Spesso mia madre si trovava con delle sue amiche a parlare di femminismo.
Fumavano tantissimo e riempivano la tappezzeria di odore di fumo.
Mia madre ascoltava gruppi musicali americani di cui non mi ricordo il nome che facevano venire voglia di ballare anche se eri triste, allora ballava e mi spiegava che voleva essere una zingara.
(A. Nove, La vita oscena)
Dischi intrisi di fumo e di storie da raccontare, ancora una volta, per questo aprile al buio nei subterranean tapes.
LO ZOO DI BERLINO, Rizoma Elements, Consorzio ZdB/Goodfellas
1 aprile
Dietro le sbarre, fra l’occhio spento e le luci dei flash, resiste ancora un briciolo feroce dal doppio significato. È questa l’essenza del post rock tinto di avant-garde de Lo zoo di Berlino, in cui non sappiamo davvero a quale riferimento accostarlo, se ai ragazzi perduti di Christhiane F. o alla natura divenuta schiava per qualche turista. Quello che invece siamo sicuri di poter definire è il suono estremamente pulito di Rizoma Elements che non respinge mai chi lo ascolta e, a tratti, si fa come dolce e accogliente, quasi a risarcire quelle parti che dopo essere state ferite necessitano di più cura. A distoglierci da quelle suggestioni, però, arriva la rivisitazione de L’internazionale e del successivo Laogai, unici apparenti nei di un processo che si sviluppa e riesce a integrarsi alla perfezione. Tentativi deleuzeani a parte, la persistenza sotterranea di Rizoma ci si attacca addosso, seguendo appunto quella linea di connessioni imprevedibili fino alla disintegrazione totale.
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BRUUNO, Belva, V4V / Coypu Records
1 aprile
È forte e inesorabile la Belva dei Bruuno, convergenza di elementi dei Soft Moon e I am Titor. Da tempo un disco hardcore italiano non era in grado di spezzare lo specchio in cui alcuni generi vengono isolati, costretti a guardarsi riflessi nelle proprie stanze, e sono le ossa che ne escono frantumate dalla foga degli strumenti a infrangere quell’incantesimo. A tratti letale nel suo non abbassarsi mai, finisce presto per portarti al fiatone e a far tremare la spina dorsale che si scontra con la durezza di questo elemento puro e rabbioso. Dove il tentativo poetico de Il teatro degli orrori incontra la foga dei Breach, se qualcuno si aspettava una reazione del genere è arrivato il momento che si preparari allo scontro, perché di sangue ce n’è ancora da buttare.
BLEACHED, Welcome the Worms, Dead Oceans
1 aprile
Sin dal loro esordio le Bleached hanno messo bene in chiaro quale fosse la loro idea di punk rock, non dando spazio alle critiche dei puristi quanto alla direzione pop assunta dai più innovatori. Welcome the worms è il risultato sincero di questa ricerca sulle origini del genere, in cui Wasted on you diventa una specie di macro-manifesto, dove le idee si fanno decisamente più limpide, la batteria a scandire il tempo mentre la chitarra si occupa di dare una base alla ritmica che possa sostenere la voce asciutta di Jennifer Calvin. Welcome the worms è così un prodotto già più maturo del precedente, in cui il clima si incupisce un po’ in direzione di un’uscita maggiore delle singole parti (non è un caso che il basso guadagni più importanza). Le Bleached sono ragazze toste, non provate a fermarle.
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LIGHT LEAD, Randomness EP, Autoproduzione
4 aprile
Minimale e delicato il debutto dei Light Lead si muove accostandosi alle sonorità dilatate dei Beach House e alla forza vocale di Nico. Da queste coordinate la voce dell’israeliana Michal Israeli ben si fonde con la chitarra del bresciano Davide Panada e la ritmica di Beppe Mondini (batteria nell’ultimo ep degli Scisma, fra gli altri) permettondo al suono di fluire libero nella direzione in cui le parole vogliono spingerlo. Il risultato è un concentrato di new wave e dream pop, che attrae e ipnotizza per la sua capacità di non sbavare mai, nemmeno quando si concede un’improvvisazione.
COMA BERENICES, Delight EP, Slow Down Records
19 aprile
In maniera simile ai Light Lead, anche le Coma Berenices riescono ad esprimere bene quella delicatezza di un contatto appena accennato. Sottile e profondo il loro EP Delight, ispirato alla poetica di Robert Herrick, riempie gli spazi vuoti lasciati dalle parole con le melodie del perduto, senza per questo finire in una cupa rassegnazione. È il caso di The Waves, capace di fondere in sé gli ingredienti più disparati del contrasto e della riappacificazione in un continuo avvicinamento parziale che poi si perde solo alla sua conclusione. Profondamente ancorato alla dimensione acustica questo EP ha il pregio di svilupparsi e di concludersi in maniera definita, senza per questo perdersi nemmeno in un ascolto superficiale.
Released tracks: A Spring Blossom
SOPHIA, As We Make Our Way (Unknown Harbours), Flower Shop Records / Self
15 aprile
Qualche volta capita che finiscano nei sotterranei band che non dovrebbero starci. È il caso dei Sophia di Robin Proper-Sheppard (The God Machine) e del suo album di ritorno As We Make Our Way (Unknown Harbours). Sette anni sono tanti, e mancano spesso le forze per rimettersi in gioco, ma è la quantità di stimoli che si possono estrarre a rendere questo album qualcosa di più di un ritorno, della lotta vana di Resisting contro il tempo che fugge via e di quando spesso non finiamo per parlarci come dovremmo, relegando le cose che ci facevano stare bene nel posto sbagliato. I Sophia hanno questo pregio fondamentale, come se tutto quel silenzio non li avesse piegati e non fosse stato che un battito di ciglia quel dirsi arrivederci. L’album finisce per essere così completo da non aver nemmeno troppo bisogno di descrizioni, e tutto questo diventa solo un consiglio all’ascolto, dall’inserimento del disco all’inizio della prima canzone, poi, è tutto un vostro viaggio.
Released tracks: The Drifter | Resisting
TITOR, L’ultimo, Inri
1 aprile
Delle teorie sul viaggiatore venuto dal futuro John Titor c’è rimasto poco, nel senso che dopo un generale clima di tensione fra le parti più scoperte di internet tutto si è perduto. Un senso di sparizione simile lo hanno ritrovato i Titor ne L’ultimo, nome del loro ultimo e non si sa ancora se dichiarazione sul proprio avvenire, rabbioso ritorno del punk rock del nostro paese. Se è un genere che rischia di ripetersi, soprattutto quando è cantato in italiano, questo non significa che non possa trovare maniere inedite. La band torinese, infatti, riprende a camminare da dove si era fermata, riconsiderando il ruolo del songwriting e inacrendo le strumentazioni rispetto al precedente Rock is Back (uscito nel 2012), arrivando a esprimersi attraverso storie quasi complete e non solo dichiarazioni di appartenza, mentre il sound si conferma per la durezza per cui si era già fatto apprezzare. La tempesta dei Titor si abbatte su quello che tocca, a buon rendere per i club in cui si abbatterà indomita.
PUNKREAS, Il lato ruvido, Canapa Dischi / Rude Records / Garrincha Dischi
22 aprile
Se band come i Titor hanno potuto trovare una loro dimensione è perché ce ne sono state altre, come i Punkreas, che hanno aperto e creato uno scenario in cui plasmare l’immaginario. Anche se, quasi certamente, gli anni d’oro di un certo genere di punk nostrano sono già trascorsi, anche per un mancato ricambio generazionale, Il lato ruvido della band della provincia milanese non se n’è mai andato, come in tanti cuori che aspettavano soltanto la scintilla per ricordarsi del proprio passato. Non è cambiato molto da Pelle e Falso ma è proprio questo a rendere i Punkreas uno di quei gruppi da cui non ti puoi distaccare mai se ne sei stato contaminato. A pensarci bene quegli anni mancano un po’ a tutti, ed è una scossa che serve a risvegliare chi pensa che sia già tutto finito o che quei tempi siano lontani. La collaborazione con Lo stato sociale e i Modena City Ramblers restituiscono il giusto sapore a tutta questa nostalgia, facendoti credere che non sia effettivamente un questione solo personale. Una questione di affetto, per chi è in fuga già da tempo.
Released tracks: In fuga