La fotografia, prima di ogni cosa, dovrebbe essere intesa e accettata come linguaggio. Scegliere di escludere un soggetto e di includerne un altro vuol dire comunicare qualcosa di particolare, anche a livello subconscio sia da parte del fotografo che da parte del pubblico.
Spesso le fotografie rispecchiano dei monologhi interiori del fotografo, in questo caso seguendo il paradigma che sto delineando si potrebbe paragonare la fotografia ad una commedia, una tragedia o meglio ancora ad un flusso di coscienza. Quando è evidente che il fotografo cerca di parlare attraverso le sue foto, raccontando una storia ben precisa potrebbe trattarsi di prosa.
C’è poi un’altra dimensione, non molto esplorata, che è quella della poesia. Un esempio perfetto di questa dimensione fotografica, sicuramente difficile da creare e da maneggiare è il fantastico progetto di Alex e Rebecca Norris Webb. Slant Rhymes è definita come una poetica conversazione in rime fotografiche tra i due amanti fotografi.
Proprio come due giovani innamorati, Alex propone una fotografia alla quale Rebecca risponde con una fotografia che abbia in comune con quella una geometria, dei colori, delle ombre, dei soggetti o anche solo un piccolo elemento. Quando questo è difficile o impossibile la risposta è sotto forma di testo, escamotage transmediale che fonde due linguaggi che sono come l’olio e l’acqua. Ovviamente riuscendoci in maniera leggera, delicata e molto interessante.
L’editing è tra le parti più importanti ed interessanti di un progetto fotografico. Attraverso l’editing si crea un filo logico, si da un senso alla storia che si vuole raccontare scegliendo con precisione la posizione di ciascuna fotografia in relazione a quella precedente e quella seguente. Tutto ha un senso, perfino lo spazio occupato dalla fotografia all’interno della pagina.
Slant Rhymes oltre a giocare con il senso geometrico, dei colori, delle ombre, dei riflessi, della composizione della fotografia sembra rompere un ulteriore muro e trovare il suo pieno compimento proprio nell’editing. Ad una foto di Alex Webb scattata a Cuba nel 1993 in cui c’è un ragazzo piegato che disegna con la sua schiena una curva e in cui i colori sono tutti tendenti all’ocra/azzurro risponde nella pagina di fianco Rebecca con una foto scattata in Sud Dakota nel 2006 in cui in primo piano c’è lo stelo curvo di un girasole che rima, insieme alle dominanti ocra/azzurro, perfettamente con la foto del suo compagno.
Quando due fotografi riescono a dare vita ad una dimensione così estrema della fotografia c’è qualcosa di magico che avviene. Progetti del genere ci insegnano ad osare, a pensare oltre ad allenare il pensiero laterale e ad essere creativi senza limiti, mantenendo però ben salda la nostra più intima visione sul mondo.
Avrei voluto spiegare meglio Slant Rhymes, più a fondo e con più precisione ma ritengo che questo sia un progetto da scoprire da soli, uno di quelli di cui un amico ti parla appena e tu incuriosita poi vai a scoprire e te ne innamori. D’altronde è proprio l’editing in fotografia che c’insegna quanto sia intimo e personale il racconto che ognuno di noi legge in quello che ci offre il fotografo con un suo libro senza parole che sia una storia, un dialogo o delle bellissime rime poetiche.
Puoi guardare il libro mentre viene sfogliato qui
Trovi un articolo in cui Alex e Rebecca parlano di Slant Rhymes qui
Trovi il profilo personale di Alex Webb qui