L’Africa di Black Noise 2084 va in scena al Comunale di Bologna | Terrace x RoBOt

È giugno, fa caldo e a Bologna si cercano modi per stare freschi: c’è chi opta per il riposo in mezzo al verde dei Giardini Margherita, chi si chiude in casa tra la brezza dei ventilatori o chi sfida la sorte e scende nelle afosissime strade. Alla Terrazza del Teatro Comunale va in scena Terrace, organizzato da roBOt festival, il posto migliore per un aperitivo al tramonto.

A inaugurare la serie di concerti estivi al Comunale la scelta del RBT è stata DJ Khalab, al secolo Raffaele Costantino, per un live set che non ha tradito le aspettative.

Quindi eccomi che entrando a teatro dalla porta principale mi lascio piazza Verdi e i suoi sanpietrini roventi alle spalle e, dopo qualche rampa di scale, mi ritrovo nel salone che apre sulla terrazza. Appena sono dentro lo spettacolo delle luci al neon installate dietro la consolle in cui sta suonando il duo Beyond Common Ideas, che si riflettono sui lampadari di cristallo riverberando nella stanza mi fa pensare che sia valsa la pena affrontare quei gradini anche solo per quello. Sono le nove e la gente inizia ad arrivare affollando di cocktail e chiacchiere il balcone vero e proprio nell’attesa che Khalab inizi il suo show. A dire il vero lo stesso Costantino si gode la frescura sopra la piazza e si intrattiene con gli ospiti della serata.

 

 

All’inizio il clima che si respira è quello mondano, il pubblico è dei più variegati e di età diverse: dagli uomini con la giacca e le donne con i tacchi ai clubber vestiti di nero e lo zainetto sulle spalle. Ma se la prima impressione è quella di un senso di disarmonia e di collage sociale, ciò non dura molto: è ora, Khalab è pronto, e i B. C. I. gli passano il testimone. Già dalle prime note questo strano miscuglio di persone si accalca in pista e fra i neon rossi e blu si risolve in un omogeneo amalgama di ballerini.

L’album che Raffaele sta suonando, Black Noise 2084, è il sapiente frutto del lavoro di ricerca sui suoni dell’Africa centromeridionale, custoditi nel Royal Museum of Central Africa di Bruxelles, riprodotti sulle sonorità elettroniche, e talvolta jazz, del DJ. Urla e canti tribali, cassa dritta e sbuffi di sassofono si mischiano al ritmo frenetico in pista.

 

 

Khalab emana energia sotto le cuffie, non sta mai fermo e come da professione macina chilometri pur stando sullo stesso posto. Dall’esterno, l’immagine della pista è quella di un corpo composito che si agita e balla all’unisono. Dopo una quarantina di minuti i ritmi calano e il suono si fa più dolce, proprio mentre dal pubblico ci si preoccupa che lo spettacolo possa finire Khalab prende e sposta di peso le due casse ai lati della consolle, di norma rivolte verso il dj, e le ruota puntandole davanti a sé. Manco a dirlo la musica riprende la sua potenza, forse ancora più forte, e parte Cannavaro, pezzone realizzato assieme a Clap! Clap!. L’atmosfera adesso si fa caldissima. Dalla pista si sprigiona un’energia di festa che arriva a Khalab e lo fomenta, ed egli dal canto suo, visibilmente divertito, la restituisce moltiplicata dagli amplificatori. Continua per tutto il set questo bellissimo scambio di entusiasmo dal pubblico al dj e viceversa.

Una scena in particolare mi può aiutare nel riassumere la serata: una ragazza che sta ballando forte sotto cassa guarda Raffaele e lo incita ad aumentare i bpm, lui ride, accetta e a sua volta spinge la ragazza a ballare ancora di più.

 

 

Tutte le foto di Robot Festival

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