dire che ci sia dietro un progetto alla Black Mirror, pianificato nelle segrete di Carosello Records per entrare nelle menti delle persone, che ascoltandolo al contrario contenga messaggi nascosti o che sia un male utilizzare una formula per sedimentare le proprio parole dopo anni di ricerche. Alla fine sono dieci anni che ci diciamo che nessun artista parla di noi come generazione o solo come persone, e quando succede non ne siamo poi così felici.
Ti viene male dopo un po’, a pensare al fatto che siamo invecchiati e per una cosa così saremmo impazziti se ci fosse capitata all’età giusta. So che è dura ammetterselo, perché quando si pensa a ciò che si è stati sembra tutto migliore. Anche io all’esame di terza media portavo i Nirvana, ma non credo che sarebbe stato male immaginarsi la più bella della classe con qualcosa di più dolce. C’erano i dischi di Guccini in casa, almeno da me. Ma è una questione diversa, era tutta roba che non avevamo mai vissuto. E forse non siamo molto lontani dalla nostalgia disillusa di Tommaso Paradiso. Completamente sold out, in cui il confine con l’ironia è sottile, è un disco profondamente nostalgico. Non è una novità, il pop italiano usa continuamente questo genere di escamotage, sia dal punto di vista del marchio riconoscibile, dal detersivo Svelto di Calcutta ai Roy Rodgers, Happy Days e Ralph Malph degli 883, che da quello di certe azioni del quotidiano. Gli alberi diventa, per questo motivo, un esercito del surf senza mezzi termini, e ricorre di nuovo l’ombra oscura di Vaporidis, non fosse per quei mentre io entro te. Je est un autre, scriveva Rimbaud, e anche où les arbres muets, berçant l’oiseau qui chante / La terre berçant l’homme, et tout l’Océan bleu / Et tous les animaux aimaient, aimaient en Dieu!, che non sono assimilabili a noi siamo gli alberi quelli che si vanno a baciare sotto le stelle pure se stiamo immobili. Ma è un altro, l’ennesimo, collegamento a una sfera delle memoria, in questo caso la mia, anche se suona male oggi doversi giustificare per ogni cosa. Questo per dire che può tranquillamente riprodursi per altri motivi e altre direzioni nella memoria di qualsiasi altro che abbia una storia già scritta. Non so se gli adolescenti di oggi, per il fatto che non li conosco, sentendo questa canzone possano avere gli stessi riferimenti, ma senza dubbio lo avranno fra una decina d’anni, quando al posto di Max metteranno Tommaso. E sorrideranno, come lo facciamo noi, e come lo hanno fatto i nostri genitori quando vedendoci mettere un disco della loro giovinezza. I suoni sono poi quelli, di chi è sempre stato in mezzo a tutte le scoperte che han cambiato la vita delle persone, ma o era troppo giovane, o era troppo vecchio per poter dire di sentirla propria. Non ci sono pretese di sperimentazione, la resa sonora si dichiara molto di più rispetto al passato, come discendente (degna ereditiera?) di tradizioni dello stile del passato, seppur mantenendo una certa distanza. Così ogni brano assume una dimensione propria, perché appartiene a qualcun altro, e nessuna per forza diventa hit più di un’altra. Succede, del resto, ogni volta che ascolti un brano di Volume uno, Vecchio o Fuoricampo che magari non era parte di quelli che avevi già selezionato. La musica funziona così. E siamo pigri, preferiamo che le cose siano già confezionate o che ce le porti qualcuno (vedasi Vieni e cambiami la vita). A ogni momento che viviamo corrisponde una sonorità diversa, delle frasi che ti colpiscono in maniera differente a seconda dell’umore, del periodo storico, del tempo atmosferico e di ogni impercettibile cosa che incide sul nostro umore. Qui si sospende il giudizio, ma non tanto per scappare dalla valutazione negativa o positiva di un prodotto musicale. Si tratta soltanto della necessità di valutare tutto questo da un punto di vista diverso.
Io ho venticinque anni, e sono appena tornato dal primo allenamento della mia stagione sportiva. Ho strappato una promessa a un mio amico, chiedendogli di chiamarmi se uscivano. Non è successo, ovviamente, e tutto questo salda definitivamente la mia storia alla prima volta, quando tutti dormivano, che ho sentito il nuovo disco dei Thegiornalisti senza che lo annunciassero. E può essere una cosa triste per qualcuno che scuote la testa, per il destino che mi è toccato, ma magari fra un paio di mesi, riascoltando una di queste canzoni per caso, mi tornerà in mente il momento in cui l’ho sentita la prima volta. Che suona, esattamente, come una delle storie di Completamente sold out.