Sullo sfondo di un cielo in tempesta, Luca Guadagnino, Thom Yorke, Tilda Swinton e Dakota Johnson sbarcano il primo Settembre alla 75esima Mostra del Cinema di Venezia. Il film in anteprima è forse il più atteso dell’intera edizione del Festival: Suspiria, remake del classico di Dario Argento. Solo alle proiezioni del mattino, erano migliaia i giornalisti e i rappresentanti delle industrie cinematografiche internazionali, in coda per assistere a quello che, per molti versi, è un evento storico. Negli annali della Mostra, non si ricorda un film di genere Horror che abbia mai suscitato tanto clamore.
Fin dai titoli di testa, la nuova Suspiria si presenta come un racconto in 6 atti e un prologo. La grafica rimanda esplicitamente alle avanguardie tedesche della fine degli anni ’70. Scopriremo così che il film, per quanto riprenda fedelmente la struttura tracciata da Dario Argento e Daria Nicolodi, non è ambientato a Friburgo, ma nella Berlino divisa del 1977. Non si tratta di un dettaglio marginale: l’ambientazione berlinese rappresenta un’autentica linea narrativa, del tutto originale, che cambia subito la nostra prospettiva. Dopo pochi minuti, la definizione “remake” si rivela già povera e riduttiva. Quella di Luca Guadagnino è una rilettura complessa, che guarda alla sceneggiatura del ’77 con evidenti amore e devozione. Eppure, di quello script sembra prendere il cuore, per farlo esplodere in un racconto corale, con implicazioni e sfumature innumerevoli. La componente esoterica è solo uno tra i molti volti della paura. Quella che terrorizza, nella nuova Suspiria di Guadagnino, è la parte ferale della natura umana: istinto, desiderio, volontà di sopravvivenza.
Non sono banalmente il bene e il male le forze che si scontrano nella nuova Suspiria. Se la scuola di danza di Dario Argento era una cattedrale immersa nel nulla, estranea alla realtà e alla vita, il nuovo edificio della Compagnia di danza Markos è permeato dal mondo e dalla Storia. Dalla nascita del femminismo agli attentati della Banda Baaden-Meinhof, l’eco della Seconda Guerra Mondiale resta sempre presente, come una ferita aperta, mai cauterizzata. Il personaggio dello psichiatra Litz Ebersdorf (a voi il piacere di scoprire l’interprete) è il simbolo vivente di quella memoria e i suoi demoni. Così come la celebre coreografa Madame Le Blanc (Tilda Swinton) rappresenta le tensioni violente dell’Arte contemporanea (la cui missione è “rompere il naso alla bellezza”). L’avventura di Suspiria era e resta semplice: una giovane danzatrice, fuggita dalla provincia dell’Ohio, entra nella compagnia diretta da Madame De Blanc, determinata e realizzare i suoi sogni. Con il suo incredibile talento, conquista subito un ruolo di primo piano. Ma nella compagnia, nel dormitorio e nell’animo delle vecchie maestre di ballo, si agitano forze e segreti indicibili.
Seguendo le stesse dichiarazioni di Guadagnino, al centro di Suspiria c’è la maternità: desacralizzata, spogliata dell’aura cristiana, mostrata nei suoi recessi più feroci. Negli incubi della protagonista Susie Bannion (Dakota Johnson), vedremo una citazione esplicita di Francesca Woodman: fotografa che oggi conosciamo come una tra le artiste più influenti del suo tempo, morta suicida nel 1980, a soli 23 anni. Tra le righe, non è difficile leggere la sconfitta di un’intera generazione, il caos del presente, che non sa scrivere nuovi paradigmi. Accompagnate dalla colonna sonora di Thom Yorke (che ha dichiarato di aver composto le musiche come una sequenza di incantesimi) le coreografie, le visioni e il dolore si moltiplicano un capitolo dopo l’altro, per un magnifico film tentacolare, che avvolge lo spettatore fino a togliergli il respiro.
A questo punto, possiamo dire che Suspiria si nega ad ogni facile giudizio critico. Certo: non parliamo di un film perfetto, né di un film destinato a convincere tutti. Molti fan irriducibili di Dario Argento, troveranno il remake inaccettabile. La conclusione è il suo grande punto debole: non perché infedele al maestro, ma perché Guadagnino sembra rilanciare la posta, fino a un pay-off impossibile.
Comunque, resta salda una premessa. Dopo il successo internazionale di Chiamami col tuo nome (premio Oscar per la sceneggiatura di James Ivory), con un progetto così controverso, Luca Guadagnino dimostra un coraggio da leoni. Suspiria divide prima ancora di arrivare in sala: destinato a scontentare chiunque non ami i remake, per non parlare della violenza e dell’etichetta Horror, che esclude automaticamente un’ampia gamma di spettatori. Tanti avrebbero giocato altre carte, realizzando un inattaccabile film d’autore, abbastanza furbo da consolidare la simpatia di Hollywood. Fosse solo per questo, non possiamo che consigliarvi di vedere Suspiria. Un film che, al netto di qualunque considerazione, garantisce il piacere sfrenato di cadere in un incantesimo, orchestrato dai maestri Thom Yorke e Luca Guadagnino.