La Sirena torna a cantare a Vasto | Siren Festival conquista ancora

a cura di Alessandra Clemente

La Sirena è tornata a cantare a Vasto. Per quest’edizione 2018 il SIREN FESTIVAL ha sfoggiato una line-up di ampio respiro che ha spaziato tra nomi internazionali e di consolidata fama e nuove realtà italiane sempre più affermate. Sei i palchi, quattro i giorni: oltre trenta live, dj set e talk hanno animato piazze, cortili e giardini della cittadina abruzzese dal tramonto all’alba. Abbiamo assistito alle performance di maggiore richiamo, condensate nelle giornate del 27 e del 28 luglio. Per voi, un assaggio della nostra esperienza.

27 Luglio

Anticipati dall’esibizione acustica di Neil Halstead, gli Slowdive hanno calcato il palco principale in Piazza del Popolo, immerso nell’atmosfera rossastra creata dall’eclisse. Gli anni sembrano essere passati per Neil, Rachel Goswell e compagni, ma non appena imbracciano gli strumenti veniamo condotti in un viaggio sognante attraverso diverse dimensioni temporali e torniamo indietro fino al loro esordio nel 1990, in piena era shoegaze. Il suono arriva più pulito e i riverberi sono diminuiti di intensità, ma la resa di brani quali When the Sun Hits e Alison è ancora profondamente eterea e onirica. Non da meno l’esecuzione delle più recenti Star Roving e Sugar for the Pill. Si chiude con la splendida Golden Hair, cover di Syd Barrett: un flusso di coscienza musicale tra riverberi, delay, distorsioni e un muro sonoro incredibile rendono impossibile non emozionarsi.


Ci spostiamo nel Cortile d’Avalos per assistere al set dei Lali Puna. L’atmosfera resta rarefatta come se non ci fosse soluzione di continuità, nonostante la formazione tedesca presenti un sofisticato mix di elettronica e indie, molto apprezzato da cineasti come Paolo Sorrentino e musicisti come Jonny Greenwood. Esemplare la celeberrima Scary World Theory, accompagnata da curatissimi visuals proiettati sullo sfondo del Palazzo quattrocentesco.

Di nuovo in Piazza, questa volta per Cosmo. Il producer d’Ivrea schiaccia il piede sull’acceleratore e propone un live potente che rende difficile non ondeggiare al ritmo di una dance cantautorale astuta e coinvolgente, che mostra grande attenzione per i testi. Già con i Drink To Me, Marco Jacopo Bianchi raccoglie frammenti della sua vita senza filtri patinati, unificandoli in una scrittura diretta e immediata (Bentornato, Le Voci, Quando Ho Incontrato Te) scandita su basi sincopate e campionamenti mai banali. Il beat si fa sempre più incalzante con Turbo, fino a sfociare ne L’Ultima Festa: davvero ci sembra di essere a un “festino” con tanto di coriandoli, luci strobo e invitati entusiasti.

Il tiro si alza con i Mouse On Mars: il duo tedesco sgancia un bombardamento sonoro che fa oscillare le mura del Cortile e spiazza i presenti. Il pubblico leggermente straniato confluisce nella Piazza per la chiusura della giornata, affidata all’esperte mani dei 2manydjs che mixano disco anni ’70, house, Stone Roses e Tame Impala.
Alle 3 del mattino decidiamo di conservare le energie per il giorno successivo.

28 LUGLIO:

Il Festival riprende un po’ in sordina: posticipato il set unplugged di Rodrigo Amarante, ci rechiamo in Piazza per Colapesce. Il cantautore siciliano suona al tramonto vestito da prete e all’inizio della performance indossa una maschera di cartapesta da pescespada che fa riferimento alla leggenda da cui ha tratto il nome d’arte, come a voler celebrare un rito metà sacro metà pagano. Scenografia “lunare” e band di supporto coesa e compatta fanno il resto: intensi l’assolo del sax di Gaetano Santoro su Pantalica e Maometto a Milano, e il binomio chitarra/seconda voce offerto da Adele Nigro (del progetto Any Other).

Rodrigo Amarante, polistrumentista brasiliano di stanza a Los Angeles, amico e collaboratore di Devendra Banhart (tra gli altri) è una parentesi di quiete prima della tempesta. Si esibisce nella location intimista dei Giardini d’Avalos e la sua MPB (música popular brasileira) merita il silenzio e l’attenzione dei presenti, incuriositi anche dalla sua recente partecipazione alla soundtrack della serie Narcos (il tema Tuyo).

dEUS

A scuoterci provvedono finalmente i dEUS, che si rivelano il miglior act dell’intero Siren. Guidati dal carismatico Tom Barman, regalano al pubblico un’ora di esibizione eccezionale, piena di energia e al contempo estro e classe, interagendo calorosamente con gli spettatori visibilmente coinvolti e divertiti. Il repertorio proposto va da canzoni relativamente più recenti (The Architect, Quatre Mains) alle incursioni nel passato del collettivo di Anversa risalenti agli anni ’90. Parliamo di Instant Street (da brividi), Suds & Soda e For the Roses (che chiudono la scaletta): ottimi esempi del funambolismo creativo di Barman e soci, sempre in perfetto equilibrio tra rock melodico, punk, funk e persino atmosfere jazzy.

Conquistiamo la prima fila, perché tocca ai Public Image Ltd. Guardandoci attorno, abbiamo la sensazione di trovarci tra un pubblico multi-generazionale: in fondo, the king is gone but he’s not forgotten / this is the story of a Johnny Rotten. John Lydon è effettivamente la Storia e anche se appesantito e con una voce irrobustita dall’età e dall’alcol, non si risparmia nelle danze scomposte e nelle battute sferzanti. La performance è teatrale, Lydon stesso sembra il direttore di una folle orchestra post-punk, che, nonostante alcuni inciampi tecnici, fila dritta come un treno della metropolitana che percorre a ritroso il percorso della band, arrivando ad un entusiasmante conclusione (Flowers of Romance, This is Not a Love Song, Rise e la canzone manifesto Public Image). La rabbia è un’energia, anche se sono trascorsi 40 anni dal folgorante debutto, e i Pil sono in vena di celebrazioni.

La chiusura del nostro Festival è consegnata ai maestri di cerimonia del collettivo Ivreatronic in cui milita lo stesso Cosmo, evoluzione in chiave ancora più clubbing della sua musica.

Siamo estenuati ma soddisfatti: la formula del SIREN FESTIVAL 2018 funziona perfettamente. Con le sue proposte eclettiche ma coerenti, non ha stravolto l’atmosfera di una tranquilla cittadina adriatica trasformata per l’occasione in palco a cielo aperto, anzi le ha attribuito enorme valore aggiunto, complice anche l’organizzazione eccellente. La Sirena è tornata a cantare e incantare a Vasto.

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