E poi è tornata la musica | The Tallest Man on Earth

Dall’album di esordio Shallow Grave, The Tallest Man on Earth si è affermato come uno dei più talentuosi protagonisti del cantautorato chitarra e voce. Kristian Matsson veniva da una sconosciuta cittadina della Svezia, portava con sé una chitarra e scriveva bellissime canzoni folk. Anche se non gli piace sentirselo dire, il modo in cui modulava la voce ricordava il primo Bob Dylan. Matsson però aveva una sua cifra distintiva. La sua musica poteva essere gioiosa e sognante: “I’m just a dreamer”, cantava nell’Ep Sometimes the Blues Is Just a Passing Bird. Altre volte si faceva cupa e amara come solo le ballate folk sanno essere. Uccelli, fiumi, campi aperti: la poetica di Matsson è sempre stata essenziale, i suoi album scrigni catartici.

Henry St. è il nuovo album di The Tallest Man on Earth in arrivo il 14 aprile per ANTI-. A quattro anni da I Love You. It’s a Fever Dream, Kristian Matsson è entusiasta di tornare con un album di inediti. All’inizio del 2020, nella sua casa in Svezia, Matsson si era reso conto di aver perduto l’ispirazione e di non riuscire più a scrivere. Era depresso. All’improvviso la musica è tornata ed era impossibile frenarla. Non si sa da dove viene la musica, arriva e basta – dice il cantautore svedese. In questa intervista ci ha detto molto altro, è un fiume in piena.

Foto di Stephan Vanfleteren

Nel 2020 hai lasciato New York per tornare nella tua fattoria in Svezia. Lavorare con la terra ti ha aiutato a coltivare certe radici della tua musica?

Non ne sono sicuro. Mi sono trasferito in Svezia perché con la pandemia tutto quanto era stato cancellato in quel periodo. Provavamo a programmare i tour, ma non si sapeva quando avremmo potuto suonare. C’era un po’ di depressione. Non sapevo perché e come scrivere musica. Ho capito in quel periodo che la mia maggiore fonte di ispirazione sta nell’essere in contatto con altre persone. Quando mi sono trovato da solo nella mia casa in Svezia non riuscivo a scrivere musica. Avevo bisogno di fare qualcosa, e ho cominciato con il giardinaggio per tenere occupato il corpo e stancarmi, per fare scorrere il tempo e ritrovare quell’essere dentro il momento presente che per me è la musica. È da quando sono piccolo che prendo uno strumento in mano e ho la sensazione di perdermici dentro, di essere nel momento. Quella cosa però non mi succedeva più. Quando provavo a scrivere canzoni ero solamente triste e depresso, ogni giorno era un continuo ricordarsi della propria mortalità. Alla fine della giornata mi ritrovavo solo con me stesso. Non sono un genio, posso avere al massimo quattro pensieri nella testa. Per avere le idee per la musica mi mancava il contatto con la società, con gli amici. Fare musica in quel periodo era diventato deprimente, e allora ho smesso e basta. L’unica cosa su cui riuscivo a concentrarmi era coltivare il terreno, e via dicendo.

E poi com’è tornata l’ispirazione per le nuove canzoni?

È successo quando nel 2021 ho ricominciato a fare piccoli concerti in Svezia. Quando tutto si è fermato non potevo più scrivere album, registrarli e suonarli dal vivo. Ho cominciato a guardarmi dall’esterno e ho capito quanto fossi grato e fortunato per aver potuto fare tutte queste cose prima. Quel momento mi ha portato una crisi di identità, un panico, domande del tipo: cosa succede se non potrò farlo mai più? Così quando mi è stato concesso di suonare ancora è stato meraviglioso. Al primo concerto c’erano quindici persone ed ero quasi in lacrime. Sono tornato a suonare ancora più appassionato di prima, con una confidenza nuova, e ho capito che farò questa cosa per sempre. Non mi importa se la mia musica sarà popolare e piacerà a tutti o meno, la farò e basta. Il mio cuore e la mia mente sono diventati più aperti. Allora ho deciso che sarei tornato in America, nel North Carolina, dove ho molti amici musicisti davvero talentuosi. Avrei scritto e registrato lì. Quando ho saputo che potevo andare, il giorno prima, ero seduto nella mia cucina in Svezia e ho ricominciato a scrivere a canzoni, dopodiché ho scritto-scritto-scritto. Avevo così tanti pensieri da tirare fuori. Quando sono entrato in studio avevo una ventina di canzoni, ne abbiamo registrate quattordici, undici sul disco.

 

Per la prima volta hai registrato un album insieme a una band. Che esperienza è stata?

Assolutamente bella. Anche per Dark Bird is Home del 2015 c’erano un po’ di persone a suonare nel disco, ma in quel caso non avevamo suonato e registrato nello stesso momento. Penso fosse a causa delle mie insicurezze, non credevo in me stesso come musicista, pensavo di non essere abbastanza bravo per suonare insieme ad altri.

Stavolta ho deciso di invitare i migliori musicisti che conoscevo ed è stato meraviglioso. Molti di loro li conoscevo da tempo, erano amici, e c’era questa felicità di registrare insieme in studio, di fare musica, era come essere tornati bambini. Non c’è domani e non c’è oggi quando sei nello studio di registrazione, ti stai solamente divertendo. E poi venivamo tutti dall’isolamento, è stato bello ritornare insieme. Facevamo grosse cene, persino il momento in cui ci sedevamo a tavola e mangiavamo è stato una parte importante della registrazione. Ci fermavamo a parlare, anche non necessariamente di musica, parlavamo di vita, e tutti i discorsi riportavano a galla l’ispirazione. Abbiamo passato insieme undici i giorni di registrazione, e sono stati tutti molto veri e divertenti.

Suoneranno con te in tour?

Loro sono occupati con i loro progetti adesso, quindi non verranno con me. Ma avrò tre musicisti che mi accompagneranno in tour, tutti estremamente talentuosi. Naturalmente ci sono anche momenti in cui suonerò da solo, e la cosa divertente di questa nuova parte della mia vita – di questa nuova ispirazione, se vogliamo chiamarla così – è che adesso mi sembra di suonare meglio anche quando sono da solo sul palco. Sono pieno di creatività, persino adesso sto lavorando a cose nuove, anche se ho poco tempo. Ora parlo con te, poi ho una serie di interviste, e stasera suono a Los Angeles.

Se hai bisogno di un momento per non lasciare andare via l’ispirazione, ti aspetto.

Ho con me la chitarra. (ride)

La tua chitarra resta grande protagonista anche nel nuovo album. Every Little Heart è fantastica. 

Grazie. È una delle canzoni che ho scritto nella mia cucina appena ho saputo che potevo andare in America. La cosa bella della musica è che non sai da dove arriva. Arriva e basta. Ero veramente depresso durante la pandemia. Non avevo una relazione, facevo incontri che non funzionavano e mi sono detto okay mi arrendo. Posso essere un buon amico per i miei amici, o lo zio cool dei figli dei miei amici, ma non ho bisogno di essere innamorato per scrivere musica. Lo facevo solo per proteggermi. Ma poi naturalmente il cuore torna a battere, perché resto una persona con dei sentimenti. La canzone parla di questo. È anche una canzone divertente da suonare.

The Tallest Man on Earth durante un live all’Alcatraz, foto di Alise Blandini

Nella bellissima titletrack sentiamo il piano. Sei a tu a suonarlo?

No, al piano c’è Phil Cook, che è davvero un pianista magico. Ho scritto il pezzo al piano e dovevo anche registrarlo, perché l’idea era scrivere una canzone solo piano, ma poi mi sono detto perché dovrei suonarlo io quando abbiamo Phil Cook che è fantastico? Col suo tocco diventa tutto più magico. È successo circa un anno fa, quando abbiamo registrato. Ho avuto un anno per esercitarmi a suonare nel modo in cui suona Phil, e questo mi ha reso un pianista migliore, perché ho studiato quella canzone e ora posso suonarla meglio.

C’è anche qualcosa dello scuro Johnny Cash nel disco.

Sì, perché sto invecchiando.

E poi c’è una canzone che si chiama Italy. Perché Italy?

La maggior parte della gente ha questa idea dell’Italia come posto magico e sognante, e io sono tra queste persone. Sono venuto a suonare in Italia lo scorso anno ed è stato fantastico. Ho ancora delle immagini in testa di quel momento. La canzone è un addio felice a qualcuno di cui non sarai più amico. Quando trovi la pace, e dici ti auguro il meglio. Italy è la metafora di un posto bellissimo, forse viene dall’immaginario di Call Me By Your Name. In realtà sono innamorato dell’Italia. Ricordo ancora i concerti della scorsa estate. Il tempo era fantastico, il cibo splendido. Non lo dico perché parlo con una rivista italiana, ma tutto il team adorava essere in Italia. E io sono veramente felice di tornare a suonare in Italia.

The Tallest Man on Earth suonerà al Fabrique di Milano il 29 aprile
Exit mobile version