Quello tra Enrico Gabrielli e i Quadri da un’esposizione era un incontro che nessuno scherzo del destino avrebbe mai potuto evitare. Il musicista aretino rappresenta da anni, infatti, il filo nascosto che lega un certo approccio musicale che si richiama a precise esperienze del passato – il progressive, la Scuola di Canterbury, le colonne sonore dei b-movie italiani – a una formazione da compositore e musicista classico (ricordate l’orchestrazione sinfonica che sorreggeva È solo febbre degli Afterhours nella sua pur breve quanto incisiva partecipazione al gruppo di Manuel Agnelli?).
La passione per la musica “colta” emersa anche in tanti altri progetti (Der Maurer, le orchestrazioni per Fantasma dei Baustelle e soprattutto gli Esecutori di Metallo su Carta – EDMSC – con Sebastiano De Gennaro) lo hanno portato a una revisione della musica del novecento attraverso “un approccio colto e antiaccademico al repertorio della musica scritta, che noi definiamo musica anticlassica” sfociato in un’etichetta musicale, la 19’40”, che “ rappresenta un territorio di sperimentazione di repertori trasversali e prassi esecutive (seriamente) ludiche”.
Proprio l’esperienza con gli EDMSC, che ha già influenzato – positivamente – il nuovo corso dei Calibro 35, trova oggi sponda in un altro progetto di Gabrielli, quello a nome The Winstons con Roberto Dell’Era e Lino Gitto. Dopo l’esordio omonimo del 2016 – disco a un tempo derivativo e freschissimo – che aveva saputo riproporre le atmosfere e le sonorità care ai Soft Machine di Robert Wyatt come anche ai Beatles e ai Doors su tutti – per l’occasione il power trio affiancato dagli EDMSC si confronta con una delle partiture più belle della fine dell’ottocento: i Quadri da un’esposizione del compositore russo Modest Musorgskij.
Pictures at an Exhibition – per chiudere il cerchio – è, infatti, anche l’album live del 1971 di Emerson, Lake & Palmer, i giganti del progressive inglese, che vollero confrontarsi con l’opera del maestro russo. Quel disco – a dire il vero – rappresentò più che un omaggio, un’incursione selvaggia nella partitura di Musorgskij finendo con l’essere – com’era forse inevitabile – un’opera rock che tradiva vistosamente lo spirito originale sacrificandolo a un eccesso di virtuosismo.
L’idea di questa nuova versione dei Quadri è nata dal video designer australiano Andrew Quinn che, dopo aver lavorato per alcuni anni alla celebre versione di Maurice Ravel per grande orchestra sinfonica (i Quadri nascono in realtà come suite per pianoforte), nel 2015 decise di produrre un sound-reactive-live-visuals in un’inedita versione progressive rock contemporanea curata proprio dai Winstons con gli EDMSC che oggi, a tre anni di distanza – con Roberto Izzo a sostituire Rodrigo D’Erasmo al violino – ne hanno inciso una versione in studio per la AMS Records.
In questa versione, un ibrido tra quella originale del 1874 per pianoforte e la sua rilettura progressive, pur mantenendo nei fatti un impianto cameristico – grazie alla presenza degli EDMSC – la direzione musicale di Gabrielli e dei suoi compagni di viaggio si tiene distante da certe registrazioni orchestrali (dall’opulenza sonora della storica registrazione di Karajan per la Deutsche Grammophone con i Berliner Philharmoniker del 1986 fino a quella passionale e animata profondamente dallo spirito russo di Valery Gergiev alla guida della Mariinsky Orchestra del 2014) restando molto più fedele alla partitura originale per solo piano, meno pomposa e più riflessiva (come emerge – su tutte le altre – dall’esecuzione di Ivo Pogorelich ancora per la Deutsche Grammophone del 1997).
Merito soprattutto del violino di Izzo che fin dalle primissime note della Promenade – vero e proprio leitmotiv che fa da legante tra i quadri – tesse una trama di avvolgente malinconia. La stessa malinconia che ritroviamo nella barcarola de Il vecchio castello, uno dei quadri più affascinanti, che qui mescola con perfetto equilibrio il basso di Dell’Era con le percussioni di De Gennaro mentre il violino disegna note nell’aria. Bydlo si affida ai tasti di Gabrielli che suonano quasi percussivi e slegati (l’opera di Musorgskij anticipò il nuovo approccio pianistico di tutto il novecento) e si mescolano ai sintetizzatori con il violino a restituire ancora l’eco di lontane melodie polacche. Se Ballet Of Unhatched Chicks mantiene la sua aria scanzonata da vaudeville, Samuel Goldenberg Und Schmuÿle emerge con tutta la forza della sua narrazione – dialogo tra due ebrei polacchi, l’uno ricco, l’altro povero – con il canto petulante di Schmuÿle trasfigurato dalla forza dei synth mentre resta inalterata la melodia ebraica su cui è costruito tutto il brano.
Anche negli episodi che si rifanno invece alla versione di ELP – The Gnome, Lead Me From Tortured Dreams, The Hut Of Baba Yaga e la conclusiva The Great Gates Of Kiev, i Winstons con gli EDMSC mantengono la barra dritta senza le sbavature grossolane della versione del 1971 come a voler filtrare quasi le intuizioni di quel disco (l’aggiunta del testo alla Promenade e al pezzo finale – qui cantato divinamente da Roberto Dell’Era) raccogliendone i frutti migliori.
In un continuo dialogo col passato di cui sono manifesto evidente anche le scelte grafiche qui affidate alla splendida copertina firmata da Jessica Rassi nel suo studio The Giant’s Lab e la scelta di proporre il disco in ben quattro versioni diverse – CD papersleeve, LP gatefold in edizione standard e limitata, e musicassetta – i Winstons regalano al loro secondo disco un’esperienza sonora colta e affascinante che si fa non semplice recupero del passato ma sua riproposizione attuale capace di affascinare i neofiti come i conoscitori dei Quadri che avranno la possibilità di cogliere ulteriori sfumature.