Secondo capitolo della serie Star Wars Anthology (collezione di spin-off sulle più grandi icone di Guerre Stellari) è Solo – A Star Wars Story: film dedicato interamente ad Han Solo e la sua rocambolesca giovinezza. Presentato in anteprima al Festival di Cannes, l’attesissima origin-story sul ”più grande pilota della galassia” conferma quella che potremmo definire “fase manierista” di una saga che da oltre quarant’anni mantiene intatta la sua aura.
Se alla fine degli anni ’70 l’universo creato da George Lucas era uno spettacolo d’invenzioni mai viste, spade laser, salti nell’iperspazio, intrepidi ribelli, cavalieri Jedi e guardie imperiali, negli anni ’90 lo stesso Lucas fatica a rifondare il mito e infondere nuova linfa alle sue creature. Sembrava tutto perfetto: nuove tecnologie digitali, pronte a portare gli effetti speciali oltre ogni limite conosciuto, e una storia che riparte dall’inizio, quando tutto è cominciato. Ma il contatto con la modernità non giova affatto alla cosiddetta Trilogia-prequel, che perde mordente e mistero, per sembrare sempre più una pallida replica di sé stessa. Deluso dallo scarso successo di Episodio I – La minaccia fantasma (1999), Episodio II – L’attacco dei cloni (2002), Episodio III – La vendetta del Sith (2005), il regista cede la Lucas Film a Walt Disney Pictures, che inaugura una nuova era per l’Impero Galattico.
Si moltiplicano i percorsi narrativi: se Star Wars – Il risveglio della forza (2015), diretto da J.J. Abrahms, riprende il filo della saga e inizia 30 anni dopo la battaglia di Endor e la distruzione della Morte Nera (culmine de Il ritorno dello Jedi ,1983), Disney rilancia la posta e raddoppia con Star Wars Anthology. Ma basterà abbandonare il sentiero conosciuto e ambientare nuovi spin-off fuori dalla naturale progressione della storia? Rogue One (2016) di Gareth Edwards è una sonora delusione per i fan di Star Wars. Per quanto raccontare la genesi della Morte Nera fosse una premessa decisamente interessante, il film si presenta come una favoletta di buoni sentimenti, tutta superficie e zero forti emozioni.
Va molto meglio questa volta con Solo : A Star Wars Story, al cinema dal prossimo 23 Maggio. Dopo varie vicissitudini produttive, la regia passa infatti a un titano dell’intrattenimento puro: Ron Howard, quel Richie Cunningham di Happy Days che oggi è il regista premio Oscar di A beautiful mind (2002) e una lunga serie di blockbuster, Cuori ribelli (1992), Apollo 13 (1995), Il codice da Vinci (2006) e Frost/Nixon (2008). Il film racconta il più “umano” tra i grandi protagonisti di Star Wars. Nella storia di Han Solo, infatti, non c’è traccia di quell’energia mistica detta Forza, meno che mai del suo Lato Oscuro. Senza Sith né Jedi, lo scenario è quello di una strana giungla, dove convivono umani, alieni e androidi, tutti impegnati nella quotidiana lotta per la sopravvivenza. Han è cresciuto a Cornellia, un contesto a dir poco rapace, letteralmente Solo e senza famiglia: addestrato al furto e l’inganno, sogna di diventare pilota per affermare la sua libertà.
Scopriremo così che Han Solo (interpretato da Alden Ehrenreich), prima della Principessa Leia ha amato follemente una donna di nome Qi’ra (Emilia Clarke), e che il primo impatto con l’inseparabile amico Chewbecca non è stato esattamente dei migliori. Nella lunga strada verso la libertà, Han unisce il suo destino a quello della banda capitana da Tobias Beckett (Woody Harrelson) e Val (Tandie Newton), al soldo della potente organizzazione criminale di Dryden Voss (Paul Bettany), nota come Alleanza Cremisi. Insieme, organizzeranno un furto tanto epico quanto rischioso. Il film racconta anche l’inizio della rivalità di Han con l’eterno amico/nemico: Lando Carlissian (Donald Glover) e un altro incontro fatale: quello con l’astronave dei suoi sogni, il Millennium Falcon.
Ma passiamo alle dolenti note. Il più grande limite di Solo : A Star Wars Story è proprio il protagonista Alden Ehrenreich, lontanissimo dal fascino beffardo che ha reso immortale il personaggio di Harrison Ford. Sarà forse la scarsa esperienza, ma non dimentichiamo che nel 1977 neanche Ford, Luke Hamill (Luke Skywalker) e Carrie Fisher (indimenticabile Principessa Leila) erano certo attori consumati. Anche Emilia Clarke, che pure riesce a farci dimenticare l’immagine di Daenerys Targaryen de Il trono di spade (missione di per sé ai limiti dell’impossibile), questa volta non brilla per espressività né inventiva. È probabile che i giovani di Solo risentono del confronto con interpreti di ben altro calibro: Tandie Newton (splendida Maeve della serie Westworld – dove tutto è concesso), Paul Bettany (un altro androide: Vision della saga Avengers) e soprattutto Woody Harrelson (protagonista di Natural Born Killers, che dopo il successo di True Detective e Tre manifesti a Ebbing, Missouri sembra davvero inarrestabile).
In generale, l’impressione è che tutto il cast (e Ron Howard con loro) risenta di una sceneggiatura decisamente standard. Jon e Lawrence Kasdan – scelto da George Lucas a partire da L’impero colpisce ancora (1980), richiamato da J.J. Abrams per la nuova era Disney – stavolta hanno scelto di non rischiare: dialoghi semplici, linee narrative regolari, poche grandi svolte e personaggi bidimensionali. Insomma: un terreno familiare, dove il buono è buono, e il buono che diventa cattivo risulta oltremodo prevedibile.
Abbiamo parlato di “fase manierista”: in questo senso, aveva scarso margine d’azione anche Ron Howard, chiamato in extremis a sostituire Phil Lord e Christopher Miller (autori della serie The Last Man on Earth e del blockbuster The Lego Movie). Nel tracciato di una sceneggiatura che non cerca l’innovazione, ma rinuncia alle sfumature in nome dell’azione, il regista è riuscito a costruire un’opera visivamente superba, che torna alle radici profonde della saga: un mix irripetibile di space-opera, fantasy, elementi del western e dell’epica samurai.
Per questo, gli innamorati di Star Wars troveranno in Solo una buona dose di piacere e divertimento, per un film tradizionale ma comunque avvincente. Garanzia del brivido di sempre, la colonna sonora firmata da John Powell. E se il nostro Alden Ehrenreich non è esattamente irresistibile, compensa Danny Glover nella parte di Lando Carlissian: così ammiccante che è già confermato come protagonista assoluto del prossimo spin-off Star Wars Anthology.