Tutto comincia circa un mese fa, quando trovo per caso su Facebook un annuncio: è della pagina SEI – Sud Est Indipendente Festival e dice che si cercano volontari per produzione e comunicazione. Decido sin da subito di partecipare, mando una mail, mi rispondono dandomi tutte le informazioni sul festival e mi aggiungono nel gruppo dei volontari.
Arrivo lì venerdì mattina, aiuto un po’ ad allestire il palco e pranzo con gli amici dello Staff. Nel pomeriggio iniziano i soundcheck, dove si inizia a respirare un’aria di ansia positiva e viene già la voglia che arrivi la sera per poter assistere ai concerti: provano tutte le quattro band protagoniste della serata e, scena epica, quando i Tre Allegri Ragazzi Morti scendono dal palco il bassista Enrico Molteni si mette a cercare Pokemon chiedendoci se ne abbiamo trovati in giro.
Passano le ore, arriva la sera e finalmente si comincia. Il trio iniziale si apre con i Telepathic Dreambox, band tarantina che con quel rock psichedelico di ottima qualità ci porta subito in un caloroso clima live; prosegue con i mitici Plof, giovani brindisini dal sound indie/punk simile ai primissimi Arctic Monkeys e dai testi umoristici/demenziali che ci fanno divertire tantissimo; e si conclude con i Go!Zilla, cinque ragazzi fiorentini un po’ meno giovani che ci entusiasmano con uno show pieno di energia e chitarre distorte.
Arrivata la mezzanotte, è il turno dei Tre Allegri Ragazzi Morti, la band headliner di questa prima serata che stavolta si presenta con una nuova turnista alle chitarre: non più Adriano Viterbini dei Bud Spencer Blues Explotions ma Monique “Honeybird” Mizrahi direttamente dagli Honeybird & The Monas. Il live è molto lungo, parte con Come mi guardi tu e prosegue con altri grandi successi tra cui i nuovi Persi nel telefono e In questa grande città o i più vecchi Occhi bassi, Mio fratellino e Il mondo prima (che chiude la prima parte del concerto). Si ricomincia, poi, con un encore che Toffolo annuncia di soli quattro pezzi, ma che alla fine ne contiene molti di più, tra cui Mai come voi e Ogni adolescenza.
Dopo una prima giornata così intensa e ricca di emozioni, sabato ci si sveglia con la consapevolezza di poter trascorrere una serata come la precedente, se non addirittura migliore. L’eroe del giorno è senza dubbio Federico Dragogna, il chitarrista dei Ministri, che passa mattina e pomeriggio con noi a cazzeggiare e a farci strimpellare la sua chitarra, mentre ancora una volta le ore passano in fretta fino all’inizio dei concerti.
Il primo spettacolo è degli A Morte l’Amore, una band di Manduria (provincia di Taranto) dall’ evidente attitudine Britpop. Sulla loro pagina Facebook si definiscono un “trio disco/punk”, ma personalmente in loro vedo più uno stampo indie/garage rock che spazia anche tra influenze blues nel cantato basso e grave del frontman Giuseppe Damicis, di cui amo il taglio di capelli anni 90 alla Richard Ashcroft. Successivamente troviamo altre due band prima del nome grosso: direttamente da Firenze La Notte, che con un live ricco di emozioni e strumentalmente impeccabile riesce a colpire così tanto il pubblico da ottenere la richiesta di un’altra canzone (non accontentata per questioni di tempo); e La Municipàl, il complesso salentino tra i più attesi di tutti che alla fine riesce a soddisfare a pieno le nostre aspettative in circa tre quarti d’ora di spettacolo selvaggio e disinibito.
Anche questa sera il turno degli headliner arriva dopo la mezzanotte, e stavolta la gente si raddoppia creando una calca pronta a pogare nelle prime file. I Ministri creano il caos già solo salendo sul palco, ma è quando parte il primo pezzo Mammut che non si capisce più nulla e parte la festa: il live inizia ad essere un carico infinito di energia, Dragogna non sta un attimo fermo e Divi è il solito sex symbol che esalta e fa piangere le ragazzine in prima fila. Il concerto, durato decisamente meno rispetto a quello di Toffolo e compagni, termina con Divi che molla il basso e si butta tra le braccia dei suoi fans e con una standing ovation finale degna di una band di alto rango.
Durante la notte (non la band), aiuto a smontare la roba dal palco e vado a fare after con gli altri nel camerino dei Ministri, che ci lasciano una bottiglia di vodka quasi intera e tante altre cose buone. Il giorno dopo mi sveglio con la consapevolezza di non poter assistere (per impegni esterni) ai live di Niagara e altre bellissime band, riuscendo ad essere presente solo ai loro soundcheck.
Torno quindi a casa un po’ stanco per il poco sonno e con un leggero mal di gola dovuto alle troppe sigarette, ma felicissimo di aver vissuto un’esperienza indimenticabile e di aver conosciuto tanti nuovi amici eccezionali.
Fotografie di Giacomo Rosato e Antonio Leo per Shotalive.