Chiudi gli occhi, premi play su Black (meravigliosamente introdotta da Inward) e parti. Dove andiamo? Non ne ho la minima idea. Facciamo un viaggio nel postpunk, ché non è mica necessariamente vero che le epoche debbano finire nel nome dei fondamentalisti dell’innovazione tout court. Non è neanche vero che i generi siano finiti. Facciamo un viaggio dentro le atmosfere elettroniche contemporanee mischiate a quella new wave che colpisce diritta allo sterno. Black è il singolo che anticipa il nuovo album dei Soft Moon, Deeper: in pochi minuti siamo subito a casa. Il racconto di un’epopea che mischia il romanticismo a una certa malinconia di vivere, con atmosfere electro-wave postpunk.
Far ci trascina via, giù sprofondando verso l’onirismo dei Joy Division, ma non c’è verso di perdere la sfida di fronte al Duemila. La band di Oakland ha un’originalità tutta sua, una liturgia che intervalla velocità e lentezza di sound a un ritmo frenetico. Tra Far e Wasting intercorre questo movimento-scambio che muta tempi e direzioni dei suoni: dal postpunk portato all’estremo fino a virare verso i Depeche Mode. Mentre con Wrong esplode la portenza dei sintetizzatori e dell’effetto sonoro. L’ibrido creato dai Soft Moon ha qualcosa che ci affascina, e racconta i tempi moderni in cui viviamo: siamo incatenati terribilmente alla fusione di suoni che riescono a tirare fuori dal cappello.
Sin dal primissimo ascolto questo disco brucia, è una piccola bomba che invade le orecchie con la carica di un’esplosione atomica. Nell’incavo sonoro del tempo, Desertion diventa un gioiellino di cui godere, coi suoi ritmi esagerati, un mantra ricchissimo di beat coinvolgenti. I cambi di registro sonoro che ci raccontano i Soft Moon sono improvvisi: Without sembra una vecchia ballata di Trent Reznor, accompagnata da un pianoforte doloroso, mentre Feel ci riporta disperatamente agli anni Ottanta e alle sue atmosfere, e Deeper impazzisce invece verso il sound electro-tribale.
Se per musica fusion intendiamo un mescolamento di jazz, rock e funk, andando verso quella world music di cui è stato capostipite David Byrne e i suoi Talking Heads, in questo nuovo album dei Soft Moon possiamo percepire un brivido di alt-fusion, una fusione di suoni della musica alternativa per la modernità, il sottofondo che coniuga il misterioso disagio della new wave con la buona novella dell’elettronica. Ascoltare per credere è il prossimo passo di un’immediata conversione, che dura fino al rumore sordo di Being.