The xx – Coexist

Voto: 7,5/10

Sin da prima della sua uscita una maledizione ha pesato su Coexist, l’ultimo album dei britannici The xx: il paragone col suo predecessore, l’opera eponima del 2010. Tutto ciò è avvenuto non del tutto a torto, l’ultima fatica di questo gruppo di Wandsworth si presenta infatti come un degno prosieguo di ciò che avevano iniziato due anni prima. Gli aspetti innovativi sono una presenza più importante della voce di Oliver Sim ed una maggior sicurezza frutto senz’altro dell’esperienza acquisita in questo pur breve lasso di tempo. Come genere ci muoviamo all’interno di una elettronica leggera ed eterea che strizza giustamente l’occhio al dream pop ma con inserti soul in alcuni brani e con un evidente gusto per il minimalismo, ben inserendosi – se ciò sia un pregio o un difetto sta a voi deciderlo – in quel giovane e fortunato filone cui pure appartengono, ad esempio, gli Alt-J col loro An Awesome Wave. I testi sono totalmente incentrati sulla tematica amorosa: una scelta, quest’ultima, dettata senza dubbio dalla giovane età degli artisti, anche se lo stesso Oliver ha affermato in un’intervista che non sarebbe in grado di cantare di altri argomenti. Un Album, dunque, estremamente fruibile ed elegante che mantiene le promesse dell’acclamato esordio ma senza sbilanciarsi in una evoluzione sperticata, preferendo rimanere nel solco già tracciato. Encomiabile o meno che sia tale scelta, questi sono i fatti e c’è da aggiungere che probabilmente chi si avvicinasse a Cohexist digiuno dell’opera prima riuscirebbe ad apprezzarlo con maggior sincerità.

Ma entriamo nello specifico di questo lavoro. Ad aprire il disco è una Angels in cui ho sentito parecchi echi dell’ultimo lavoro dei Beach House; un’apertura cesellata e ben scelta, in ossequio al principio secondo cui “chi ben comincia…”. Con la seguente Chained il ritmo si anima e subentra la voce rotonda e un po’ acerba di Sim, che duetta con Romy in sinuosi intrecci vocali. Mentre Fiction si dipana su una base insistente e misteriosa, la traccia successiva, Try, ha un sapore più esotico e rasserenante. Al climax ascendente di Reunion fa seguito Sunset, brano molto ritmato e completo, sia perché musicalmente ricco sia perché vario nelle scelte melodiche. Missing è intensa e sofferta, colma di echi e riverberi dal sapore nostalgico e soul; Tides invece è di stampo decisamente più inquieto sia nel suo incipit così scarno e immediato che, a seguire, nelle note tremolanti dei synth. Con Unfold il disco subisce un momento di stanca a causa di scelte melodiche prive di carattere, ma questa flessione viene immediatamente superata da Swept Away, il pezzo più lungo ma anche il più interessante: la ritmica si fa pressante ed il basso scandisce il tutto con vibrazioni piene e generose. Infine, l’intensità che aveva caratterizzato il brano lungo tutto il suo incedere si spegne dolcemente in pochi languidi accordi. A chiudere il tutto è Our Song, ricca di sonorità e di grazia dreamy sia nei momenti in cui prevale l’aspetto lirico sia in quelli più strumentali.

In conclusione si tratta di un disco valido che, dal mio punto di vista, è all’altezza delle aspettative di cui era circondato. Un’opera più scarna ed essenziale che proprio per questo risulta sincera e genuina. La crescita di questi ragazzi inglesi sta procedendo sui binari giusti e spero che nei loro prossimi lavori trovino anche il coraggio di osare di più evitando di chiudersi in un recinto rassicurante ma limitante.

Tracklist:

  1. Angels
  2. Chained
  3. Fiction
  4. Try
  5. Reunion
  6. Sunset
  7. Missing
  8. Tides
  9. Unfold
  10. Swept Away
  11. Our Song
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