The Jezabels, le promesse disattese e tanti, tanti gattini

Quando ho saputo dell’uscita di un nuovo album dei The Jezabels, ero decisamente curioso. I The Jezabels sono una band che è riuscita a trovare un ottimo compromesso tra le atmosfere seriose dei Daughter e le chitarre rock dal ritmo facile. Alcuni loro pezzi (Easy To Love, Mace Spray, Hurt Me) riescono a ridurre di molto la distanza tra il raffinato e il ruspante.

Mi sembrava quindi il tema ideale per una recensione de L’Indiependente. Una di quelle disamine ricche di stelline e scritte da gente molto preparata, che potete trovare qui. Ma ho lasciato perdere. Un po’ perché non ho le competenze degli altri recensori e anche perché il disco delude. O almeno, delude chi conosceva i The Jezabels e ne apprezzava la capacità di scrivere pezzi discreti intervallati da brani decisamente buoni.

Non guardatemi così, non l’ho registrato io il vostro ultimo album

The Brink presenta invece 11 tracce mediamente decenti, con alcune cadute rovinose. E tuttavia non è affatto un album “brutto”. Solo non è possibile ritrovare gli spunti di originalità tipici di Prisoner, il cd di esordio, e degli EP che lo avevano preceduto. Il nuovo lavoro strizza invece l’occhio alle melodie di largo consumo, mescolando le sonorità tipiche del gruppo con elementi 80’s, così come prescrive la moda del momento.

Dopo due pezzi abbastanza anonimi, l’album ci propone Look of love (già il titolo dovrebbe mettere in guardia) e i suoi archi impastati nel miele. Beat to beat è l’omaggio agli omaggi agli anni ’80 già citato e Angels of fire mi stava per far andare addosso a un palo mentre la ascoltavo in auto.

The End invece, primo singolo del disco, è più convincente. La voce di Hayley Mary, la cantante, ritrova la cattiveria già conosciuta. I ritmi, nella migliore tradizione della band, non sono particolarmente originali o complessi, ma coinvolgono e non stancano.

In Psychotherapy Hayley Mary si modula invece su corde che possono piacere a un pubblico di 14enni appena lasciate dal fidanzatino. Stessa situazione in All you need, dove ricompare il quartetto d’archi, anche se l’insieme paraculo risulta meno pesante che altrove.

In tutto questo, The Brink è un album ben ponderato. Ci sono gli elementi caratterizzanti della band dosati per piacere ad un pubblico di vaste dimensioni. Un passo indietro sul piano dell’originalità e due avanti su quello del mainstream. Il tutto in forma mai sfacciata e sempre ben organizzata.

(La recensione dell’album finisce qui. Chi avesse aperto il link per i The Jezabels si ritenga insoddisfatto e accetti, a titolo di parziale risarcimento, un consiglio: “So Long, See You Tomorrow” dei Bombay Bicycle Club. Gran cd.)

Bombay Bicycle Club, tanto sfigati quanto bravi

Tornando ai The Jezabels, a questo punto bisogna decidere cosa pensare di The Brink. La messa in saldo di una linea musicale potenzialmente originale? Un onesto tentativo di rendersi più appetibili al grande pubblico? Il malefico effetto di un manager di Mtv che si sta scopando Hayley Mary?

Generalmente non amo gli sprechi di idee musicalmente interessanti. Tuttavia, mentre pensavo a tutte queste cose, sul sito de La Stampa ho trovato questa immagine:

L’immagine fa parte di una serie di illustrazioni disegnate da un qualche artista che ha riprodotto Marge Simpson nelle pose di alcune celebri fotografie di moda. La domanda però è: che minchia ci fa questa scemenza nel sito di un giornale che le troiate le inserisce negli articoli, non nello spazio “Gallery”?

La risposta è che internet ha livellato tutto, nel bene e nel male. La sterminata offerta di contenuti ha messo i siti dei quotidiani, che già navigano in acque melmose, in diretta competizione con fashion blogger, GialloZafferano, blog umoristici e eccellenti contenitori di video porno.

Per questo i portali cosiddetti “seri” sono in enorme difficoltà. E cercano di copiare i loro competitor. Non potendo sbattere i pompini di Sasha nella home, si sono ingegnati per riproporre i contenuti che più viraleggiano sul web. LaStampa.it, nello specifico, è ancora un po’ restia e per questo destinata a soccombere. Soprattutto se la concorrenza può sfoderare immagini come quelle qui sotto.

Queste sono solo cinque delle 17 pucciosissime foto pubblicate da Repubblica.it in una gallery dal titolo Autoscatto felino: quando il gatto si fa il selfie.

I ragazzi del sito devono aver pensato: “Selfie + Gattini = Visite”. Giusto, l’operazione ha funzionato. Però è anche vero che “Selfie + Gattini = Follia Collettiva”. Internet è così. I like del brano originalissimo della band fighissima sono identici a quelli dei gattini. Solo che:

Internet, come grande livellatrice, ha effettivamente alterato gli equilibri. Anche l’offerta musicale, veicolata da servizi come Youtube o Spotify, ha ampliato i suoi confini fino all’infinito.

Paradossalmente (ma neanche tanto, a ben pensarci) nel momento in cui la tecnica permette lo sviluppo e la diffusione su ampia scala del maggior numero di prodotti creativi di sempre, la stessa tecnologia ne limita l’impatto. Oggi chiunque scrive una canzone può metterla a disposizione del pubblico e, nel mare magnum delle proposte, verrà quasi sicuramente ignorata.

Inoltre, e questo è il vero elemento di novità, la competizione per l’attenzione non è più solo tra contenuti simili (musica, blog, progetti creativi, ecc…), ma coinvolge gli elementi più disparati. Nel tutti vs. tutti generalizzato, i libri sfidano la recensione del nuovo iPhone, i racconti erotici rubano spazio alle Olimpiadi, e via dicendo.

In assenza di una direzione dall’alto, che ordini i contenuti in base a una scala di valore, vince cosa piace al maggior numero di persone, alla “gente”. E alla gente piacciono i gattini.

Su queste basi, il nuovo album dei The Jezabels fa bene ad avvicinarsi concettualmente ad una gallery di selfie. E gli unici strumenti, insufficienti e miseri, a disposizione dell’ascoltatore scontento sono non comprare il cd e togliere il proprio “mi piace” alla pagina della band.

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