Il meccanismo narrativo (il cosiddetto “plot”) è costruito sulla “notte dello sfogo”: una volta l’anno, più precisamente il 21 marzo, dalle ore 19 alle ore 7 del giorno successivo, ognuno può commettere crimini, dare sfogo ad atti violenti, torturare e uccidere chiunque gli pare, senza essere punito, senza subire conseguenze penali per le proprie azioni. Tutto questo perché la disarmante sceneggiatura ci dice che un fantomatico nuovo regime di potere statunitense in mano ad altrettanto fantomatici Nuovi Padri Fondatori d’America, dopo aver preso il potere nel momento più critico, criminoso e incontrollabile della Storia del paese, è riuscito a risolvere il “fastidioso” problema della violenza e ad occuparsi dei diritti civili dei singoli cittadini semplicemente istituendo, con la ratifica di un nuovo emendamento costituzionale, una notte all’anno in cui vige la libertà personale di impiegare qualsiasi tipo di crimine, esente da ogni forma di punizione.
E` questo l’agghiacciante motivo principe, l’unico, che rende interessante un film come The Purge: nessuno si sente ed è al sicuro nella “Notte dello Sfogo”, compreso il protagonista del film e la sua famiglia, perché tutti hanno un motivo, in cuor loro, per uccidere qualcun altro; e se la giustizia e le conseguenze penali, molto più che la civiltà e la legge morale, nella maggior parte dei casi bloccano l’assassino che si nasconde in ogni essere umano, nella notte in cui tutto è permesso non esiste freno che tenga; l’odio più recondito, l’astio e la rabbia repressa, le insoddisfazioni,i soprusi, gli abusi, il razzismo, l’intolleranza, la frustrazione, la fame, la motivazione più banale, l’invidia coltivata all’infinito, sono tutti elementi ideali per dare vita ad uno “sfogo” liberatorio.
La base narrativa del film è uno spunto perfetto per collegarsi alla realtà in cui viviamo: la società contemporanea sta regredendo verso l’accettazione e la comprensione della giustizia fai-da-te, aumentata dalla perdita pressoché totale di fiducia nelle istituzioni, nelle forze dell’ordine, nella legge. Chi subisce una rapina e insegue i ladri con l’intenzione di ucciderli fa bene ad opinione di una quantità inimmaginabile di persone per cui è inutile la denuncia, per cui è superata persino la regola selvaggia dell’occhio per occhio; ma la perversione della giustizia fai-da-te pare non comprendere la possibilità, a quel punto più che plausibile, della ritorsione, della vendetta o semplicemente della contro-giustizia: se ammazzi mio figlio, mio marito, mio fratello, un mio amico perché ti ha rapinato, io vengo ad ucciderti per fare giustizia e tu sarai vittima ideale di quella legge barbara che hai voluto e che hai fatto tuo principio.
Questo, ovviamente, è un caso limite che purtroppo è spesso presente nelle cronache della quotidianità di ogni parte del mondo: ma parlando in termini ancor più spicci, la verità incontrovertibile è che un film come The Purge dall’inizio alla fine, anzi sopratutto nei 10 minuti finali, spiattella un dato di fatto a cui, purtroppo, solo la legge, la giustizia può far fronte: ognuno ha una ragione per ammazzare, e quando si uccide non esiste motivo giusto o sbagliato (persino l’eccesso di legittima difesa è punito dalla legge), si commette un omicidio, un atto che va contro la legge giuridica e morale.