Nel 2010 Passive Me, Aggressive You – album d’esordio della band neozelandese capitanata da Thom Powers e Alisia Xayalith – aveva dato a tutti un’importantissima lezione: il synth-pop efficace e interessante esiste anche senza rinunciare al posto in playlist quando ci si spacca fino alle sei del mattino. The Naked and Famous li avevamo lasciati un po’ così, esotici ma familiari, giovani festaioli ma dannati, cassa dritta ma con quella personale energia che gli ha permesso di emergere in un panorama electro ultra-saturo.
Per loro un solo motto: facciamo le cose come gli altri, ma meglio degli altri.
Con In Rolling Waves non attendetevi una rivoluzione: la forza della band di Auckland – lo si poteva già intuire – non risiede di certo nell’inventiva o nella sperimentazione. E infatti si riparte esattamente da dove l’esordio aveva lasciato, senza grandi cambiamenti strutturali; l’unico elemento di novità risiede nella ricerca dei suoni: detto addio a sintetizzatori assordanti che soffocano tutte le sfumature dei brani, In Rolling Waves sfoggia sonorità più delicate, batterie sintetiche intriganti, tastiere più raffinate e meno invadenti, suoni di chitarra da un lato più compressi ed aggressivi, dall’altro più taglienti e precisi ove necessario.
Il disco si apre di prepotenza: A Stillness, nonostante l’introduzione smooth della chitarra acustica, contiene in chiusura tutti gli ingredienti forti del primo lavoro: charleston aperto e in levare, cassa in quarti, riff electro-chitarresco tosto. Hearts Like Ours – forse il miglior brano del disco – e Waltz rispettano l’atmosfera del primo brano: una, con il suo efficacissimo crescendo, le chitarre super-compresse e tutta la tensione di una singola nota di piano tenuta in ottavi, mi ha fatto ballare in mezzo alla stanza, ore dieci del mattino; l’altra, con i suoi synth distorti alla Wolfgang Amadeus Phoenix disorienta e incuriosisce per certe ritmiche di batteria: niente di trascendentale, ma l’atmosfera chill con i giochi di voce alla XX è ottenuta in pieno. E noi ringraziamo, parola d’ordine: groove. Dopo gli evitabili e banali eccessi pop di Rolling Waves e The Mess, di colpo il tempo rallenta: Grow Old – seguita da Golden Girl – è un altro di quei brani da non perdere d’occhio, un lento toccante, con un’apertura estatica ed un’evocativa chiusura con voci distorte ed armonizzate. Sei minuti e più di musica che voleranno anche per i più impazienti impasticcati. Anche I Kill Giants è una promessa mantenuta, che ci riporta tutta l’energia dell’inizio del disco: esplosioni di batteria, riff di sintetizzatori e tastiere incalzati non lasciano un minuto di tregua: forse tre volte lo stesso momento di vuoto prima del ritornello è un po’ troppo, ma quando qualcosa gasa ci si lascia prendere la mano. Il disco si chiude con le tonalità cupe di To Move with Purpose, che culmina in un’apertura quasi orchestrale, assolutamente travolgente. Poi il silenzio: una chiusura improvvisa, del tutto inaspettata, che risveglia l’ascoltatore e lo lascia a tutte le sue impressioni contrastanti.
Se in questo disco cercate del genio – e già bisogna che siate così stronzi da permettervi di parlare di genio – allora gettatelo nel bidone della riciclata, cari radical chic(kens). Se invece – come nel mio caso – in questo album state cercando la riconferma di una band che tre anni fa vi aveva incuriosito, eccovi accontentati, almeno in parte: certo la qualità dei brani non è di certo uniforme come nel primo lavoro di The Naked and Famous, e per almeno un paio di brani ci sarebbe da finire al pronto soccorso per frattura dell’indice sul tasto “skip” (patologia in allarmante crescita), ma le sonorità più eleganti e raffinati rispetto al passato ci fanno presupporre che i cinque neozelandesi abbiano forse fatto un primo passo di un cammino artistico in progressione. Di certo questo primo piede fuori della porta di casa non eccede in coraggio, offrendoci un disco che si limita a ribadire – per quanto abbastanza efficacemente – un concetto che già una volta era arrivato chiaro agli ascoltatori. Da un mercato musicale che non sopporta la minima ripetizione di sé, The Naked and Famous rischiano ora di scivolare in quello che invece della ripetizione di sé fa il proprio marchio di fabbrica, offrendo costantemente a milioni persone lo stesso polpettone ad ogni stagione.
Con una ricetta come quella di Passive Me, Aggressive You non si poteva sbagliare, a meno che, dal 2010, gli appetiti degli ascoltatori non siano cambiati.