Con Anthems for Doomed Youth, i Libertines tornano sulla scena grassi e maturi come non lo sono mai stati. Sono serviti undici anni di pausa, e il rischio di finire nel dimenticatoio, per convincere Pete Doherty e compagni a tornare in studio e dimostrare che la loro musica non è stata uccisa dal gossip e dalla vita mondana. Ed ecco che, dopo questo periodo di solitaria distruzione, i compagni di sbronze Pete e Carl decidono di riprendere in mano la propria adolescenza e tentare un nuovo inizio con questo Anthems.
Come ogni nuovo inizio però, anche questo fa nascere dubbi e incertezze. Ormai siamo troppo abituati a vedere band che si riuniscono solo per fini economici per illuderci ancora una volta. Basti pensare all’ironia di alcuni gruppi su Facebook come “Ragazzine indie che dopo aver visto Pete grasso sono in crisi”, per capire che anche i loro fan danno ormai per spacciata la coppia Pete Doherty e Carl Barat.
A prima vista, Anthems ha tutte le carte in regola per essere il classico album creato a tavolino per spremere definitivamente le tasche dei fan, prima di far scomparire per sempre i suoi autori nelle pagine di un’antologia rock. Non può, infatti, passare inosservato il tempismo della scelta di questa reunion: Kate Moss si è ritirata da poco dalle scene ed Amy Winehouse è entrata a far parte a tutti gli effetti del Club 27. Non ci si può scordare come gran parte della fama di Pete Doherty fosse dovuta alle sue relazioni di coppia travagliate. Il fascino di Pete svanisce senza Kate, e la sua droga non ha lo stesso sapore senza Amy. Ed ecco l’ultima relazione rimasta disponibile per non tornare ad essere soltanto uno sballato di Camden: quella con Carl Barat. In fondo non può esistere un Pete Doherty senza il suo compagno di sventure.
Ma appena si spinge play, la traccia di apertura, “Barbarians”, scaccia immediatamente questi pensieri da complottista cronico, per lasciare il posto a quell’ingenuità adolescenziale che da qualche anno avevamo dimenticato nel taschino bucato della nostra maglia a righe. Anthems parte come un proiettile a 150 bpm. I riff di chitarra intrecciati di Pete e Carl portano la mente in una fredda nottata inglese. Chiudendo gli occhi si possono vedere le strade trafficate di Londra, mentre tra un pub e l’altro, si va alla ricerca di quel profumo di vita che, spesso, si confonde con l’odore del sangue incrostato nel naso dopo una scazzottata.
I brani scorrono spensierati uno dopo l’altro e trasmettono quell’immediatezza e sincerità che Pete, nel bene e nel male, è sempre riuscito a comunicare. Ma qualcosa di inaspettato c’è. Le canzoni di questi eterni adolescenti sono più mature, e diventano subito più credibili.
Anthems ti colpisce alle spalle, quando meno te l’aspetti, come una bottigliata sulla schiena. Le parole di Pete lasciano un livido indelebile nelle menti di tutti quei ragazzi nati tra gli anni 80 e 90 che hanno investito tutti i loro soldi ed energie in droghe ed alcol e si annoiano soltanto all’idea di diventare “adulti”. È un disco che parla a tutti coloro che sono sopravvissuti ai 27 anni, e che hanno deciso che non è ancora arrivato il momento di darci un taglio.
Anthems for Doomed Youth è un disco che più si ascolta e più convince, perché è capace di riportarci indietro di dieci anni e riempirci il cuore di nostalgia dopo aver scoperto che tutto è cambiato, anche se noi non siamo cambiati affatto. È un disco che ha il potere di fa tornar la voglia di andare ai concerti, strafatti e ubriachi, per cantare il ritornello di “Fame and Fortune”, o alzare gli accendini con “You’re my Waterloo” e “Dead For Love”. E chi se ne frega se dal vivo Pete e Carl stoneranno ogni singola nota, perché quello che conta è divertirsi e non pensare che domani saremo più vecchi di un giorno.
Lasciatemelo dire, questo è decisamente il miglior disco dei Libertines.