Specchi, pt.6.

VI.

Illustrazione a cura di MariaElena Bissoli

 Nella letteratura c’è sempre un motivo. Ogni azione prelude a qualcosa, un avvenimento, un riconoscimento e anche se cercano di nasconderlo, nulla è affidato al caso. Ogni frase e ogni incontro sono preludio di un cambiamento, della crescita del protagonista o della scomparsa di un attore principale, tutto segue il disegno prestabilito dell’autore. La vita no. La vita non ti riserva tante sorprese e quelle che ci sono nella maggior parte dei casi sono spiacevoli e hanno a che fare sempre con la morte di qualcuno. Il destino è un evento letterario non la storia dell’uomo, noi sappiamo solo rovinarci e, tutto, dipende da quanto tempo ci metti. Tra le mie mani ora c’è un caffè, che ho corretto per non perdere l’abitudine. La guardo, seduto al tavolo davanti alla vetrina. Non c’è nessuno per strada, solo le luci di qualche taxi che sfreccia sulle strade principali e l’insegna luminosa di uno strip club. Prima, al suo posto, c’era un venditore di alcolici, dove facevamo la posta per farci comperare una bottiglia di whisky da qualche pensionato a cui ricordavamo troppo i suoi nipoti per dirci di no. Era quel meraviglioso periodo in cui ci si scopriva, non tanto per l’estate, ma per quello che ne sarebbe stato di noi. La vita si decide alla mattina, la sera serve soltanto per farti dimenticare le stronzate che hai fatto. Noi la vivevamo così, rimpiango ancora quei tempi, mi sembra che avrei potuto imparare di più e, invece, ho già preso il massimo, ma non si è mai sazi il giorno dopo.

«Mi sono sempre chiesta come sia stato possibile perdervi di vista, te e Sal. Eravate ciò che di meglio potesse aspettarsi una ragazza nella sua post adolescenza. Eravamo forti insieme, forse puntiamo sempre sulle persone sbagliate e ce ne accorgiamo soltanto quando siamo soli.»

La sua voce è un suono lontano che riecheggia nei ricordi di quell’epoca. Celine, questo è il suo nome, è stata l’unica ragazza di Sal che ci ha fatto crescere davvero. Disinibita nei suoi modi di fare, è stata a letto con tutti e due, ma non per questo troia, era l’amante perfetta per due ragazzini come eravamo, non più pazzi di molti altri, non più nuovi di quelli che ci sono ora, semplicemente era la nostra vita, i confronti sono stupidi e superflui. L’avevamo conosciuta mentre frequentavamo le lezioni all’università, lei lavorava come commessa al bar vicino all’ufficio di una produzione locale e, da quei giorni, di strada ne ha fatta. Ora recita in qualche teatro in giro per il mondo, di quelli di alta statura, in cui oltre che essere bravo devi avere coraggio. Ci aveva stregato da subito ma, come sempre, era stato Sal a fare la prima mossa. Lei si era unita a noi, non si sa perché, e non ci avrebbe più lasciato. Sal ogni giorno si fermava sulle poltrone di quel bar, con il suo taccuino sempre pieno di appunti che poi mi avrebbe raccontato, al tempo beveva ancora birra alla spina perché voleva impressionarla con la figura del bravo ragazzo. Negli ultimi tempi ordinava solo Wild Turkey e le cose fra di noi si erano già incrinate. Non riusciamo a toglierci di dosso l’idea che ordinare qualcosa, parlare in un certo modo, comportarsi secondo un certo costume nei primi tempi possa descrivere quello che sei nel modo migliore ma, spesso, ti fa risultare più falso di quanto tu non sia veramente e le donne lo notano ma non te lo fanno pesare se sono interessate. Celine aveva imparato le nostre abitudini e non ci faceva mai mancare nulla, nemmeno lo sconto fedeltà. Una sera si sedette con noi, dicendoci che staccava poco tempo dopo. Io dovevo tornare a casa, ma non mi importava, erano settimane che Sal mi leggeva le sue fantasie su di lei, così tanto da farmi innamorare con lui. Uscimmo insieme, io tornai a casa da solo, inciampando su ogni gradino, Sal fu più fortunato. Così cominciò la storia che cambiò le nostre vite per sempre e ci rese gli adulti che siamo adesso.

«Non ho mai capito perché mi sia messa a parlare con voi due, era chiaro che venivate per me e non per quella birra orribile che vi servivo, ma non riuscivo ad evitarvi. Ero una ragazzina felice a quel tempo, che sudava sugli ordini quando qualche produttore sconosciuto le chiedeva un caffè, poi siete arrivati voi due, con i vostri sorrisi belli e puri, lontani dalla marmaglia di intellettuali che si aggiravano da quelle parti. Mi dispiace che tu sia diventato uno di loro, quello più disilluso forse, ma capisco».

Il passato che ti segna è la bestia peggiore. Puoi evitarlo, dimenticarlo, buttarlo via ma non puoi mai superarlo, come una donna che non riesce a lasciare l’uomo che la rende brutta e sofferente. La sindrome di Stoccolma dell’interiorità, in cui i carcerieri sono i bambini che eravamo e non abbiamo mai voluto abbandonare. Celine si mette la mano fra i capelli, le scende una lacrima, la rassicuro dicendole che non me la sono presa, che so di essere quello che sono, di essere diventato schiavo di un sistema che mi inaridisce ogni giorno di più. Cerco soltanto di sopravvivere secondo le sue regole ma, questo, lo dico più per convincere me che lei. Nasciamo tutti viaggiatori, è crescere che ci rende sedentari e vittime delle nostre paure, così tanto che rimaniamo sempre fermi nello stesso punto, tradendo noi stessi e quello che eravamo. Se c’è un peccato originale che si sviluppa dalla nascita è questo, essere destinati alla soppressione dei nostri desideri. Mi stringo nella giacca, c’è un caldo asfissiante nel locale, ma il freddo che mi sto portando dentro è la tempesta della peggior Siberia. Non posso restare un minuto di più, la mia vita è davanti ai miei occhi, in quello che sono stato, in ciò che sono ora. Devo andarmene ma non posso lasciare tutto così. La redenzione è una cosa stupida, tutti si redimono per cercare pace, quello che sto facendo ora, lasciando il mio indirizzo a Celine, è, invece, condannarmi al più doloroso dei giudizi, quello dello specchio. Lo specchio è un’arma efficace, a differenza degli altri, nel riflesso solo tu puoi vedere quello che c’è davvero dentro. Do un bacio a Celine, pregandola di chiamarmi, forse sono troppo sbronzo per capire che è una follia, che farei meglio ad evitare, ma non posso esimermi. La bacio sulle labbra, come facevamo tempo fa, forse perché quel tempo non è mai passato, lei chiude gli occhi con me. La vorrei, ma non potrei sopportare di svegliarmi al suo fianco, un boia che non va mai in ferie e dorme con te ogni notte è già abbastanza, non potrei sopportarne un altro. Chiamo un taxi che mi riaccompagni a casa, ci sarà freddo tra quelle mura anonime, ma non come il vento che mi sta ghiacciando il cuore.

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