E tutte urlano e gridano parlando in un dialetto veloce e stridulo, ognuna vuole sopraffare le altre con il risultato di un chiacchiericcio fatto di gesti, piccole corse da una parte all’altra della stanza, risse davanti alle specchiere, improvvisi mutismi, una baruffa insomma come probabilmente doveva accadere sull’aia della loro casa, la domenica mattina, prima di salire sul calesse per recarsi alla messa nella chiesa del paese.
(Camere separate, P.V. Tondelli)
Subterranean Tapes è la raccolta mensile degli album che provengono dal sottosuolo. Ogni mese un’accurata selezione delle novità più interessanti che meritano di uscire dal buio.
THE STACHES, Placid Faces, Les Disques Bongo Joe
4 novembre
Mescolano lofi e garage, rock e pop, Lise, Charlotte, Martin e Léo, quattro ragazzi nati e cresciuti sul lago di Ginevra nel loro secondo full lenght Placid Faces. Con all’attivo già alcune date negli Usa, e un mini tour appena concluso nel nostro paese, colpiscono con spontaneità e loop efficaci, direttamente fuori dai cavi di Transistor, micro-manifesto, che ci introduce all’intera composizione, fatta di spazi dilatati (Space Is a Lover) e le intro telefoniche che diventano motivo per scatenare la verve più punk e distorta di Total Commitment, trovando una soluzione pop alle Savages. Il legame che stringe la furia delle ragazze londinesi non si trova solo nella voce femminile, e se possono apparire poco arrabbiati per il genere è perché l’energia si rifà su altri campi, sulle chitarre e il basso di End, sulle inesistenti parole di Smokey Glitter Pants e pure sulla psichedelica strumentale di Sweet Shit. Dove sembrava impossibile trovare disordine, i The Staches spaccano orologi.
SUNDAYMAN, Scene Missing, Inner Ear Records
7 novembre
Arriviamo in Grecia per il terzo album di Sundayman, compositore e produttore di un sottosuolo che continua a sorprendere. L’elettronica qui è solo un pretesto o una modalità per recuperare le scene distorte dalle interferenze di segnale durante il tuo programma preferito, quando all’improvviso appaiono alcune immagini fuori contesto, psichedelia homemade da un’emittente che non riesce a calibrarsi del tutto, voci fuori campo comprese. L’essenza di Scene Missing ha molto di questo incubo o di un’improvvisa bufera attraversata con il treno, fatto di cantilene tetre (Not Me), paesaggi acustici più estesi (All is You) fino a un’imprevedibile techno minimal sul finale (Alive e The Big Old Why). Tutto interpretato e diretto a una commistione di generi, non solo di tipo musicale, in cui dentro e fuori si confondono, una stazione vale forse un’altra se non sai dove fermarti e quello che cerchi di fare è scappare.
LIEDE, Stare Bravi, Costello’s Records
11 novembre
Vedete, certe cose capitano quasi per caso, le linee iniziano a intersecarsi a una, poi a un’altra e quell’insieme confuso inizia a prendere una forma chiara. Sta succedendo così anche nella conformazione di questo retrò-pop degli ultimi tempi, in cui sempre più persone trovano il modo di esprimersi. Stare bravi è un piccolo manifesto fatto di addii e di esistenze, fra i più interessanti all’interno di questo panorama. Quello di Liede è un tentativo di cristallizzare certi ricordi (Stare bravi) in modo che non volino via o sfuggano improvvisamente negli ascolti distratti (Sorridendo), in cui la nostalgia non è più soltanto nella tonalità della voce, ma in una certa disillusione strumentale che ricorre costantemente. Una fine diversa si raccoglie su di sé e cerca le prospettive di tutta quella strada percorsa, un quadro in dissolvenza in cui è possibile rivedere alcuni visi, o forse nessuno, prima che arrivino i titoli di coda. La forma canzone a cui eravamo abituati è forse definitivamente tramontata, e così certi suoi stilemi, ora c’è un’altra storia da provare a raccontare e più di altre, probabilmente, parla di noi.
LNDFK, Lust Blue, Feelin’ Music
11 novembre
Nel suo delicato EP d’esordio LNDFK ci porta in posti lontani, nei deserti che ci scavano la pelle con il loro vento, le strade di un mercato che chiude e riporta a casa le merci invendute dentro a qualche palazzone sulla strada. Rurale e metropolitano si mescolano, il background culturale con le influenze più contemporanee. La voce di matrice soul si confronta con le basi che si fanno più hip hop, l’elettronica e la loop station di Tell Me Why si sciolgono nella downtempo dall’anima funky di Think Beautiful. Senza dimenticare Catch Your Breath con cui Lust Blue si apre, una piccola grande introduzione ai positive vibes che accompagneranno tutto l’ascolto, confermato dalla jazzy Soul Eyes che arriva subito dopo.
CACAO°, Astral, Brutture Moderne
11 novembre
Convince ogni ascolto di più il debutto dei Cacao°, fedeli dall’inizio alla fine alla loro storia hardcore made in Mara. Astral non è un disco hardcore ma ne ha tutti i tratti. L’elettronica, suonata ruvidamente, si perde nel mare delle distorsioni e delle macchine che scandiscono il ritmo, affondandolo in una dimensione sempre più deep, man mano che da Gundammo si arriva ad A8. Psichedelia oscura che si rigenera costantemente, fino alle insolite sonorità di Contadini, prima che Anno 1000 arrivi a primitivizzare ogni suono restante. Una questione carnale, mentre lo scontro si affolla sulla pista.
PALMER GENERATOR, Discipline, Astio Collettivo, Torango
14 novembre
Se i Cacao° arrivavano a scomporre le proprie radici i Palmer Generator compiono un viaggio inverso. Recuperano, cioè, alcune forti influenze più grind declinandole su un versante più dilatato e post rock, ampliando lo spettro e la conformazione del loro suono. Si avverte come un lungo lamento sul finire di Persona, trasformato poi in grido nella successiva Habit, dove aumentano i bpm e i suoni della chitarra, riportandoli in un mondo forse più convenzionale e naturale per la concezione dell’intero Discipline. Non si arriva mai al punto di rottura, l’equilibrio è mantenuto da una direzione musicale che non si interrompe mai, tiene insieme al ritmo anche i battiti, diretti verso la parte più oscura che è ||||, fino alla ribellione della title-track, che esplode in un campo circondato di fuoco.
MALKOVIC, S/t, Autoproduzione
16 novembre
Il maggior pregio dell’omonimo EP dei Malkovic è avere un’idea definita che allontana le possibilità di perdersi. Nasce dalle esperienze del punk rock italiano degli inizi 2000, che si libera definitivamente delle paure di sembrare troppo americano e bloccarsi davanti al dualismo commerciale dei Blink e quello meno disposto a compromessi dei NoFx. Estremi che i Malkovic ricostruiscono nell’opposizione Tre / Nucleare senza che nessuno dei due riesca a spuntarla sull’altro. Risulta così un primo passo verso qualcosa che ha necessariamente bisogno di irrobustirsi un po’ di più per brillare del tutto, ma la scintilla c’è. Il rischio è di vederlo ingiustamente sommerso come qualche anno fa è successo alla scena che cercano di superare.
ORNAMENTS, Drama, INRI / Tannen Records
18 novembre
Esce dalla lava, grondante di sangue, l’eschiliano Prometeo incatenato degli Ornaments, suoni di catene e di sacrificio nell’apertura di Efesto, dura divinità alla falde del vulcano. Schiavitù e destino coincidono nel mito greco e tutto viene restituito in forma di insaziabili bassi e post hardcore ultra violento come non se ne sentiva da un po’. (Non perché manchino gli interpreti, ma rendere la forza non è una questione solo di come si colpisce). Sebbene i concept album siano una formula che spesso cercano di nascondere altro, in Drama il percorso è forte e preciso. Rendere muscolare ciò che è il sacrificio e la sfida agli dei (Prometheus), quando molto più spesso se n’è narrata la profonda malinconia, lo rende coerente con se stesso. Tutto il peso del fuoco.
AZZURRA
, Where are we going, Autoproduzione
28 novembre
Bastano soltanto pochi minuti di I Cannot Wait per comprendere a che livello Where are We Going perforerà la pelle. La voce di Azzurra si unisce in maniera inesorabile alle composizioni, creando una profonda interazione con l’ascoltatore. Tracce di soul sognante, periodi dilatati che si risolvono nei ritornelli. È un tratto particolare che si ripropone e si evolve lungo tutto l’EP, delicato e avvolgente come un ritorno col freddo, ondeggianti nelle strade vuote, appena usciti da un club. Ride si tinge di questi colori, così come Before Your Lies , sulla porta di casa, ti fa ripensare a quello che è appena successo, i soldi che hai speso, i messaggi che non avresti dovuto inviare, ma che in fondo sono solo la parte che non vuoi lasciare uscire di giorno. Another day, another place to live..