Domenica sera è successo qualcosa che ha segnato un punto nella storia di un intero paese. La mobilitazione di un popolo ha permesso di portare avanti una lotta di resistenza che il governo ha dovuto affrontare. Le richieste di una maggioranza di cittadini sono state ascoltate (e accolte) da una minoranza di pochi decisori.
Dopo mesi di proteste dalla tribù Sioux del Nord Dakota e altre 200 nazioni indigene e non, il Genio Militare Americano (Army Corps of Engineers) ha annunciato che non autorizzerà la società Energy Transfer Partners (ETP) a trivellare sotto il fiume Missouri. Il provvedimento – ultimo atto dell’Amministrazione Obama prima del ritiro dalle scene – bloccherà la costruzione della Dakota Access pipeline, un oleodotto da 3,8 miliardi di dollari che avrebbe contaminato le acque del Lago Oahe, riserva per milioni di nativi americani.
È una storia di resistenza che si intreccia con quella della nascita stessa del Nuovo Continente: la sottomissione e il confinamento di centinaia di popoli indigeni da parte dei colonizzatori europei, affamati dalla ricerca atavica di nuove materie prime. Un racconto che ha spesso trovato una rappresentazione mistificata dai Blockbuster che ci piacciono tanto (per intenderci: non sono state tutte fortunate come Pocahontas).
Ma la Standing Rock è diventata subito un simbolo di lotta ambientalista contro i profitti spietati di multinazionali dell’oro nero; un esempio di protesta pacifica e organizzata, fatta di boicottaggi e accampamenti, arresti e soprusi. Non vi ricorda qualcosa (cercare NO TAV per suggerimenti)?
Certo, un ruolo importante è stato svolto dai video diffusi sui social media: i famosi live feeds della Reuters su Facebook dai campi Sioux – ma anche i musi di sangue dei cani sguinzagliati dalle guardie contro i cosiddetti Water Protectors e giornalisti, ripresi da DemocracyNow! – hanno suscitato la solidarietà da tutto il mondo, incluse celebrità come l’onnipresente Leonardo Di Caprio, politici come Bernie Sanders e rockstar come Neil Young.
Proprio Neil Young è diventato uno dei portavoce del movimento, riportando sul suo profilo Facebook aggiornamenti costanti, video dagli accampamenti e persino una nuova canzone:
Pur essendo canadese, Neil Young è ormai entrato a far parte di un certo immaginario collettivo a stelle e strisce: il cantore delle lotte contro la faccia bianca degli Stati Uniti (una parabola iniziata con Crosby, Stills and Nash, passando per Southern Man e Rockin’ in the free world) o della vita da ranch fatta di camicie di flanella e armoniche, malinconia e chitarre country a colazione. Uno degli ultimi esponenti – insieme a Joan Baez – della vecchia scuola di Woodstock, in cui attivismo politico e musica si incrociano per dare voce a intere mobilitazioni popolari.
Ebbene, i mezzi cambiano ma le idee restano.
Con lo stesso spirito dei tempi di Ohio, il rockettaro di Toronto si è unito alla #NoDAPL il giorno del suo 71esimo compleanno:
“Like water on the garden of activism, America’s surprise president brings a bounty of opportunity. The great issues of our time are now brightly illuminated and people are becoming more aware of them than ever, from sea to shining sea, from Standing Rock to Wall Street.”
All’alba delle elezioni di Donald Trump – già investitore nella società ETP per quasi un milione di dollari – paradossalmente, sembra che le persone stiano uscendo dal torpore e risvegliando le coscienze. Non è poi la catastrofe, come dicevano.
In realtà, aldilà dell’enorme impatto emotivo dovuto all’annuncio di domenica, potremmo essere di fronte – come dice il vecchio zio Neil – all’ennesimo piano per far smontare baracca o peggio, setacciare consenso nell’estrema sinistra: se il presidente uscente non farà applicare la rule of law – punto su cui non è ancora chiaro quale sia il suo margine di azione/giurisdizione – il progetto che prevede il trasporto di 500 mila barili di petrolio grezzo dai giacimenti del Nord Dakota alle raffinerie dell’Illinois – Stato in cui lo stesso Obama fu senatore – ha ancora probabilità di essere completato. E non sembra neanche una possibilità remota a giudicare le ultime dichiarazioni dalla ETP:
“As stated all along, ETP and SXL are fully committed to ensuring that this vital project is brought to completion and fully expect to complete construction of the pipeline without any additional rerouting in and around Lake Oahe. Nothing this Administration has done today changes that in any way“.
Oggi più che mai c’è bisogno di cantare a refrain: Keep On Rockin’ in the Free World.