Devo ammettere che fino a poco tempo fa conoscevo Marianne Faithfull principalmente per la sua associazione con i Rolling Stones. Marianne era la bella fidanzata bionda di Mick Jagger, protagonista assieme a una famigerata barretta Mars, del famoso raid della polizia britannica, nella villa Redlands di Keith Richards. La Faithfull appariva assieme agli Stones, nel famoso collage dell’artista pop Richard Hamilton Swingeing London, un’opera che documentava l’assurdità dell’arresto per possesso di droga di Richards e Jagger e che in qualche modo poneva fine ai sogni degli Swinging 60’s. Ecco, ai miei occhi Marianne Faithfull era soltanto una figura che, per qualche anno, aveva flirtato con la punta di diamante del rock ‘n’ roll.
Poi lo scorso novembre, qualcosa è cambiato. Leggendo, come di abitudine, le recensioni dei dischi in uscita in quei giorni su Pitchfork, è comparso il nome della cantante inglese. L’album era Negative Capability e Erin Osmon lo definiva: “il lavoro migliore e più onesto della cantante dai tempi di Broken English. Con Negative Capability la Faithfull rafforza i nostri legami esponendo i suoi punti di rottura”. Forse mi stavo perdendo qualcosa. Al negozio musicale di fiducia chiedo di Negative Capability: quando finalmente accendo il giradischi, Misunderstanding mi rapisce. La conclusione dell’album con No Moon in Paris, mi lascia emotivamente distrutta. Warren Ellis, produttore del disco, ha dichiarato di esser rimasto talmente colpito da questo brano, da aver dovuto abbandonare la sala di incisione durante la registrazione. Non credo che siano stati in molti a ridurre in lacrime Warren Ellis, ma Marianne c’è riuscita.
È proprio questo aspetto a caratterizzare Marianne Faithfull; dal momento in cui la incontriamo, di persona o attraverso la sua musica, ne rimaniamo tremendamente influenzati. Non è facile liberarsi di quella voce che solo il termine inglese haunting è capace di definire. E non è facile fare i conti con la sua storia, scandita da molti momenti bui, discese e risalite. Ma in qualche modo ci proviamo.
Nel 1964, Andrew Loog Oldham, allora manager degli Stones, scoprì la Faithfull a una festa del gruppo. Le cucì addosso una hit As Tears Go By, che negli anni è stata ricordata più per essere il primo brano scritto da Jagger e Richards, che un suo successo. Giustamente, in Negative Capability, la cantante se ne è riappropriata, realizzando una versione malinconinca che farebbe pensare a un nostalgico racconto degli anni ’60. Ma per la Faithfull non è così; per lei i magici 60’s sono stati più oscuri del periodo idilliaco che viene spesso dipinto dai suoi colleghi. Anche se in fondo Paul McCartney scrisse Let it Be come una sorta di redenzione dagli eccessi vissuti nella decade del free love: sotto agli abiti colorati di Granny Takes a Trip c’erano anime fragili che combattevano contro le stesse insicurezze che affliggono i giovani da sempre.
Dopo il successo di As Tears Go By, la Faithfull abbandonò Oldham, che voleva farne una starlette da qualche hit e poca sostanza. La cantante pubblicò, sotto la guida di un nuovo manager, l’omonimo Marianne Faithfull dalle sonorità pop e Come My Way, influenzato dal rinnovato interesse per la musica folk.
Nel 1966 la Faithfull lasciò il primo marito, John Dunbar, co-fondatore dell’Indica Gallery, per iniziare una relazione con Mick Jagger. Sono questi gli anni in cui Marianne diventa nota soprattutto per il suo stile di vita ricalcante il cliché di sesso, droga e rock ‘n’ roll. Ma dietro agli occhi segnati dall’eye-liner, c’è ancora quella ragazza che sperava di frequentare l’università di Oxford: è lei a suggerire a Jagger la lettura de Il Maestro e Margherita di Mikahil Bulgakov, opera che influenzerà uno dei brani più celebri degli Stones, Simpathy for the Devil.
Poi quel maledetto giorno nella villa di Keith Richards e quei due poliziotti inglesi che nel loro racconto, si fecero prendere troppo la mano: “Da quelle testimonianze Keith e Mick emersero come due affascinanti fuorilegge. Io invece fui distrutta da quello che fu la loro forza”. Jaggers e Richards finirono in prigione, ma a fare i conti con l’opinione pubblica fu la Faithfull.
Nonostante tutto Marianne voleva continuare a lavorare. Come ha dichiarato recentemente, non aspirava a diventare la moglie di Jagger; la cantante tenta la via del teatro, apparendo sui palchi londinesi in Amleto alla Roundhouse e in Tre Sorelle di Čechov al Royal Court. Quando nel 1968 infuria lo spirito rivoluzionario, Marianne è protagonista di Girl on a Motorcycle, un film che ora definisce falso e sciocco. I 60’s stanno ormai volgendo al termine e la Faithfull pubblica il singolo Something Better in cui nel lato B compare Sister Morphine, brano ripubblicato dagli Stones nell’album Sticky Fingers, dove però la Faithfull non risulta tra i credits. Alla cantante verrà riconosciuto il contributo nella stesura del testo, solo grazie alla pubblicazione dell’autobiografia di Keith Richards Life, in cui il chitarrista la riconosce tra gli autori del brano. Il singolo della Faithfull venne ritirato dal mercato per gli espliciti riferimenti alla morfina, anche se in realtà nello scrivere le parole, la cantante alludeva ad una visione romantica della droga, ispirandosi al poeta maledetto Baudelaire e al Lou Reed di Heroin e Sister Ray. Quella della dipendenza da droghe non era infatti, almeno per il momento, una vita che le apparteneva.
Con il chiudersi dei 60’s però, il rapporto con Jagger si sgretola; in Australia sul set del film Ned Kelly (di cui è protagonista Mick), sconvolta dalla morte di Brian Jones degli Stones, Marianne tenta il suicidio ingerendo una grande quantità di barbiturici. Il defunto Jones le appare in sogno e quando la cantante si risveglia dal coma sussurra: Wild horses couldn’t drag me away. Le strade della Faithfull e di Jagger si dividono nel 1970.
Rispetto al flower power e la vita in technicolor degli anni ’60, i ’70 ricordano un film girato in uno sbiadito bianco e nero. È il periodo più difficile per la Faithfull: vive per due anni nelle strade di Soho, combatte con la dipendenza da eroina e perde la custodia del figlio avuto da John Dunbar. La sua vita assomiglia a quella descritta da William S. Burroughs in Pasto Nudo: “solo più tardi ho capito che il libro non è a favore della droga, ma contro” — dichiarerà la Faithfull. Anche se le apparizioni pubbliche sono rare, quella del 1973 in cui duetta con David Bowie in I Got You Babe vestita da suora, fa apparire le popstar odierne già sorpassate.
Nel 1976 Marianne torna in sala di incisione pubblicando Dreamin My Dreams, un disco dal sapore country. Nello stesso anno al 100 Club di Londra va in scena un festival in cui appaiono Sex Pistols, Clash, Siouxie and the Banshee, Buzzcocks, Damned e The Vibrators: è nato il punk. La Faithfull ne incarna lo stile di vita sposando il membro dei Vibrators Ben Brierly e rappresentando il lato più reale di una decade, i 60’s, a cui i giovani punk guardano con disdegno.
Sono forse questi i motivi per cui l’album del 1979, Broken English è un perfetto riassunto del momento distopico in cui è uscito. La title-track è ispirata alla banda Baader Meinhoff, la cover di The Ballad of Lucy Jordan, diventa, rispetto all’originale, un brano in cui la Faithfull mostra empatia per la casalinga annoiata di cui canta. Un’altra cover, quella di Working Class Hero (la versione preferita da Lennon) è ipnotizzante quanto disturbante. Broken English non è solo un album in cui la Faithfull racconta la sua dipendenza da droghe, ma un ritratto di una generazione abbattuta dal peso dei suoi stessi sogni. L’opera è New Wave nel sound, ma punk nell’anima.
Il punk si perde presto nell’avarizia del mainstream. Gli anni 80’ vedono il sopravvento del New Romantic, dei Duran Duran e di Madonna. Marianne, ben prima della signora Ciccone, fa della reinvenzione la sua forza. È cantante Jazz in Strange Weather (1987), diventa interprete dell’era Weimar nel disco dedicato al suo amore per la musica di Kurt Weil, Twentieh Century Blues (1997) e assorge a musa di una nuova generazione di musicisti con Kissin’ Time (2002), in cui collabora con Beck, Billy Corgan e Jarvis Cocker.
In Before the Poison scrivono per lei PJ Harvey e Nick Cave. Quella con il musicista australiano è una collaborazione che passa per Late Victorian Holocaust da Give My Love to London, fino ad arrivare al singolo Gipsy Fairie Queen, contenuto in Negative Capability. “Ho chiesto a Nick se voleva realizzare la musica per le parole che avevo scritto” – spiega la Faithfull – “All’inizio ha detto no, dato il periodo tremendo che stava passando (Nick Cave ha perso il figlio Arthur nel 2015), ma poi ha cambiato idea”.
Tra gli altri musicisti che hanno contribuito all’album c’è anche Mark Lanegan, autore della tormentante They Come at Midnight, una delle prime canzoni sui fatti del Bataclan: “Ho scritto le parole appena è successo, mi trovavo nella mia casa a Parigi“ – spiega la cantante – ”successivamente, ho contattato Mark per la musica”. Dietro al piano di No Moon in Paris c’è invece Ed Harcourt che, seguendo il tono delle parole della Faithfull, realizza una melodia malinconica, ma velata di speranza: “Il disco non parla di solitudine, ma di amore” conferma infatti Marianne. Un amore che traspare soprattutto in Born to Live, dedicata all’amica e musa dei Rolling Stones, Anita Pallenberg, morta nel 2017: “Anita ha avuto una morte tranquilla, è quello che spero per tutti i miei amici”.
La Negative Capability è la capacità di vedere una persona o qualcosa, sotto ogni suo aspetto. Finalmente Marianne Faithfull non è più soltanto il bel volto che compariva accanto ai Rolling Stones, ma un’artista che abbiamo imparato a rispettare e della quale non possiamo più fare a meno. Soprattutto in quelle giornate in cui il cielo si colora di un azzurro irreale; se osserviamo bene, in fondo, c’è qualcosa di affascinante anche nelle nuvole.