The Subterranean Tapes: Maggio 2017

Penso che molti, moltissimi abbiano passato le stesse prove. Io con tutta l’anima desideravo essere buono; ma ero giovane, preda delle passioni, ed ero solo, completamente solo quando cercavo il bene. Ogni volta, quando tentavo di manifestare quello che formava il mio più intimo desiderio, cioè che volevo essere moralmente buono, io incontravo disprezzo e canzonature; ma non appena mi abbandonavo a ripugnanti passioni, mi lodavano e mi incoraggiavano.

(L. Tolstoj, Confessioni)

C’era la fretta che arrivasse primavera, e ora che l’abbiamo ci hanno costretto a guardarci dentro.

CARL BRAVE X FRANCO126, Polaroid, Bomba Dischi

5 maggio

Specialmente nell’ultimo periodo la trap si sta rafforzando nel suo ruolo di interlocutore, e ulteriore benzina, all’interno del panorama hip hop e rap del nostro paese. Nomi nuovi in grado di fondare e sviluppare un linguaggio proprio per interpretare la realtà. Ce ne danno una versione differente Carl Brave x Franco126 nelle Polaroid che cercano di rappresentare questo spaccato di una Roma scostante e sfuggevole, a tratti più una chiacchierata fra fratelli che non si vedono da un po’ e si aggiornano su cosa si sono persi, o su quanto sfugge tutto troppo rapidamente per lasciare una traccia nella memoria. Quasi più vicini al songwriting di Calcutta, come nei passaggi acustici di Per favoreche alla ritmicità fluente (e spesso fine a se stessa) degli altri. Contaminati, come tutti, da ascolti onnivori. Post flow, post soul, come quando si cerca di stabilire con un termine qualcosa che si evolve in nuove direzione. Beat e reverb, vero mantra che scandisce le rime di getto non rompono il clima generalmente pacato, più malinconico, in fondo, come le nostre polaroid, quando si ingialliscono e ci accorgiamo che è effettivamente già passato da un po’.

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FAZERDAZE, Morning Side, Groenland Records

5 maggio

L’ambiente che ci immaginiamo per Fazerdaze è qualcosa fra il Sundance e i tramonti del Coachella, per via di questo indie fatto di basso e voce, la immaginiamo cullarsi davanti al microfono o dentro un film alla Little Miss Sunshine. È un riflesso condizionato, fin troppo cinematografico per essere vero, come un’estate a San Fran. Perché è quella musica suonata con passione, che fa bene ascoltarsi in certi determinati momenti. La linea è chiara e pulita, il tema semplice e ci piace proprio per questa sua confidenza immediata, forse perché non si distacca troppo dalle sonorità che ci hanno fatto conoscere Waxahatchee e Angel Olsen e siamo più preparati a fare nostre MisreadShouldersprovare a capire, almeno, come due sentimenti opposti possano comunque far quadrare una giornata. Morning side è quel disco che ti sfiora delicatamente e ti lascia qualche brivido sulla pelle al suo passaggio.

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SHIJO X, Odd Times, Audioglobe

5 maggio

Con questo terzo album gli Shijo X trovano la giusta dimensione in cui distendere le atmosfere ampie e in continuo divenire, che ne hanno sempre caratterizzato il loro stile, ma non si liberavano così armonicamente come in questo caso. Odd Times è un disco che confonde le percezioni, processo sinestetico che nasce dall’apertura rapsodica di Brink, che ci introduce nel clima alternative che comporrà l’intero album, prima che si passi da Firflies, configurazione decisamente più trip-hop che riprende le tracce di If a Night.., fino all’ipnotica parentesi di Spiral, il brano più tormentato per via dei kick costanti e dell’uso cantilenato del tono vocale. Fuori tempi preparati che ritornano in Origami, mentre a Lapse Drop spetta il compito di riequilibrare le forze in campo, elettroniche e strumentali che strutturano, coerentemente ogni parte sonora. La voce blues di Laura Sinigaglia si districa bene e ci orienta in questo groviglio di tentazioni, senza per questo tradire la sua forte impronta. Ritroveremo gli Shijo X sul palco del Primavera Sound di Barcellona, e di altri festival europei, inutile aggiungere che questo è un certo tipo di innovazione che ci piace esportare.

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FERBEGY?, Roundabout, Riff Records

5 maggio

Il folkatronic dei Ferbegy? ha una particolare vena solitaria, una passeggiata in un bosco pieno di vento in cui le distorsioni della beat machine ti avvolgono da ogni lato, freddissime folate che ti colpiscono in faccia e ti fanno perdere l’orientamento. Sono i tratti di Roundabout e delle sue canzoni, del loro tessuto dilatato da buon synthpop. Se si fa attenzione a brani come MothEmpty Street Forest Ranger, composizioni più lente, è possibile rintracciare il nucleo attorno a cui tutto l’album ruota, e per quale motivo si tratti di un approccio analogico. In primis, la voce, e lo scambio particolare di Moth, ma anche quello solo accennato nella più movimentata They See You Alone, che permette un contatto diverso alle canzoni, più fisico che distante, limitando le distorsioni per conservare la sua ossatura. Approccio folk, rinnovato, verso una maggiore modernità e ricerca di suono, rimanendo comunque fedele a suoi principi di storytelling legato più a riprodurre sentimenti che scene in cui immergersi. Levigato.

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AUTIST, Misbehave, Springstoff

5 maggio

Rincontriamo i franco-berlinesi Autist su queste pagine, dopo avervi già presentato la prima parte, Constance. Come avevamo già avuto modo di raccontareMisbehave è il seguito naturale dell’uscita precedente e il suo punto naturale di chiusura. I toni cupi non cambiano e si impreziosiscono, anzi, di ulteriore oscurità. Lo scambio continuativo di francese, inglese e tedesco delle liriche, che già era un tratto distintivo dell’EP precedente, perdono ancora più materialità, divendanto echoes che provengono dal nulla, pronti a catturarti. Il postchansonnisme si riduce a un segmento liquido, impercettibili sussurri che si scontrano con la costanza della drum machine. Brani come DoucePeau vengono definitivamente sconfitti, in vista di un sonorità sempre più techno e dark wave, come accade in Gossippe. I sette minuti di Blue Roi sono il colpo finale, prima di un terzo, attesissimo, capitolo di questo libro sulle metropoli e sul lento smarrirsi dentro la musica elettronica.

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MÒN, Zama, Urtovox

12 maggio

Dentro ai tentacoli di Zama coesistono più nature, nemmeno così vicine fra loro. Una costante oscillazione fra melodie più lente e istanti di forza strumentale che mutano il clima iniziale. È il caso, ad esempio, di Lungs in cui allo scambio maschile-femminile delle voci, sulle tracce degli Of Monsters and Men, si arriva a un parziale incupimento del tono non appena gli strumenti si appropriano della scena. Tendenza al capovolgimento costante nel modo di fare musica dei Mòn, capita per questo che un pezzo come Forest of Cigarettes passi da contorni più melodici a tratti indie rock, dai Mùm agli Strokes in una manciata di accordi, fino alla conclusione sognante che ritorna, già introdotta da Alma e ribadita in Indigo. È una struttura che coinvolge, anche se certe volte tende alla saturazione del suono, trasformandosi di nuovo, da un brano all’altro, come nel caso delle riprese di Flourescent. Il suono rimane pulito, anche qui, forse anche troppo, ma non cambia comunque il fatto che ci ritroviamo davanti a un esordio decisamente interessante e che, per tanti motivi, si ritaglia un suo spazio importante.

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VALERIAN SWING, Nights, Small Pond / To Lose La Track

12 maggio

Si arricchisce di nuovi sviluppi la parabola dei Valerian Swing, trio heavy che da Correggio ha attraverso tutto il mondo. In Nights la banda emiliana guadagna una nuova chitarra baritona e i synths di Francesco Giovannetti, a sostituire il basso dopo l’abbandono di Alan Ferioli, e l’impatto sulle sonorità è immediatamente riconoscibile, più libero nello scrutare le proprie potenzialità rispetto al passato senza tradire, per questo, la propria storia. Sono rimaste le batterie furenti, i battiti lunghissimi e i refrain, la voce che è appeno un accenno quando si affaccia e funziona più da macchina per accompagnare le suggestioni di Two Ships o i chimerici segreti di Five WallsNights non è un voltafaccia, piuttosto una naturale evoluzione all’interno della propria esperienza quando si concentra in Eight Dawns, proprio prima che si concluda tutto l’album, ad anticipare probabilmente quello che ci aspetta. I Valerian Swings si confermano ancora una volta, eliminando le paure attorno a ciò che avrebbe potuto causare sul sound un cambio di lineup, uno di quei progetti da seguire con attenzione.

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124C41+, Ode, Dreamingorilla Records / È Un Brutto Posto Dove Vivere / Insonnia Lunare Records / Astio Collettivo / Stay

15 maggio

Ode è un’unica traccia, da ascoltare in silenzio assoluto, perché quello che tocca, più delle orecchie, è tutto l’apparato percettivo. Un viaggio in un paese post-apocalittico, svuotato di tutte le persone e rappresentato solo dal rumore del vento quando entra dalle finestre dei palazzi abbandonati. Si è da soli, sull’attenti a ogni rumore che si affaccia dal silenzio fino alla sua esplosione che di nuovo si perde in reverbero. Il titolo delle varie composizioni, del resto, non lasciano dubbi su come l’intento degli 124C41+ (One To Foresee For One Another) sia proprio evocare certe suggestioni di tenebre e solitudine nell’ascoltatore, per mezzo di un suono spoglio e libero da eccessivi manierismi. Un viaggio tridimensionale all’interno di queste case abbandonate.

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DEL NORTE, Teenage Mutant Ninja Failures, Autoproduzione

15 maggio

Il tema ricorrente dell’esordio dei pesaresi Del Norte è quello di un punk volutamente disordinato e caotico, a cui non dispiacciono gli effetti, nonostante una forte tendenza alla registrazione lo-fi. Amplificazione adatta a un corpo fuzz, che tinge un po’ il tono generale, correggendo l’occhio verso tonalità più legate all’alt rock. Chun Li è la traccia più esemplificativa delle intenzioni di Teenage Mutant Ninja Failures, introduzione, e manuale d’uso, alle successive canzoni. Stiamo parlando di un’esordio coerente con le proprie potenzialità, una buona interpretazione di una materia più volte affrontata ma che non consuma i Del Norte, bravi in questo a metterci il loro tocco personale.

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