« When I was three, three maybe four, she left us at the video store […] when I was three and free to explore, I saw her face on the back of the door.»
È da qui che vuole partire l’ultimo e attesissimo album di Sufjan Stevens, tornato ufficialmente sul campo dopo 5 anni con Carrie & Lowell, in uscita il 31 marzo per Ashtmatic Kitty: vuole partire dalla sua infanzia, da sua madre che lo abbandona al negozio di videocassette, dai complicati rapporti familiari per poi continuare il suo ennesimo viaggio attorno a un insieme di ricordi, pensieri e sentimenti provenienti dalla sua parte più intima.
Le strofe e le melodie di I Should Have Known Better, il fragrante pezzo folk ultimo estratto da questo suo ottavo album racchiudono bene l’obiettivo dell’intero percorso: farci volare alto attraverso immagini bucoliche, input filosofici, luci, ombre e tante schitarrate gentili.
La she sopracitata è Carrie, per l’appunto la madre alcolizzata e schizofrenica di Sufjan che lo ha abbandonato all’età di un anno e che si è ricostruita una vita con Lowell, anch’egli alcolista, ma che ad oggi è il manager di Ashmatic Kitty, l’etichetta di Stevens.
Due personaggi non certo facili da gestire per un ragazzo dalla sensibilità spiccata quale il caro Sufjan ma proprio grazie ai quali si prende la briga di sottolineare l’importanza dell’amore incondizionato, quello che va al di là di tutto, al di là dei torti subiti. Tanto che li rende protagonisti anche del titolo del disco stesso.
Dopo aver concentrato tutto l’interesse per i sintetizzatori in The Age of Adz – datato 2010 e personalmente considerato l’apice della sua carriera ad oggi- Sufjan Stevens in Carrie & Lowell decide di tornare a suoni e tematiche cari al periodo in cui nominava ogni album con il nome di uno Stao (vedi Illinois, Michigan), come era facilmente intuibile anche dal trailer del disco ricco di suggestive immagini di montagne e laghi americani.
E ce lo dice anche, proseguendo con le tracce del disco: «landscape changed my point of view», canta in All of me want all of you facendoci volare sopra un lago canadese.
Tutto sembra incoraggiarci ad andare a fumare una sigaretta sulle Montagne rocciose al tramonto, o a farci rivivere un trauma familiare al negozio di videocassette, ma Carrie & Lowell è anche funerali, visioni notturne, cospirazioni tra luci ed ombre raccontate attraverso gli occhi di un bambino.
Carrie&Lowell è il disco in cui uno degli artisti più interessanti degli ultimi dieci anni non si dimentica chi è, ovvero un visionario astronauta dei sentimenti in continua ricerca di spiegazioni, colori, verità e sogni che ha il raro dono di farci cantare «we are all gonna die» col sorriso sulle labbra e la testa più leggera.