Matt Sweeney & Bonnie ‘Prince’ Billy, la libertà dei superlupi

Il nuovo album di Matt Sweeney e Bonnie ‘Prince’ Billy, Superwolves, arriva come una bella sorpresa per le serate di fine aprile: lasciarsi dondolare dalle ululate dei due musicisti americani è piacevole come starsene a lasciarsi dondolare dalle scorribande del vento della piena primavera. Il disco è l’ulteriore prova (semmai ce ne fosse bisogno) di come Will Oldham sia ancora irrefrenabile, un creativo spirito libero. Nel corso dell’anno ci aveva regalato un po’ di belle cover in collaborazione con un altro fuoriclasse come Bill Callahan, e ora Oldham torna in coppia con Sweeney per il seguito di Superwolf, il disco uscito nel 2005, ed è subito chiaro come la chimica tra i due non si sia perduta nel tempo. Sweeney e Oldham avevano già collaborato con Callahan lo scorso autunno per una cover di Hank Williams, una conferma di come il mondo che ruota intorno all’etichetta Drag City sia un circuito indipendente di scambi vivaci e bella energia (bisogna comunque annotare che Superwolves esce per Domino Records).

Nel presentare il nuovo album Matt Sweeney ha detto di amare la sfida di comporre melodie su cui Will Oldham possa destreggiarsi a cantare, e ci sono piccole magie che catturano subito l’orecchio come Good To My Girls – basta finirci sopra per lasciarsi incollare al disco; è bello il modo in cui canta Oldham, è bello come cuce il suono Sweeney, per tratti sembra di stare dentro un vecchio pezzo dei REM in versione scarnificata. Il disco scivola leggero sin dall’attacco per via delle belle energie chitarra e voce, impreziosito da collaborazioni come quella con il producer e chitarrista tuareg Ahmoudou Madassane per Hall of Death, che porta un pizzico di visionarietà a un pezzo stilisticamente alt-country.

 

Vagare nel disco dei due superlupi è sbandare tra la bella atmosfera minimale e sognante di My Popsicle, il folk di stile di pezzi come Watch What Happens, inebriamenti sonori che ricordano il meglio della produzione di Oldham (There Must Be A Someone), tirate di corda come My Blue Suit. Quasi tutti pezzi brevi, da due minuti e poco più – eccetto che per i sei minuti abbondanti di I Am Youth Inclined To Ramble, che sin dal titolo si presenta come una divagazione. Tutto il disco del resto somiglia a un esercizio per stare all’erta contro il tempo, due musicisti che hanno sempre amato quello che fanno e ancora lo fanno bene. È chiaro già dall’apertura di Make Worry For Me, da come la chitarra si inietta decisa per strabordare tra gli angoli della voce di Oldham, con decise accelerazioni rock.

Se per certi versi le voci di Oldham e Callahan si scordavano a vicenda, quasi si contraddicevano – così diverse, una piena e calda, l’altra più cinguettante e affilata – insieme a Sweeney la voce del principe riesce ad accordarsi benissimo. È in quel punto di contatto che Superlwoves vince, nell’urto chimico tra Sweeney e Oldham che ha resistito al tempo e trova ancora la sua libera strada di espressione. Due superlupi che non si adeguano ai tempi, ma fanno in modo che siano i tempi ad adeguarsi alla loro musica.

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