(The Dark Side of) The Soft Moon | Intervista a Luis Vasquez

In occasione dell’uscita dell’ultimo album Criminal e in vista delle date live che terrà in alcuni club sparsi per la penisola dal 21 al 24 febbraio (qui il nostro contest per vincere biglietti), abbiamo avuto il piacere di intervistare Luis Vasquez, l’uomo che dal 2009 sta dietro al fortunato progetto The Soft Moon.


Buon pomeriggio Luis, è davvero un piacere e un onore poter parlare con te. Ecco, la prima domanda riguarda Criminal, il tuo ultimo lavoro, che parte subito pesante, industriale e più tetro del solito. Cosa ti ha portato a scegliere questo tipo di sonorità? E come mai questa svolta?

[ride] Sì è vero, penso che durante la registrazione di questo lavoro mi sentivo un po’ più arrabbiato. Anzi, decisamente più arrabbiato. Sono cinque anni che vivo lontano da casa, dalla mia famiglia, i miei amici, credo questo abbia influito parecchio.
Vivo a Berlino da ormai quasi quattro anni, sai è una città stancante, snervante, piena di feste tra droghe e alcol, mi sono accorto di aver fatto molti errori e questo mi ha fatto provare rabbia e molta frustrazione verso me stesso. Penso sia questa la ragione di questa nuova direzione, per questo l’album suona molto più aggressivo, più incazzato.

Ci sono però comunque tante reminiscenze post-punk, in perfetto stile Soft Moon, Give Something è un ottimo esempio del tuo stile, unisci vecchio e nuovo. Puoi dirci qualcosa in più su questo brano, cosa hai provato durante la scrittura? Tra l’altro è anche la mia preferita in Criminal

Oh fantastico, è anche la mia preferita. È una sorta di canzone d’amore, la mia prima, abbastanza pop tra le altre cose. Non avevo mai scritto una “pop love song” così, però allo stesso tempo sento di non essere in grado ricambiare l’amore di qualcuno che mi ama, non mi sento degno di essere amato. Non riesco a dare e ricevere amore, credo sia soprattutto a causa dell’odio che provo verso me stesso, anche se mi rendo conto di averne bisogno, è una cosa buona, mi fa sentire bene e mi fa sentire che c’è una sorta di felicità nel mondo.

Qualcosa di decisamente diverso rispetto a ciò che si trova in Zeros o in Deeper… Un’altra domanda su Berlino: qui hai preso in affitto uno studio dove hai registrato e lavorato tutto da solo, come mai questo spostamento…

[ride] Sì, ho affittato questo studio, ma in realtà, dopo un po’ di tempo, circa due mesi penso, mi sono reso conto di non riuscire a lavorare bene lì, così ho preso tutto quanto e mi sono spostato a casa mia dove mi sentivo meglio, più al sicuro, in un luogo più confortevole dove ho finito il lavoro.

C’è una canzone molto particolare, forte, la quale si presta bene per i live, Like a Father, puoi parlarcene un po’ di più? anche di come la renderai dal vivo al pubblico…

Questa canzone parla di mio padre, che non ho mai incontrato. È strano, non sono cresciuto con un padre ma non l’ho mai cercato, non mi è mai mancata una figura paterna, non ne ho davvero mai parlato. In studio mi sono trovato a scrivere di lui, è stato davvero strano, nemmeno mia madre mi aveva mai raccontato di lui, questo ha avuto molti effetti su di me, sul mio essere, e credo che questa situazione abbia causato molti dei miei problemi anche da adulto. Ho voluto parlarne in questo brano per liberarmi dei miei pensieri, della mia rabbia.

Penso tu ci sia riuscito alla perfezione… Questo album, come molti hanno scritto, ricorda parecchio lo stile dei Nine Inch Nails nonostante la prepotenza delle atmosfere alla Soft Moon, come ti poni dei confronti di questo paragone: Reznor è stato tra i tuoi ascolti?

Effettivamente in molti mi hanno fatto notare questa cosa, me ne sono accorto anche nel momento in cui stavo scrivendo le canzoni, ma non è stato voluto è successo quasi naturalmente, non so, parlando esattamente di ciò che sono. Certamente conosco e le ho sentite spesso le loro canzoni alla radio, ma non sono cresciuto con loro, non sono mai stato un grande fan, ma questo è comunque molto interessante, perché probabilmente sono molto simile a Trent Reznor dal punto di vista emotivo, viviamo e trasmettiamo sentimenti molto simili, credo sia così.

The Soft Moon al Color Fest 2015 – Foto di Alessia Naccarato

 

Davvero interessante questa vicinanza tra voi e tra le vostre produzioni…
Penso che la musica di Soft Moon si presti alla perfezione per i luoghi bui come i club, magari i club techno, un po’ bunker… ho apprezzato parecchio le influenze techno, il remix dei Ninos du brasil, questa tua vicinanza a quel mondo. Tu preferisci spazi aperti o chiusi per la tua musica?

La mia musica è decisamente pensata per i club, suonata a notte tarda, magari in dark clubs o industrial clubs, mi sento connesso a quel tipo di mondo e tengo in considerazione questo aspetto durante la produzione, lavoro meglio in quei posti.

Qual è la performance che ricordi con maggiore affetto?

Penso che la più memorabile sia stata la prima volta che ho suonato a Parigi, penso sette anni fa… Quella volta è da ricordare, è stato durante il mio primo tour in Europa, la prima volta che ci venivo e quella notte ho bevuto e festeggiato parecchio in questo nuovo mondo. Anche l’ultima volta al Primavera, è stata cool non mi ricordo molto però, perché sono svenuto e sono quasi morto, sono cose che ogni tanto succedono [ride].

Mi è sembrato di capire che ti piace molto l’Europa, venire qui…

Sì ad essere onesti preferisco vivere in Europa, io vengo da Los Angeles, ma sinceramente la preferisco, penso che le persone abbiano un’intelligenza differente, c’è più cultura. Amo molto l’Italia, ci vengo spesso, ci ho suonato spesso, ho vissuto a Venezia, sono stato per nove mesi a Bassano del Grappa. Sì l’Italia penso sia la tra mie preferite, ormai ho molta familiarità col cibo con la cultura. Tra le città mi piace molto Budapest, ha il suo fascino.

Invece per quanto riguarda la musica italiana, hai idea di come sia qui la situazione, ti piace qualcuno in particolare?

Ho sentito veramente della buona musica, quella che mi hanno fatto conoscere i miei amici, ci sono alcune band hardcore, c’è roba figa anche nell’elettronica. Solitamente pensando all’Italia, viene in mente immediatamente il cantautorato o la musica cantata.
Se penso al passato apprezzo molto il prog-rock italiano, Battiato, le Orme, Celentano. Però quando la gente pensa all’Italia, pensa subito al cibo, non sa che c’è una tradizione musicale importante anche rispetto ad altri paesi.

Ti aspettiamo a breve qui in Italia, vuoi svelare qualcosa ai tuoi fan riguardo i tuoi live?

Mmm, tu sei a Napoli ora?

No… a Bologna

Ah Bologna fantastico, non vedo l’ora di venire lì per mangiare le tagliatelle al ragù, le piadine [ride]. Niente, ci si vede al Covo…

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