SxM dei Sangue Misto è considerato un disco fondamentale per la nascita e lo sviluppo del rap in Italia. Uno spartiacque che segna un prima e un dopo. Tratteggiamo dunque alcune questioni storiche e musicali che aiutano a contestualizzare l’importanza di quelle dodici tracce, pubblicate nel Giugno del 1994 dalla Century Vox. Naturalmente, come tutte le scene in formazione ed esplosione, c’è anche molto altro, oltre quello che troverete in questo scritto, focalizzato soprattutto intorno a SxM.
C’è un prima molto lontano, a inizio anni Settanta, nel quartiere del Bronx di New York, dove l’anagrafe della storia della musica colloca la nascita dell’hip hop, formato da quattro discipline per certi versi indivisibili: la breakdance, il djing, il writing e il rap, che nascono e si svolgono per strada e, questo, resta un tratto decisivo per mantenere la propria forza dirompente. In Italia, alcuni angoli delle grandi città, negli anni Ottanta, cominciano a essere teatro di improvvisazioni hip hop e breakdance, così come vagoni di treni e muri di periferia cominciano a essere colorati e dipinti dai primi writers. Quella hip hop è una (sub) cultura che lentamente prende piede e che anche a livello musicale cresce intrecciando le sonorità di Africa Bambata, Cypress Hill, Public Enemy e di tanti altri, per certi versi risalendo fino alla lezione di Gil Scott-Heron. Anche qui dunque si campionano i suoni dei vinili americani e si cominciano a produrre i dischi delle prime crew, ancora tutto rigorosamente in lingua inglese. Il movimento hip hop si fa strada segnando una prima tappa importante con la formazione e il disco dei Radical Stuff, gruppo che vede protagonisti anche due giovanissimi: Kaos One (inizialmente in veste di writer) e Dj Gruff.
Per contestualizzare ancora meglio la situazione italiana bisogna delineare velocemente anche il percorso di un’altra (sub) cultura che arriva da lontano, presente già da qualche anno: il punk. Anche se sono passati oltre quarant’anni, il punk resta l’ultima rivoluzione musicale a livello planetario (almeno per l’emisfero occidentale), e non soltanto dal punto di vista strettamente musicale. Certo, ci sarà la potente scossa del grunge proveniente da Seattle a cavallo tra Ottanta e Novanta, ma niente a che vedere con la portata storica anglo-americana di Ramones, Clash e Sex Pistols e di tutto quello che ne è derivato. Quel tipo di approccio, teso a rompere le regole, a eliminare la distanza tra chi è sul palco e chi sotto, a trasmettere e comunicare la propria voglia di esprimersi senza badare troppo alla tecnica e senza rincorrere a vita etichette discografiche per il successo, ha avviato un nuovo modo di vivere la musica, principalmente con il Do It Yourself (DIY), con il fai da te, con l’autoproduzione. L’onda del punk, ha dunque significato la comparsa, anche in Italia, delle prime etichette indipendenti, delle autoproduzioni, così come dei primi centri sociali e spazi occupati.
Siamo negli anni Ottanta e il circuito hardcore punk disegna una mappa che fa tappa in quasi ogni città, creando il primo embrione di circuito alternativo. Parallelamente a questo si sviluppano anche scene cittadine punk e post punk, come Bologna, Firenze, Pordenone, Milano, che cominciano a far conoscere le prime band a livello nazionale. Questi spazi, a partire dal Virus di Milano, aumentano a dismisura tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta, cambiando anche un po’ le proprie caratteristiche; per esempio cominciando a politicizzarsi maggiormente, ma restando sempre un riferimento per lo sviluppo della musica indipendente e autoprodotta. Già lo sgombero del centro sociale Leoncavallo di Milano chiama a raccolta per la prima volta tutta l’area poi detta “antagonista”. Ma ancora di più, le occupazioni delle università a inizio anni Novanta, sotto il segno del movimento della Pantera, favoriranno una maggiore familiarità con le autogestioni e le occupazioni.
La colonna sonora di questa nuova fase sarà il rap, l’hip hop, che diventerà un utile e imprescindibile megafono per le lotte sociali, e intorno ai centri sociali nasceranno le band più rappresentative di quel periodo per quanto riguarda quell’area politica, andando poi artisticamente ben oltre quei confini. Ne citiamo solo alcune di un arcipelago variegato per avvicinarci alla questione da mettere a fuoco. A Roma, dal Forte Prenestino, arrivano gli Onda Rossa Posse, di fatto i futuri Assalti Frontali; a Napoli, nell’occupazione del centro sociale Officina 99 si formano i 99 Posse e gli Almamegretta, a Bologna, invece, dall’esperienza dell’Isola Nel Kantiere, gli Isola Posse All Stars. Il rap delle Posse è politicizzato, “Batti il tuo tempo” degli Onda Rossa Posse per la prima volta fa risuonare in piazza, dal palco, alla fine di un corteo, quel modo di rappare e lottare. Per certi versi però, sarà un altro pezzo, in italiano, Stop al Panico a colpire nel segno.
A Bologna la tensione è alle stelle. La strage della Uno Bianca, al rione Pilastro, ha gettato una città intera nello sconforto e nella paura, facendo aumentare la repressione da parte delle istituzioni e delle forze dell’ordine, che arrivano a sgomberare i centri sociali e i posti occupati. Solo tempo dopo si verrà a sapere che la banda della Uno Bianca è maturata all’interno stesso delle forze dell’ordine. Dall’Isola Nel Kantiere, intanto, parte la campagna Stop al Panico, che spinge i musicisti del centro sociale (gli Isola Posse All Stars) a prendere il nome di quella campagna di denuncia e farci un brano.
Nasce così Stop al Panico che, mentre racconta del clima di tensione cittadino, diventa anche un momento liberatorio, colto da molti e in grado di spianare con più decisione la strada alle autoproduzioni in italiano. A comporre inizialmente sono Treble Mc, Speaker Dee Mo, Gopher D, Deda Mc e Papa Ricky. Per il secondo singolo, dal titolo Passaparola, il collettivo artistico, che di fatto contiene anche già alcuni componenti dei futuri Sud Sound System, si allarga ulteriormente accogliendo Dj Gruff, sempre più un maestro dello scretching e delle produzioni, e Neffa, che abbandona il circuito del punk hardcore di cui faceva parte come batterista dei torinesi Negazione, band di punta di quell’ambiente. Ed è a questo punto che, senza ancora saperlo, negli Isola Posse All Stars, ci sono già tutti e tre i componenti dei Sangue Misto: Deda, Neffa e Dj Gruff.
I primi anni Novanta sono sul serio anni di tensione dal punto di vista politico e sociale con la crescita della Lega, gli strascichi di tangentopoli, le stragi della mafia nelle città d’arte, la formazione di Forza Italia. Il rap tutto questo lo racconta e lo combatte.
Il movimento cresce sempre di più e sono molte le città protagoniste con piccole o grandi scene e artisti che le rappresentano. Addirittura una fanzine dedicata all’hip hop, dal nome Aelle, creata a Genova, in un garage da Claudio Brignole e a cui collabora anche Paola Zukar, si sviluppa in rivista e arriva anche in edicola. Nonostante le differenze artistiche, musicali, di approccio e di visione, di fatto, tutti contribuiscono, intorno alla metà del decennio, alla cosiddetta Golden Age dell’hip hop in Italia. Dal punto di vista discografico mancano ancora dischi rap completamente in italiano, ma i tempi sono maturi e anche quelli cominciano ad arrivare. Probabilmente i più importanti, per diversi motivi sono, Terra di Nessuno degli Assalti Frontali, Sfida al buio di Speaker Dee Mò, Verba Manent di Frankie HI-NRG MC (primo disco rap prodotto da una major), Curre Curre Guaglio dei 99 Posse, senza dimenticare il lavoro de Il Comitato di Milano, e i primi passi dei Colle der Fomento di Roma, con Danno, Masito e Piotta che si uniscono al produttore Ice One.
Ma un disco che comincia a spostare l’asticella più in alto è La Rapadopa di Dj Gruff, un album con molti ospiti, che oltre a imporre la crescita artistica di Gruff, ormai con un percorso decennale passato anche da Radical Stuff e Casino Royale, raccoglie nelle tracce quasi tutta la scena che poi sarà definita Old School: Neffa, Deda, Kaos One, Top Cat, Papa Ricky, Esa e la Pina degli Otierre, oltre a Giuliano Palma dei Casino Royale, spalmati in ben 26 tracce. Senza dimenticare che nella traccia che da anche il nome al disco, La Rapadopa, di fatto c’è l’esordio dei Sangue Misto. È un disco in cui Gruff mostra tutta la sua capacità di beatmaker, rapper e turntablist per la sua capacità di manipolare e creare suoni con mixer e giradischi. Gruff non insegue i suoni americani, crea un suo stile riconoscibile e apre orizzonti nuovi a molti che verranno dopo. A questo punto la scena è matura per cogliere la potenza dell’esordio dei Sangue Misto, e anche Deda, Neffa e Dj Gruff sono pronti al disco più importante della golden age del rap italiano.
Che cosa rende SxM il disco perfetto della golden age del rap italiano? Difficile dirlo con certezza, ma di sicuro sono tanti i fattori che concorrono. Per esempio il talento indiscusso di Neffa, Deda e Gruff, in più il percorso artistico di ognuno di loro, il vissuto individuale che porta nel collettivo un uleriore valore aggiunto sia di immaginario che di sonoro. SxM arriva in un momento in cui riesce a operare una sintesi tra le tematiche del rap delle Posse, da cui anche i Sangue Misto provengono, e il mondo più ampio dell’hip hop.
“Nel disco c’è un equilibrio perfetto tra la sensibilità a temi di attualità sociale e la celebrazione dello sballo da THC, inteso più che altro come via di fuga di fronte a certi problemi, un’isola felice per staccare dai giochi dei poteri forti, della politica e della malavita organizzata” Luca Gricinella
Si collocano nel conflitto sociale ma alleviano la rabbia con la rilassatezza del “fumo” e della musica, un po’ sulla lezione di Bob Marley, senza però mai rinunciare alla chiarezza e alla collocazione fuori dal sistema, “È SangueMisto e non rispetta piu’ il confine/Viene da dove era stato cacciato fuori come un cane”, come più volte scorre nel testo de Lo Straniero, probabilmente il testo e il brano sintesi dei Sangue Misto, con il ritornello cult “e la mia posizione è di straniero nella mia nazione” e passaggi testuali figli dell’approccio delle Posse:
“Quando lo sbirro mi dà i pugni nella faccia/Per me lo stato è solo stato di minaccia
Quando vedo il tunisino all′angolo che spaccia/La nera presi a schiaffi del magnaccia
Io so che è tutto made in Italy perciò/Non chiedermi se canto Forza Italia o no”
E ancora
“È allarme rosso per le strade, non sei più al sicuro/Tu stavi chiuso in casa ed è crollato il muro
Quindi adesso è tutto pronto per lo scontro/Con chi viene da fuori e non ci sta piu’ dentro
Quello che mi han dato da quando sono nato l′ho pagato/E ho visto ogni due anni una strage di stato
E’ un rompicapo, ma dubbi sui mandanti non ne ho/Sono lo straniero questo è quel che so”
Nel brano Cani Sciolti, si chiarisce d’entrata un altro punto fermo del movimento hip hop delle origini, il rifiuto dell’eroina:
“Vengo da una zona dove l′aria non è buona/Fumo la mia porra non mi pungo con la spada”
Come anche nell’inno alla legalizzazione La Porra, “Compro la mia stecca, non mi compro mai la busta”, e in Fattanza Blu, “Fumo porre ma non faccio sniff”.
I Sangue Misto non rincorrono sonorità esistenti, ma sperimentano, “giocano” e inventano. Campionano suoni famosi, ne creano altri e ci intervengono su con maestria e originalità. Prendono con naturalezza, conoscendolo e parlandolo quotidianamente, uno slang bolognese particolare, nuovo, parlato nei loro ambienti, e lo portano nelle canzoni, creando così un solido ponte e una familiarità immediata con tanti loro coetanei, “Con la mia ballotta fumo porra in quantità”.
Nell’ambiente, che Neffa e Deda fossero a lavoro su un disco, e che a loro si fosse unito Gruff, si sapeva, per questo le attese e le aspettative erano molto forti. Come tutti i dischi di culto ha bisogno di sedimentare. Col passar del tempo diventa sempre più un riferimento anche per la nuova leva di rapper che renderà omaggio a quelle tracce in vari modi.
Il perfetto disco hip hop che il trio realizza, oltre che mescolare sonorità jazz e funk, crea atmosfere cupe, acide, a tratti dark, si avvale di influenze rock, della psichedelia (Fattanza Blu è un rappare lento, acido e psichedelico non per tutti), insomma fa capolino finanche il background hardcore dei centri sociali di Neffa e Deda. Passato che condividono anche con Speaker Dee Mo’, già componente dell’Isola Posse All Stars e attivista dell’Isola Nel Kantiere, che realizza le grafiche del disco, con diversi richiami hardcore, seppure in pieno stile hip hop.
“Il disegno in copertina e l’artwork sono di Dee Mo’: anche lui ha un passato nella scena punk harcore e la sua passione per hip hop è cresciuta soprattutto praticando l’arte del writing. Sotto lo stemma centrale che raffigura le iniziali SM incastrate l’una nell’altra, Dee Mo’ disegna due musi speculari di altrettanti cani dai denti aguzzi e l’unione di questi forma una serratura. Di fianco allo stemma, invece, salgono due colonne di fumo, che escono a destra da un ciloom e a sinistra da un microfono. In mezzo a questi, alla base dello stemma, infine, campeggia un libro aperto. Un artwork che fa riferimento alla natura e ai contenuti del disco.” Luca Gricinella
Un chiaro riferimento all’hardcore punk è anche nel titolo SxM.
“Il titolo oltre a riprendere le iniziali del nome del gruppo, ha una X che richiama le origini punk hardcore di Deda e Neffa: negli anni Ottanta, infatti, in questa scena, c’è l’usanza di scrivere il nome delle città con le iniziali, e in mezzo le lettere HC divise dalla X. Fino a pochi anni prima Deda e Neffa frequentano attivamente la scena punk hc suonando in vari gruppi e quell’esperienza, con relativo immaginario, per loro è ancora fondamentale. Il titolo, dunque, è un riconoscimento, un omaggio alla precedente passione.” Luca Gricinella
Ma d’altra parte a ricordarlo è lo stesso Deda:
“Sia io che Neffa venivamo dal mondo del punk hardcore e dei centri sociali. Entrambi avevamo ascoltato un sacco di rock, di psichedelica e di punk. Nel disco queste influenze si sentono tutte, anche se ovviamente in quel momento a noi interessava fare la cosa più hip-hop della storia. Riguardo ai testi, scrivere in quel modo, usando il proprio slang, è una cosa che già si faceva. Usavamo i nostri modi di dire di tutti i giorni, un misto di slang bolognese e altro. Nel disco poi ci sono tutta una serie di dettagli, penso agli skit, le telefonate registrate, gli ospiti che fanno le intro, ma anche i temi che ritornano nel logo. Alla fine in un certo senso è un concept album.”
A tenere in vita la scena rap dopo il suo culmine di metà anni Novanta, è certamente Fritz da Cat. Con le sue produzioni e i suoi dischi diventa un riferimento per rapper più giovani e una garanzia per chiunque voglia fare un buon disco rap. In qualche modo l’esordio di Fritz Da Cat del 1998 e il suo bello e importante secondo disco, Novecinquanta, dell’anno seguente, considerato, a suo modo un album culto della scena, sono l’ultimo splendente colpo di coda di quella scena anni Novanta. In questi due dischi sono presenti facce note e nuovi “ambasciatori” del rap tra cui Bassi Maestro, Turi & Compari, DJ Gruff, Maury B, DJ Lugi, Yoshi, Piotta, Cricca Dei Balordi, Kaos, Neffa, Inoki e Joe Cassano, Deda, Fabri Fibra, Sean e Lord Bean.
Nella seconda metà dei Novanta il rap vive anche una ribalta mainstream con gli esordi di Jovanotti, che all’inizio in tv ha una funzione importante di divulgatore dell’hip hop americano, ed anche con gruppi come Sottotono di Tormento e soprattutto gli Articolo 31 di J Ax. A Radio Dee Jay il conduttore Albertino, dedica molto spazio al rap ormai in ascesa, con programmi quotidiani.
Al volgere del decennio, la scena rap, pian piano pare sgretolarsi, non c’è più quella compattezza e varietà che l’aveva caratterizzata inizialmente, anche nelle differenze.
Nell’underground, negli ambienti hip hop, però c’è ancora chi è in attesa del secondo disco dei Sangue Misto. I tre ci provano andando in Salento per registrarlo, ma senza risultati concreti. Neffa. Deda e Gruff, cominciano a dedicarsi a progetti diversi, pensando di accantonare per un po’ quel bis tanto atteso. Al momento quel disco non è ancora arrivato e pare impossibile che possa ormai accadere.
Neffa, con la presenza di Deda, esce con due dischi a suo nome, “Neffa e i Messaggeri della Dopa” è il primo, in cui spicca la perla “Aspettando il sole”, a due voci con Giuliano Palma, e continua col secondo album “107 elementi”, con le prime aperture soul/pop, sempre di una qualità impareggiabile. Con l’ep Chicopisco, realizzato con Fritz da Cat, Neffa saluta il mondo del rap. Deda si unisce a Kaos One e Sean, formando i Melma & Merda e Gruff caccia “Zerostress” e “O tutto o niente”, rimanendo entrambi nel circuito underground, a differenza di Neffa che prima di congedarsi per approdare ad altri generi musicali, (prevalentemente soul e pop), alza il telefono e propone delle sue basi, per un disco hip hop che ormai non inciderà più, a un giovane rapper che ne è incredulo ed entusiasta. Nasce così l’album Turbe Giovanili di Fabri Fibra, ma questa nuova stagione del rap che inizia con quella telefonata, è un’altra storia.
“Neffa un giorno mi telefonò per dirmi che aveva recuperato delle basi dal suo vecchio hard disk. Questo album è dedicato a tutti i turbati distratti che insistono a credere in questa scena che ancora continua a darci energia.” Fabri Fibra
“Ecco i guaglioni con i nervi a pezzi
E scoppiano scazzi, e i miei fratelli sono pazzi
Meglio tener la porta chiusa
Sta per scoppiare un gran casino nella casa
E uno dopo l’altro i miei fratelli se ne vanno via
A compimento di una strana profezia
Mi ritrovo qui, nelle orecchie l’eco di quei suoni
Deda e Dj Gruff, sono i miei guaglioni” – Piglia Male – SxM
La playlist di Ernesto Razzano