La vita liquida | The Game di Alessandro Baricco

a cura di Raffaele Avico

La complessità del presente necessita di dispositivi di traduzione o di comprensione. Più che mai abbiamo bisogno, ora, di autori, pensatori, intellettuali, che ci aiutino a comprendere e decifrare il presente. Ci servono cioè delle cornici simboliche sufficientemente ampie da contenere il momento attuale. Ovvero, abbiamo bisogno di autori che sappiano fornirci quella che gli americani chiamano “big picture”. Al momento, è chiaro come chi riuscirà a possederla, questa “big picture”, sarà in grado, perlomeno, di immaginare il futuro senza paura, cosa al momento impossibile, a quanto sembra, ai più.

Abbiamo bisogno cioè di dispositivi di processamento della mole enorme di dati alla quale ogni giorno siamo sottoposti. Questo “serpente” di recensioni di testi, ha l’obiettivo di tracciare una rotta sommaria, o di lasciare per strada briciole di senso che, raccolte, potrebbero fornirci di chiavi di lettura interessanti per comprendere “cosa sta succedendo”, fornendoci delle parole necessarie a descrivere e immaginare -a costo di inventare vocaboli.

THE GAME – ALESSANDRO BARICCO

Baricco si fa spesso parafulmine di accese critiche a riguardo del suo modo di narrare, o delle sue tematiche, venendo a volte tacciato di semplicismo dai depositari del sapere ultimo a riguardo di “ciò che dovrebbe essere letteratura”, etc.etc.

Con il suo ultimo The Game (uscito in due versioni, quella originale, dalla copertina nera, e in una seconda versione Unplugged con la copertina bianca, una raccolta di scritti a opera di scrittori contemporanei che commentano The Game “1”), tenta una lettura del presente usando il suo strumento preferito, lo storytelling. In particolare tenta di spiegare la “rivoluzione digitale” usando uno storytelling “geologico”. Ovvero, si chiede: com’è nata la “catena montuosa” delle grandi organizzazioni e piattaforme digitali del presente? Quali sono state le spinte sotterranee, con le relative devastanti scosse telluriche, che hanno prodotto l’emergere delle alte montagne dei “tool tecnologici” e degli enti innovatori (Google, Amazon, Facebook, Apple, etc.) del presente?

Nel tentare di fare questo, arriva a disegnare in senso reale una mappa, vista dall’alto, delle catene montuose nate in seguito alle spinte degli originatori degli anni ’80/’90, un gruppo che Baricco definisce un insieme di “hippy nerd” mossi da un doppio movente: l’anarchismo dei figli dei fiori degli anni ‘60/’70, e il “tecnologismo” dei primi esperti di computer e di web, che videro in questi strumenti, agli inizi, un enorme potenziale sovversivo.

Nel suo The Game, Baricco ci spiega come, ai suoi inizi, il movimento costituitosi con la nascita dell’informatica e la rete, avesse come implicito obiettivo “finale” la sovversione degli ordini costituenti dell’epoca: la rete e l’informatica sembravano cioè in grado, potenzialmente, di sovvertire le regole vigenti e i monopoli di potere al tempo posseduti da quelli che Baricco chiama genericamente “sacerdoti”.

Prima cioè dell’avvento di Internet, alcune conoscenze (ma anche servizi e prassi) erano riservate a “caste sacerdotali” in grado di monopolizzare sia conoscenza in senso stretto (come il gruppo dei medici) che servizi erogati (il gruppo degli editori, il gruppo dei giornalisti): Internet, e una connessione “totale”, sembrava poter restituire al singolo cittadino un enorme potere conoscitivo e insieme uno strumento di potere applicato veloce da usare (la velocizzazione della posta, per esempio).

Tutto questo, Baricco ci dice, portò effettivamente alla sottrazione di intere, enormi fette di potere alla “casta”, dando origine a un movimento di “cambio di paradigma” che l’autore descrive come epocale, di enorme portata. A questa fase storica ci si riferirà, Baricco dice, come oggi ci si riferisce a epoche caratterizzate da vasti cambi culturali e di paradigma, come l’Illuminismo, o il Rinascimento.

Siamo di fronte cioè a un cambio culturale che porterà con sè grandi sconvolgimenti, per ora solo in parte rappresentabili alla mente. Il tutto grazie, come sempre -Baricco racconta-, alla presenza di un “tool”. Ovvero, spesso è lo “strumento pratico” a garantire la possibilità di un balzo evolutivo, così come può essere stato in passato per il fuoco, l’elettricità, la radio. Il paragone non è azzardato se si pensi alla vita “pre-2008”, prima dell’avvento della diffusione di massa degli smartphone connessi alla rete, appena 10 anni fa.

Il fatto che la casta dei sacerdoti sia stata detronizzata, tuttavia, ha creato un vuoto, Baricco ci dice, presto riempitosi di nuove forme di dominazione culturale da parte di chi riesca – oggi – a cavalcare il gioco, che dimostri di saper manipolare in modo attivo “The Game”.

Baricco cita coloro che al momento rappresentano i “nuovi sacerdoti”: persone assolutamente in grado di cavalcare la trasformazione in atto, con evidenti vantaggi personali, focalizzate, proattive e rapide. I grandi fondatori dei Social network, ma anche semplici Youtuber, persone esperte di marketing online, in grado di giocare al “The Game” in modo proficuo, a proprio uso e consumo. Baricco, insomma, sembra dare una lettura tutto sommato ottimistica della cosa, non catastrofica.

Seppur sia stato criticato per alcune imprecisioni storiche a riguardo della storia della nascita dell’informatica e del Web, il libro rappresenta un tentativo ottimo di lettura del presente che, insieme ad altri autori (Harari su tutti) riescono a fornirci di una cornice simbolica entro la quale tentare una comprensione di un presente sempre più veloce e letteralmente trascinato dal progresso tecnologico (con la politica in coda, semplice testimone del processo).

Nel libro non mancano inoltre riflessioni sul tema “epistemologia”, con riferimenti alla presenza di verità “veloci” e cangianti, realmente postmoderne (tutto vale, tutto è reale, dissacrato, dis-ideologico).

Ultimo aspetto da considerare: perché Baricco sceglie di chiamare il fenomeno internet “The Game”? L’autore ci spiega come il concetto di “gamification” abbia trasformato la vita di ognuno di noi in una sorta di videogioco consumato nel nostro rapporto pervasivo con Internet, costruito per raggiungimento di token, “punteggi”, likes; è innegabile che Black Mirror, su questo, ci abbia visto lungo, già dalla prima stagione. Da qui, il giusto nome, forse unico usabile, per racchiudere il passaggio culturale in atto, in tutta la sua complessità: il gioco, “The Game”.

La prossima recensione avrà come oggetto “Entreprecariat” di Silvio Lorusso.

Exit mobile version